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Suburræterna: L’eterno romanzo criminale di Roma torna su Netflix

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“A Berlino che giorno è?”, cantava Garbo in una famosa canzone. Ed è a Berlino che inizia Suburræterna, spin-off della serie Suburra, presentato alla Festa del Cinema di Roma e disponibile in streaming dal 14 novembre su Netflix. È nella capitale tedesca che ritroviamo, 3 anni dopo la terza stagione di Suburra, Spadino. L’erede della famiglia Anacleti, che una volta dominava il crimine di Roma, ha deciso di cambiare vita. È in Germania, fa il deejay nei locali notturni, e finalmente ha un compagno, e così può esprimere la sua sessualità, coda che nella sua famiglia gli era negata. È cambiato: non ha più il taglio di capelli con la cresta e le rasature, ma dei lunghi capelli lisci pettinati da un lato. Veste di nero, con giacche e cappotti eleganti. Lo vediamo all’inizio del primo episodio, e lo rivedremo solo alla fine di questo. Un fatto accaduto a Roma lo riporterà indietro, a fare i conti con la sua vita passata. E con nuovi, e vecchi, amici e nemici.

Suburræterna infatti rimette in gioco alcune figure che avevamo conosciuto nelle tre stagioni di Suburra e li mette in relazione a nuovi protagonisti del crimine, appena arrivati e quindi più affamati di loro. Angelica (Carlotta Antonelli), l’ex moglie di Spadino (Giacomo Ferrara) è spostata con Damiano, che viene da un’altra famiglia, i Luciani. Ma i fratelli di Damiano stanno preparando una resa dei conti che coinvolgerà gli Anacleti e, allo stesso tempo, il clan di Ostia che, dopo la morte di Aureliano, è tenuto in piedi da Nadia (Federica Sabatini), rimasta così legata a lui da portare al collo lo stesso tatuaggio. La politica è rappresentata da un nuovo consigliere comunale, Ercole Bonatesta (Aliosha Massine), assetato di potere e soldi. E la Chiesa da un cardinale, Armando Tronto (Federigo Ceci), che vuole sovvertire l’ordine delle cose: un nuovo sindaco, e forse un nuovo Papa. Ma tutti dovranno fare i conti con il temibile Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro), ex politico che lavora nel mondo delle cooperative ma di fatto è il nuovo Samurai, la pietra angolare del cinema a Roma.

Suburraeterna, lo spin-off di Suburra, per riportare in scena i suoi protagonisti riparte da un archetipo delle storie crime. È quello che viene da Il padrino di Francis Ford Coppola: il figlio che vuole cambiare vita e scappare dal mondo criminale, ma che gli eventi e il ruolo designato riportano irreversibilmente verso il Male e il potere. È quello che accadeva al Michael Corleone di Al Pacino dopo la morte di Don Vito Corleone. Lo spadino di Giacomo Ferrara, cresciuto nella consapevolezza, nel look, nella personalità sarà il centro di questa storia.

I grandi reduci dalle precedenti stagioni di Gomorra sono sostanzialmente quattro. Lo Spadino di Giacomo Ferrara e l’Amedeo Cinaglia di Filppo Nigro, ex politico passato a fare altro che racconta benissimo il trasformismo di una certa politica, lo scivolare lentamente e inesorabilmente verso il Male, il restare sempre a galla. Come Spadino, anche Cinaglia è nuovo: esteticamente più anonimo, il volto più torvo, la mascella serrata di chi è determinato a prendersi tutto.

L’altra metà del cielo di Suburra è quella femminile. Le altre due “reduci” sono l’Angelica di Carlotta Antonelli e la Nadia di Federica Sabatini, due donne che erano partite da essere “la ragazza di” e pian piano erano arrivate al potere in un’alleanza femminile che era stata una delle trovate più felici della stagione 3. Era proprio la loro storia che aveva fatto parlare, già in quell’occasione, di un possibile spin-off. Anche loro sono cresciute, sono cambiate nel look e nel portamento. E anche nelle ambizioni. Nel senso che queste sono diventare più grandi. Angelica e Nadia per ora si trovano su due lati opposti della barricata. E il loro primo confronto è spigoloso. Ma probabilmente sapranno avvicinarsi.

