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Prada come mood dell’estetica della moda

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Sicuramente alcuni degli eventi che hanno segnato il “mood” dell’estetica sulle passerelle della Milano Fashion Week sono stati quelli di Prada.
Brand che associa alla propria presenza alla MFW anche un forte intervento sul territorio milanese, Prada è presente in due location distinte della sua prestigiosa fondazione: l’Osservatorio, presso la centralissima galleria Vittorio Emanuele II (dal quale si gode una vista mozzafiato sui tetti di Milano), e la Fondazione in Largo Isarco, che sta diventando la zona esperienziale per eccellenza di arte e di cultura a Milano. Un progetto “diffuso”, quindi, che va oltre la collezione in passerella, tra semplicità e impegno sociale su un territorio, quello milanese, dal centro alle periferie sempre più liquido e in espansione.

Con la naturalezza che contraddistingue il marchio ecco, quindi, inaugurata per prima la mostra presso l’Osservatorio, intitolata “Training Humans”, ad opera della ricercatrice Katy Crawford e dell’artista visionario Trevor Paglen; l’esposizione si pone come obiettivo quello di presentare l’intelligenza artificiale come atto di classificazione e di sorveglianza, prima con l’avvento delle scansioni della computer vision, per riconoscere i volti ed i gesti, e poi attraverso la fotografia online, diffusasi velocemente attraverso i social, che ha permesso la crescita netta ed esponenziale della portata del pensiero computazionale e delle infrastrutture che se ne occupano.

Lo stesso giorno della passerella milanese e nella stessa location, invece, è stata inaugurata la mostra del regista texano Wes Anderson e di sua moglie, l’illustratrice Juman Malouf, che sarà visibile sino al 13 gennaio. Il titolo della mostra, “il sarcofago di Spitzmaus e altri tesori”, permette una prima considerazione: come per le donne in passerella, il mood di Prada si fonda sull’idea di libertà che deriva dallo spogliarsi dall’eccessivo e dal superfluo. In questo senso, le oltre 500 opere in allestimento sono state scelte scrupolosamente dai curatori, come per una sorta di collezionismo, e provengono da ben 12 collezioni e 11 dipartimenti differenti del museo di Storia Naturhistorisches di Vienna.

L’estetica di Prada come brand di moda si traduce, quindi, in amore per la libertà e voglia di esprimersi, attraverso l’immagine di una donna forte e volitiva che sfila in passerella. Il desiderio di emancipazione dell’arte moderna e contemporanea si sposa a ricerche sempre più complesse, dove i contenuti diventano contenitori e viceversa. Si sceglie di rappresentare, insomma, il mondo fuori e dentro di sé, senza ostentazione ma con pacatezza e determinazione, andando oltre i divieti imposti da ciò che è moda o che può definirsi “opera d’arte”.
Prada si pone, in modo forse un po’ ribelle, in una posizione di continua riflessione sul proprio mondo di riferimento, sulle motivazioni che guidano l’atto di collezionare, in contesti come quelli contemporanei dove l’arte sta diventando sempre più “incollezionabile”.
E questo è quello che intende fare con la mostra del regista di Grand Budapest Hotel, così ricca di capolavori da sembrare quasi caotica ma che nasconde, invece, un ordine meticoloso dei curatori e si traduce in una sorta di cubo per uno storyboard cinematografico e visionario.

Si può affermare, quindi, che Fondazione Prada rispecchi appieno l’idea di brand come mood dell’estetica, e non solo della moda ma anche dell’arte, attraverso una mostra che si propone come “una riflessione sulle motivazioni che guidano l’atto di collezionare e sulle modalità con le quali una raccolta è custodita, presentata e vissuta”, come recita appunto il comunicato stampa.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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Summer 2024, con Benson and Clegg Blazer Buttons!

