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Il potere dei fan: le serie tv salvate dalla cancellazione

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È successo a tutti almeno una volta: si comincia una serie tv, la trama e i suoi personaggi iniziano a coinvolgerci e poi, inspiegabilmente, lo show che tanto ci appassiona viene cancellato. Le ragioni per cui i network televisivi decidono di non rinnovare i loro programmi sono diverse, e vanno dagli indici di ascolto troppo bassi ai costi di produzione insostenibili, fino alla scelta di rinfrescare la programmazione con nuovi progetti.
Tra lo scorso aprile e maggio ben 67 show, alcuni anche molto seguiti, non sono stati rinnovati e la notizia ha scatenato il pubblico riversatosi sui social per esprimere il proprio disappunto a suon di hashtag richiedenti la salvezza del programma in questione.
Un tentativo tanto disperato quanto inutile? Forse no. La storia infatti insegna che dagli anni sessanta ad oggi in diverse circostanze le proteste non sono rimaste inascoltate e hanno risparmiato più di una serie tv dalla cancellazione.
Abbiamo raccolto per voi i casi più eclatanti di serie tv salvate grazie al potere dei fan!

Star Trek
potere dei fanIl primo programma televisivo ad essere salvato è stato Star Trek. La NBC aveva deciso di cancellare la serie di fantascienza dopo la seconda stagione, ignara delle reazioni che questa scelta avrebbe comportato. Quella di Star Trek è ancora oggi una delle comunità di fan più leali (chiamati trekkies) e nel 1968, capitanata dai coniugi Bjo e John Trimble, unì le proprie forze e fece recapitare al network statunitense migliaia di lettere che chiedevano di rinnovare la serie, diventata nel frattempo un vero e proprio cult. La NBC concesse una sola ulteriore stagione ma la dedizione dei fan diede vita ad un vero e proprio universo dedicato a Star Trek composto da spin-off televisivi e da una saga cinematografica, e risultò essere una fonte di inspirazione per le iniziative simili che si svilupparono negli anni successivi.

Roswell
Sin dalla prima messa in onda su The WB nel 1999, le avventure dei tre alieni adolescenti di Roswell non avevano attirato il numero di spettatori desiderato, ma la produzione della seconda stagione è stata concessa grazie all’inventiva e alla perseveranza dei fan. Quando iniziò a spargersi la voce di una possibile cancellazione infatti, i fan inviarono più di tremila bottigliette di tabasco (il condimento preferito dei protagonisti dello show) con lo slogan Roswell is hot! agli studios della Warner Bros, e i produttori rimasero talmente colpiti dall’iniziativa che decisero di proseguire con dei nuovi episodi. Tuttavia, la serie venne cancellata definitivamente nel 2002 dopo tre stagioni.

Veronica Mars
Un altro caso esemplare è quello della serie tv Veronica Mars: andata in onda dal 2004 al 2007, dopo 64 episodi la serie venne cancellata nonostante la terza stagione presentasse un finale aperto che faceva presagire una continuazione. I fan, sull’esempio del fandom di Roswell, inviarono alla rete televisiva The CW circa diecimila barrette di cioccolato Mars, senza però ottenere risultati. Nell’aprile del 2013 la protagonista dello show Kristen Bell e il produttore Rob Thomas lanciarono sul sito di crowdfunding Kickstarter una campagna di raccolta fondi che permise di raccogliere ben 5.7 milioni di dollari, impiegati per la produzione di un film conclusivo e di una web series spin-off concentrata su uno dei protagonisti. Anche questa volta il potere dei fan è riuscito nel suo intento!

I Griffin
Sembra impossibile, ma anche la serie tv animata tra le più amate di sempre ha avuto un inizio difficile. Le prime tre stagioni nonostante presentassero già il tocco creativo del creatore Seth MacFarlane, non avevano convinto l’emittente Fox che decise senza alcun preavviso di annullare la serie. A nulla servirono le proteste dei fan, che minacciarono anche di boicottare tutti i programmi della rete televisiva. La Fox allora concesse la realizzazione dei DVD contenenti i primi 28 episodi e contro ogni aspettativa in poco tempo vennero acquistate più di due milioni di copie. Il network non poteva rimanere indifferente a tanto successo e avviò così la produzione di nuovi episodi dello show, che oggi conta ben 16 stagioni.