Suburra è il terzo grande romanzo criminale seriale di questi anni, dopo Romanzo criminale e Gomorra. Come gli altri due è prodotto da Cattleya ed è tratto da un romanzo, di Giancarlo De Cataldo e Carlo Bonini. È un’opera suggestiva perché lascia nello spettatore qualcosa. È chiaramente un prodotto di finzione, ma chi guarda sa che a Roma tra Chiesa, politica e strada c’è, o c’è stata, una connessione. E tante cose, guardando la serie, che è ovviamente un crime spettacolare ed eccessivo, sembrano tornare. Ad esempio, in questa storia, al centro c’è il “Nuovo Colosseo”, quell’agognato stadio della Roma che si deve fare da anni e non si fa mai. Come le Olimpiadi, l’Expo, e così via. Quindi guardi una serie e sai che, dentro, c’è qualcosa di vero. O molto di vero.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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Nuovo Olimpo: Il passato più è lontano più sembra bello; Ferzan Ozpetek alla Festa di Roma e su Netflix

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È il 1 novembre del 1978. Una donna con un bambino viene fermata da dei malviventi, ma tira fuori una pistola e spara. Ma è solo il set di un film, Roma senza pietà. In quel film, come aiuto regista volontario, lavora Enea. E proprio quel giorno, mentre prova ad allontanare la folla, incontra lo sguardo di Pietro, un ragazzo che si trova a Roma per pochi giorni. Inizia così Nuovo Olimpo, il nuovo film di Ferzan Ozpetek, presentato alla Festa del Cinema di Roma e disponibile in streaming su Netflix proprio dal 1 novembre. Sarà una data che ritornerà, lungo gli anni, per raccontare la storia di questi due ragazzi che si perderanno di vista e si sfioreranno: 1 novembre 1990, 1 novembre 1993, 1 novembre 2015.

Nuovo Olimpo è titolo del film di Ferzan Ozpetek. Ed è il nome del cinema dove Enea (Damiano Gavino) e Pietro (Andrea Di Luigi) si incontrano poco dopo quel primo sguardo. Quei giochi di sguardi continuano e diventano qualcos’altro: un’intesa, una passione, non senza una prima ritrosia. Un incidente, durante una manifestazione, farà saltare un appuntamento, ed Enea e Pietro si perderanno di vista. Le loro vite andranno avanti, ma quel ricordo non svanirà mai del tutto. Pur condividendo la vita con altre persone, pur con una carriera avviata (regista uno, medico l’altro), arriveranno dei segnali che li riporteranno nel passato.

Con Nuovo Olimpo Ferzan Ozpetek celebra i vecchi cinema di una volta che erano non solo il luogo dove vedere film bellissimi che rimangono impressi tutta la vita. Ma anche come luogo di socializzazione, di amori clandestini e scambi fugaci. Cinema che si vivevano non solo in sala, non solo sotto lo schermo o sulle poltrone. Ma anche nei corridoi, dentro ai bagni. Erano quei cinema dove si entrava e si usciva, si andava in sala a spettacolo iniziato e si vedeva la seconda ora del film e la prima ora nello spettacolo successivo. Dove la cassiera di lasciava entrare anche senza biglietto se dovevi andare solo a vedere se c’era qualcuno.

Quello che arriva su Netflix con Nuovo Olimpo è sempre lo stesso Ferzan Ozpetek, ma è anche un Ozpetek nuovo. I toni del film sono quelli del mélo classico rivisitato con la sensibilità tutta particolare del regista, come è stato per tutta la sua carriera. I toni, intesi come colori, sono quelli caldi, pastosi, dominati dal rosso. I personaggi si muovono in una Roma, la Roma del centro, illuminata in modo che sembra davvero la città più bella del mondo, e non puoi non innamorartene, di giorno come di notte. C’è anche tutto il suo cinema basato sullo sguardo, sulle espressioni dei volti prima ancora sulle parole.

Ma l’Ozpetek che vedremo su Netflix è anche un Ozpetek nuovo. Sapere che il proprio film andrà su una piattaforma, dove non sono imposti divieti, lo rende più libero di osare. Ed è così nelle scene di sesso sfrenate e libere, nei nudi liberi e naturali, nella descrizione della passione. Se in alcuni suoi film molte di queste cose erano suggerite, qui Ozpetek prova a renderle più esplicite, tangibili. C’è un’atmosfera di sensualità, uno slancio che ci sembra superiore a quello degli altri film. E che avevamo già notato nella sua serie tv, Le fate ignoranti, non a caso un prodotto pensato proprio per una piattaforma.

La regia di Ozpetek ha dei momenti di gran classe. Come l’ellissi narrativa con cui, grazie all’apertura di un portone, ci porta dal 1978 al 1990. Come l’apparizione di Titti, la cassiera del cinema, in versione soprannaturale (una irriconoscibile e bravissima Luisa Ranieri ispirata alla Mina degli anni Settanta). O come il finale, con quella macchina da presa che rimane ferma a lungo su quell’angolo alla fine della strada E poi, facendoci attendere ancora, torna indietro e, con grande suspense, ci mostra un what if.