Chuck

potere dei fanNiente lettere, e-mail o oggetti vari inviati ai network, nel caso di Chuck i fan hanno messo mano direttamente al proprio portafogli! Il rischio di vedere cancellata la loro serie preferita ha spinto tantissimi sostenitori a comprare panini presso la catena Subway (uno degli sponsor degli show) e con la campagna Have a heart, renew Chuck sono stati raccolti circa 17 mila dollari, devoluti poi all’Americ Heart Association. Le iniziative sostenute anche dal protagonista Zachary Levi hanno convinto la rete NBC a rinnovare la serie, che è continuata per cinque stagioni.

Sense8 e Lucifer
Le due serie televisive sono alcuni dei superstiti – se così si può dire – della strage di cancellazioni dell’ultimo anno e la notizia della loro conclusione ha colpito come un fulmine a ciel sereno il pubblico che ha fatto sentire la sua voce sui social. Ancora una volta il potere dei fan ha avuto successo: per Sense8 infatti, Netflix ha deciso di procedere con la produzione di un capitolo finale di due ore che potesse dare allo show delle sorelle Wachowski un degno finale, mentre nel caso di Lucifer la Fox ha mandato in onda due episodi speciali (che dovevano essere i primi due della nuova stagione) con l’obiettivo di concludere almeno parzialmente le dinamiche dello show basate sui fumetti della DC Comics.

di Marta Nozza Bielli per DailyMood.it

 

di Marta Nozza Bielli per DailyMood.it

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“La Storia” di Francesca Archibugi In anteprima alla Festa del Cinema di Roma la serie tratta dal capolavoro di Elsa Morante

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Roma, quartiere San Lorenzo. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, Ida Ramundo, maestra elementare rimasta vedova con un figlio adolescente di nome Nino, decide di tenere nascoste le proprie origini ebraiche per paura della deportazione. Dopo l’ingresso dell’Italia in guerra, un  giorno, rientrando a casa, viene violentata da un soldato dell’esercito tedesco, un ragazzino ubriaco. Si apre così “La Storia”, la serie tv firmata da Francesca Archibugi e tratta dall’omonimo romanzo di Elsa Morante, edito da Giulio Einaudi Editore, di cui sono ora disponibili le prime immagini. I primi due episodi della serie, interpretata da Jasmine Trinca, Elio Germano, Asia Argento, Lorenzo Zurzolo, Francesco Zenga e con Valerio Mastandrea, saranno presentati in anteprima mondiale venerdì 20 ottobre alla Festa del Cinema di Roma. “La Storia” – alla cui sceneggiatura hanno lavorato Giulia Calenda, Ilaria Macchia, Francesco Piccolo e Francesca Archibugi – è una coproduzione tra Picomedia e la società francese Thalie Images in collaborazione con Rai Fiction.
Dopo lo sgomento, l’angoscia e la vergogna, Ida scopre di essere incinta. Mentre Nino trascorre l’estate al campeggio degli Avanguardisti, Ida partorisce in segreto un bambino prematuro, piccolo e quieto, con gli stessi occhioni azzurri del padre, quel soldato ragazzino tedesco già morto in Africa. Quando Nino torna a casa e scopre il fratellino, lo accetta di slancio e se ne innamora. Lo soprannominerà Useppe. La piccola famiglia viene stravolta dagli eventi della guerra: prima Nino, fascista convinto, decide di partire per il fronte contro il parere di Ida, lasciandola sola con Useppe; poi, nel bombardamento di San Lorenzo del luglio 1943, la loro casa viene distrutta, Ida perde tutto ed è costretta a sfollare a Pietralata. Da quel momento, ogni giorno diventerà una lotta per la propria sopravvivenza e per quella del suo bambino. Intanto, Useppe cresce aspettando il ritorno di suo fratello, al quale è legato da un amore inossidabile, mentre una vitalità a tratti disperata spinge Nino verso la lotta armata nella Resistenza, verso l’amore, verso i compagni. Nino è  pieno di desideri:vuole più soldi, più affari, più avventura. Dopo la guerra si darà al contrabbando, prima di sigarette e poi in quello delle armi. Vuole una vita migliore per sé, per Ida e per Useppe.