È un gran bel finale di un film che affascina, avvolge, appassiona. Ma che lascia anche perplessi in alcuni aspetti. È vero che Ozpetek vuole raccontarci amori che durano tutta la vita, e che questa idea è molto romantica. Ma è anche vero che alcuni snodi narrativi risultano un po’ forzati e che a volte sembra davvero poco credibile che i due ragazzi non riescano a rintracciarsi e ritrovarsi l’uno con l’altro. Così come ci sembrano acerbi due dei tre attori chiave nei ruoli maschili. Damiano Gavino è il più sicuro ed espressivo, un attore completo, mentre Andrea Di Luigi e Alvise Rigo (è Antonio, il compagno di Enea) sembrano ancora acerbi. Ma assicurano al film sensualità e freschezza. Aurora Giovinazzo è molto intensa nel ruolo di Alice, amica, e forse qualcosa di più, di Enea, e Greta Scarano è convincente nel ruolo di Giulia, che diventa la moglie di Pietro. Tutto allora è funzionale a farci arrivare il messaggio del film. Il passato più è lontano più sembra bello.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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“La Storia” di Francesca Archibugi In anteprima alla Festa del Cinema di Roma la serie tratta dal capolavoro di Elsa Morante

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Roma, quartiere San Lorenzo. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, Ida Ramundo, maestra elementare rimasta vedova con un figlio adolescente di nome Nino, decide di tenere nascoste le proprie origini ebraiche per paura della deportazione. Dopo l’ingresso dell’Italia in guerra, un  giorno, rientrando a casa, viene violentata da un soldato dell’esercito tedesco, un ragazzino ubriaco. Si apre così “La Storia”, la serie tv firmata da Francesca Archibugi e tratta dall’omonimo romanzo di Elsa Morante, edito da Giulio Einaudi Editore, di cui sono ora disponibili le prime immagini. I primi due episodi della serie, interpretata da Jasmine Trinca, Elio Germano, Asia Argento, Lorenzo Zurzolo, Francesco Zenga e con Valerio Mastandrea, saranno presentati in anteprima mondiale venerdì 20 ottobre alla Festa del Cinema di Roma. “La Storia” – alla cui sceneggiatura hanno lavorato Giulia Calenda, Ilaria Macchia, Francesco Piccolo e Francesca Archibugi – è una coproduzione tra Picomedia e la società francese Thalie Images in collaborazione con Rai Fiction.
Dopo lo sgomento, l’angoscia e la vergogna, Ida scopre di essere incinta. Mentre Nino trascorre l’estate al campeggio degli Avanguardisti, Ida partorisce in segreto un bambino prematuro, piccolo e quieto, con gli stessi occhioni azzurri del padre, quel soldato ragazzino tedesco già morto in Africa. Quando Nino torna a casa e scopre il fratellino, lo accetta di slancio e se ne innamora. Lo soprannominerà Useppe. La piccola famiglia viene stravolta dagli eventi della guerra: prima Nino, fascista convinto, decide di partire per il fronte contro il parere di Ida, lasciandola sola con Useppe; poi, nel bombardamento di San Lorenzo del luglio 1943, la loro casa viene distrutta, Ida perde tutto ed è costretta a sfollare a Pietralata. Da quel momento, ogni giorno diventerà una lotta per la propria sopravvivenza e per quella del suo bambino. Intanto, Useppe cresce aspettando il ritorno di suo fratello, al quale è legato da un amore inossidabile, mentre una vitalità a tratti disperata spinge Nino verso la lotta armata nella Resistenza, verso l’amore, verso i compagni. Nino è  pieno di desideri:vuole più soldi, più affari, più avventura. Dopo la guerra si darà al contrabbando, prima di sigarette e poi in quello delle armi. Vuole una vita migliore per sé, per Ida e per Useppe.

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Everybody Loves Diamonds: Kim Rossi Stuart in una serie… brillante!

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Diamonds Are a Girl’s Best Friend, cantava Marilyn Monroe ne Gli uomini preferiscono le bionde. I diamanti sono i migliori amici di tutti, anche degli uomini, evidentemente. Chiedetelo a Leonardo Notarbartolo, il protagonista della storia (vera) che ha ispirato Everybody Loves Diamonds, la nuova serie original Prime Video con Kim Rossi Stuart, disponibile in streaming dal 13 ottobre con tutti gli episodi. Sì, Leonardo è un uomo, e ama i diamanti perché sono un’aspirazione: alla ricchezza, al riscatto, a una vita migliore. È da questi sentimenti che nasce quello che si può definire il colpo del secolo, avvenuto ad Anversa nel 2003. Ed è questo lo spunto per una serie tv davvero brillante. Non a caso, parliamo di diamanti…