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Everybody Loves Diamonds: Kim Rossi Stuart in una serie… brillante!

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Diamonds Are a Girl’s Best Friend, cantava Marilyn Monroe ne Gli uomini preferiscono le bionde. I diamanti sono i migliori amici di tutti, anche degli uomini, evidentemente. Chiedetelo a Leonardo Notarbartolo, il protagonista della storia (vera) che ha ispirato Everybody Loves Diamonds, la nuova serie original Prime Video con Kim Rossi Stuart, disponibile in streaming dal 13 ottobre con tutti gli episodi. Sì, Leonardo è un uomo, e ama i diamanti perché sono un’aspirazione: alla ricchezza, al riscatto, a una vita migliore. È da questi sentimenti che nasce quello che si può definire il colpo del secolo, avvenuto ad Anversa nel 2003. Ed è questo lo spunto per una serie tv davvero brillante. Non a caso, parliamo di diamanti…

Siamo ad Anversa, nella notte di San Valentino, il 14 febbraio. È la festa degli innamorati. Ma stavolta è davvero una festa per Leonardo (Kim Rossi Stuart) e la sua banda: Ghigo (Gianmarco Tognazzi), l’allarmista, Sandra (Carlotta Antonelli), la scassinatrice, e Alberto (Leonardo Lidi), l’hacker. Quest’ultimo esce da un tombino e dice: “È il più bel San Valentino della mia vita!”. I quattro hanno appena svaligiato il World Diamond Center, il caveau dove sono concentrati gran parte dei diamanti del mondo. Sembra il colpo perfetto, ma…

È una serie molto particolare, Everybody Loves Diamonds, diretta da Gianluca Maria Tavarelli. Lo si capisce da subito: prende la Commedia all’Italiana, quelle dei tempi d’oro, e la mescola con elementi più spettacolari che vengono dall’heist movie americano, e anche da quello spagnolo (il confronto con La casa di carta è inevitabile), ma cercando di italianizzarli. Sì, perché i protagonisti sono tipici della Commedia all’Italiana: individui piccoli che si mettono sulle spalle qualcosa di più grande di loro. È una storia di sentimenti, sogni, riscatto, ma spruzzati di heist movie internazionale. A proposito di Commedia all’Italiana, la presenza di Gianmarco Tognazzi, figlio di uno dei più grandi esponenti del genere, è una garanzia.

Che Everybody Loves Diamonds sia qualcosa di particolare lo capiamo dai primissimi minuti. Da quanto il Leonardo Notarbartolo di Kim Rossi Stuart sfonda la “quarta parete” e si rivolge direttamente al pubblico, a noi che guardiamo, come faceva Kevin Spacey in House Of Cards. È un espediente, a dire il vero oggi molto usato, che rompe gli indugi e crea immediatamente complicità tra il protagonista e il pubblico: lui ci confida delle cose, ci svela i retroscena, e in questo modo è come se ammettesse di fidarsi di noi. Noi gli siamo grati, e stiamo dalla sua parte.

Si starebbe comunque dalla parte di Leonardo Notarbartolo, che Kim Rossi Stuart interpreta in modo divertito e divertente. È sopra le righe, ma appena appena, quanto basta per rendere personaggio e storia brillanti, accattivanti, per dare quel tocco di surreale a un’impresa improbabile, ma allo stesso tempo rendendo il personaggio credibile. Kim Rossi Stuart dà al suo Leonardo una parlata piemontese, che rende il suo personaggio terreno e comune, umano. È in scena con gli occhi spesso sgranati e una barba di qualche giorno. Francesco Bruni, che lo aveva diretto nel bellissimo film Cosa sarà, ci aveva detto che il lavoro di Kim Rossi Stuart in quel film partiva dai capelli, scomposti e arruffati. Inizia dai capelli anche qui. Liberi e con il ciuffo che ricade sulla fronte quando Leonardo è se stesso, pettinati di lato, lisci con la riga, quando entra nel personaggio del gioielliere, creato ad arte per entrare ne giro e avere il suo ufficio al World Diamond Center.

In fondo il suo Leonardo, e tutti gli altri della sua banda, sono degli attori. Una volta in scena, interpretano una parte, fingono di essere chi non sono, per portare a termine il loro colpo. Per questo, il lavoro di Kim Rossi Stuart e degli altri del cast è doppio: recitare un personaggio che a sua volta recita una parte. Tutti sono sopra le righe quel poco che basta, e tutti sono sintonizzati sulla stessa tonalità, come una band che deve suonare lo stesso spartito nello stesso tono.

Il tono della serie, insomma, è deciso, ed è un insieme di toni: mescola, come detto, Commedia all’Italiana, heist movie, commedia rosa, commedia brillante. Si ispira a quella gloriosa Commedia all’Italiana di un tempo, quella de I soliti ignoti, ma anche a brillanti giallo-rosa degli anni Sessanta, cose come Caccia al ladro e Sciarada. Ma non cade mai nella tentazione di imitarli né ricalcarli. Non vuole fare cinema, ma la serialità contemporanea internazionale di oggi. Così c’è un ritmo concitato, velocissimo, ci sono le scritte in sovraimpressione, i flashback e un montaggio che ci porta avanti e indietro nel tempo. Tutto lavora nella direzione di dare movimento a una storia che di movimento ne ha già molto. Il resto lo fa Anversa, in Belgio. Una località poco battuta dal cinema italiano, e da cinema e serialità in genere, e che assicura alla serie un carattere particolare. È fredda, elegante, riservata, esclusiva. Tutto il contrario dei nostri improbabili protagonisti. E tutto questo ci fa ridere ancora di più.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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Sex Education 4: il romanzo di formazione di Otis e i suoi amici arriva alla fine. Su Netflix

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Incipit vita nova. Inizia una vita nuova per i protagonisti di Sex Education, l’originale serie Netflix che ha lasciato il segno e che ora è arrivata alla quarta e ultima stagione, disponibile in streaming dal 21 settembre. E allora è la fine, ma anche un inizio. C’è una nuova scuola e una nuova vita per i nostri “eroi”, che hanno lasciato il liceo Moordale per andare in un altro istituto. Stanno crescendo, ma dentro portano tutte le loro insicurezze e le loro imperfezioni. E sono proprio queste che ce li fanno amare, che li rendono vicini a noi, a come eravamo da ragazzi. È proprio per questo che ci è piaciuto, fin qui, Sex Education.

Dopo la chiusura del liceo di Moordale, Otis e Eric devono affrontare un nuovo inizio al Cavendish Sixth Form College. Otis ha in mente di creare una nuova clinica per consulenze sessuali, Eric spera che non saranno di nuovo degli “sfigati”. Ma la Cavendish finisce per essere uno shock per tutti gli studenti di Moordale. La scuola è molto diversa: si fa yoga nel giardino comune, si vive all’insegna della sostenibilità. E il gruppo di ragazzi popolari lo è per la gentilezza, e per il loro essere così diversi e singolari. Viv è totalmente sconvolta dall’atteggiamento non competitivo degli studenti, mentre Jackson sta ancora cercando di superare la sua storia con Cal. Aimee decide di fare qualcosa di nuovo frequentando lezioni d’arte e Adam prova a capire se un’istruzione di tipo tradizionale sia adatta a lui. Tutto questo mentre Maeve è negli Stati Uniti, alla Wallace University, dove studia scrittura creativa con segue l’autore di culto Thomas Molloy. La scuola è molto moderna, molto tecnologica, molto queer. I bagni sono di genere neutro, in modo che ognuno possa sentirsi se stesso. Lo speaker’s corner è a disposizione di chi si vuole esprimere liberamente.