Siamo ad Anversa, nella notte di San Valentino, il 14 febbraio. È la festa degli innamorati. Ma stavolta è davvero una festa per Leonardo (Kim Rossi Stuart) e la sua banda: Ghigo (Gianmarco Tognazzi), l’allarmista, Sandra (Carlotta Antonelli), la scassinatrice, e Alberto (Leonardo Lidi), l’hacker. Quest’ultimo esce da un tombino e dice: “È il più bel San Valentino della mia vita!”. I quattro hanno appena svaligiato il World Diamond Center, il caveau dove sono concentrati gran parte dei diamanti del mondo. Sembra il colpo perfetto, ma…

È una serie molto particolare, Everybody Loves Diamonds, diretta da Gianluca Maria Tavarelli. Lo si capisce da subito: prende la Commedia all’Italiana, quelle dei tempi d’oro, e la mescola con elementi più spettacolari che vengono dall’heist movie americano, e anche da quello spagnolo (il confronto con La casa di carta è inevitabile), ma cercando di italianizzarli. Sì, perché i protagonisti sono tipici della Commedia all’Italiana: individui piccoli che si mettono sulle spalle qualcosa di più grande di loro. È una storia di sentimenti, sogni, riscatto, ma spruzzati di heist movie internazionale. A proposito di Commedia all’Italiana, la presenza di Gianmarco Tognazzi, figlio di uno dei più grandi esponenti del genere, è una garanzia.

Che Everybody Loves Diamonds sia qualcosa di particolare lo capiamo dai primissimi minuti. Da quanto il Leonardo Notarbartolo di Kim Rossi Stuart sfonda la “quarta parete” e si rivolge direttamente al pubblico, a noi che guardiamo, come faceva Kevin Spacey in House Of Cards. È un espediente, a dire il vero oggi molto usato, che rompe gli indugi e crea immediatamente complicità tra il protagonista e il pubblico: lui ci confida delle cose, ci svela i retroscena, e in questo modo è come se ammettesse di fidarsi di noi. Noi gli siamo grati, e stiamo dalla sua parte.

Si starebbe comunque dalla parte di Leonardo Notarbartolo, che Kim Rossi Stuart interpreta in modo divertito e divertente. È sopra le righe, ma appena appena, quanto basta per rendere personaggio e storia brillanti, accattivanti, per dare quel tocco di surreale a un’impresa improbabile, ma allo stesso tempo rendendo il personaggio credibile. Kim Rossi Stuart dà al suo Leonardo una parlata piemontese, che rende il suo personaggio terreno e comune, umano. È in scena con gli occhi spesso sgranati e una barba di qualche giorno. Francesco Bruni, che lo aveva diretto nel bellissimo film Cosa sarà, ci aveva detto che il lavoro di Kim Rossi Stuart in quel film partiva dai capelli, scomposti e arruffati. Inizia dai capelli anche qui. Liberi e con il ciuffo che ricade sulla fronte quando Leonardo è se stesso, pettinati di lato, lisci con la riga, quando entra nel personaggio del gioielliere, creato ad arte per entrare ne giro e avere il suo ufficio al World Diamond Center.

In fondo il suo Leonardo, e tutti gli altri della sua banda, sono degli attori. Una volta in scena, interpretano una parte, fingono di essere chi non sono, per portare a termine il loro colpo. Per questo, il lavoro di Kim Rossi Stuart e degli altri del cast è doppio: recitare un personaggio che a sua volta recita una parte. Tutti sono sopra le righe quel poco che basta, e tutti sono sintonizzati sulla stessa tonalità, come una band che deve suonare lo stesso spartito nello stesso tono.

Il tono della serie, insomma, è deciso, ed è un insieme di toni: mescola, come detto, Commedia all’Italiana, heist movie, commedia rosa, commedia brillante. Si ispira a quella gloriosa Commedia all’Italiana di un tempo, quella de I soliti ignoti, ma anche a brillanti giallo-rosa degli anni Sessanta, cose come Caccia al ladro e Sciarada. Ma non cade mai nella tentazione di imitarli né ricalcarli. Non vuole fare cinema, ma la serialità contemporanea internazionale di oggi. Così c’è un ritmo concitato, velocissimo, ci sono le scritte in sovraimpressione, i flashback e un montaggio che ci porta avanti e indietro nel tempo. Tutto lavora nella direzione di dare movimento a una storia che di movimento ne ha già molto. Il resto lo fa Anversa, in Belgio. Una località poco battuta dal cinema italiano, e da cinema e serialità in genere, e che assicura alla serie un carattere particolare. È fredda, elegante, riservata, esclusiva. Tutto il contrario dei nostri improbabili protagonisti. E tutto questo ci fa ridere ancora di più.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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