Gli sceneggiatori di Sex Education 4 hanno avuto una buona idea. Quella di spiazzare. Lo fanno con i protagonisti della storia. E, di conseguenza, lo fanno anche con il pubblico. Così fanno uscire i personaggi dalla loro comfort zone, e lo fanno mettendoli in una situazione che ribalta tutte le loro abitudini o convenzioni. La nuova scuola è agli antipodi della retrograda e bacchettona Moordale, dove i nostri ragazzi spiccavano per anticonformismo e bisogno di esprimersi. È avanti, molto più avanti di Otis e di Eric. Otis vuole riproporre anche qui la sua clinica di educazione sessuale. Ma serve qui, in un posto dove tuti sono così emancipati? E, soprattutto, serve se tra gli studenti c’è già un’altra terapista? Come si dice, i nostri protagonisti così sono “superati a sinistra” dagli altri studenti.

E poi c’è un’altra storia, quella personale di Otis. Che, capiti i sentimenti per Maeve, capito che sono ricambiati, si trova in una situazione nuova. Per la prima volta il nostro eroe si trova ad esplorare una relazione a distanza. A poter chiamare la propria amata solo a certe ore. A dover fare sesso, senza averlo mai fatto ancora davvero, a distanza, al telefono. La sequenza in cui i due innamorati lo fanno è sensuale e commovente, anche un po’ dolorosa. È uno dei punti più alti di quattro stagioni di Sex Education.

E così viviamo i dolori del giovane Otis dal suo punto di vista, pensando a quando anche noi eravamo come lui. Otis è il simbolo della serie. Come la madre, Jean, è bravissimo ad aiutare gli altri, ad ascoltarli e consigliari su sesso e sentimenti, mentre la loro vita sessuale e sentimentale è un disastro. Aver scritto personaggi così vulnerabili, così imperfetti, da film drammatico, in un contesto che è tutt’altro, grottesco e frizzante, è uno dei punti di forza della serie.

Ma la forza di questi personaggi è tutta negli attori. Sono tutti belli, a loro modo attraenti, ma allo stesso tempo buffi, impacciati, ridicoli. L’Otis di Asa Butterfield ne è l’esempio: quel bellissimo bambino che era il protagonista di Hugo Cabret di Scorsese è diventato un ragazzo carino, ma non bellissimo. E ha in sé tutta l’insicurezza, l’impaccio e la goffaggine di chi deve ancora sbocciare e trovare la sua strada. L’espressione con cui attraversa la storia, tra l’attonito e il dolente, è impareggiabile. Ma pensiamo anche alla dolcissima Aimee Lou Wood, nei panni di Aimee, corpo da pin up e volto da adorabile coniglietto. E poi ci sono la grinta e il dolore di Emma Mackey, ormai lanciata verso un futuro da star cinematografica (ha anche partecipato al blockbuster Barbie). Tutti sono irresistibilmente inadatti.

Come un personaggio dei fumetti, Otis è vestito sempre allo stesso modo, t-shirt a righe strette di mille colori e giaccone a righe larghe di altri colori. Il suo look è vintage, démodé, come quello di tutti i personaggi. Siamo al giorno d’oggi, ma tutto è volutamente è piacevolmente fuori dal tempo. Così come la musica, che oscilla tra gli anni Ottanta e i giorni nostri. E poi c’è il mondo intorno, che non è la solita città, ma la campagna inglese. Tutto questo è un modo per rendere la storia più universale, adatta a raggiungere tutti. Tutte le latitudini del mondo, ma anche tutte le epoche. È un modo per dire che Otis e i suoi amici potremmo essere anche noi da giovani. Un motivo in più per voler bene a questi ragazzi. Che stavolta portano a compimento il loro romanzo di formazione.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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