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Benson and Clegg e’ un marchio storico dello stile inglese, da sempre associato al Blazer. E’ il produttore di alcune delle cravatte militari e dei bottoni, di vari ordini. Spesso vediamo i prodotti del brand indossati da Re Carlo III, che sotto l’emblema di Principe di Galles, ha insignito Benson and Clegg del Royal Warrant. Il prodotto che vi presento oggi e’ particolare, ma essenziale al tempo stesso, ossia i bottoni, in particolare quelli riferiti al Blazer, che devono essere sempre perfetti. Il blazer infatti è quella giacca/jolly che rifinisce sempre, da un tocco di eleganza vintage, ed è sempre ben apprezzata in qualsiasi contesto casual e non. Quindi, per un giacca multifunzionale come questa, servono assolutamente bottoni di primo ordine, anche perché, le origini del blazer sono di tipo marinaresco, quindi non è mai sbagliato omaggiarle. Ecco, i bottoni Admiral, di Benson and Clegg, servono proprio a questo, esaltare il vostro blazer, con la tradizione del fatto a mano in Inghilterra. Al loro interno, si trova appunto l’emblema di Ammiraglio della Royal Navy, che viene ricreato da mastri artigiani, nel cuore di Birmingham sede storia del brand.I bottoni ovviamente possono essere sostituiti in qualsiasi sartoria, e conferiranno al vostro blazer un tocco storico e classico al tempo stesso. Io consiglio di abbinarli ad una cravatta Royal Navy, di Benson and Clegg, così da completare in maniera perfetta il proprio outfit.

Ringraziamo marchi come questo, che rimanendo esclusivi, permettono di far diventare grande un piccolo particolare.

www.bensonandclegg.com
https://bensonandclegg.com/products/admirals-crest-blazer-button-set

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In viaggio attraverso gli anni 2000 con la capsule di Please Denim in a Screen

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Please, il brand bolognese parte del rinomato Gruppo Imperial, riafferma la propria essenza creativa con il ritorno del denim, focus indiscusso del brand, nella nuovissima capsule collection Denim in a Screen, che si presenta come un’evoluzione della precedente capsule Denim in a Door.

La capsule , realizzata per la stagione SS24, è un chiaro omaggio agli anni 2000, la gold era del denim in tutte le sue forme.
Riprende i capi iconici di quegli anni reinterpretandoli in chiave moderna, ma rimanendo fedele all’estetica vintage.

Fit emblematico della stagione è senza dubbio il WIDE, caratterizzato da una gamba talvolta estremamente ampia, assumendo una silhouette ultra wide che incrementa il comfort. La collezione include anche modelli a gamba dritta, slim, flare e baggy/carrot leg.

Altro protagonista è il PATCHWORK, realizzato in tessuto jacquard per un denim con effetto upcycle, oppure con un mix & match di stoffe, abbinando denim e tessuti tinti in filo, o ancora su cotone tinto pezza, unendo diversi toni di colore.

Il CARGO viene arricchito da nuovi dettagli sulle tasche sia nei modelli con gamba ampia che in quelli a palazzo e paperbag.

Anche il RISVOLTO si conferma uno dei trend della capsule: doppio, pulito per un look più sartoriale, con cuciture a contrasto per un tocco distintivo.

La collezione si contraddistingue per l’introduzione di un concetto nuovo: il denim sartoriale, proposto con pinces, pieghe stirate e tasche a filetto, proposto in lavaggi dai toni medi.

Restano immutati invece alcuni tratti distintivi del brand, come il cinturino elastico all’interno della cintura, che conferisce maggiore comfort e vestibilità ai pantaloni.

I trattamenti spaziano dai lavaggi puliti come lo Stone Wash leggero e il tinto diretto, fino ai lavaggi bleached e super chiari con micro rotture e marmorizzi.
Contrasti di tono sono realizzati anche con lavaggi in riserva, toppe e spennellate manuali localizzate sulle cuciture.

La collezione accoglie le richieste di ogni donna offrendo un’ampia selezione di fit e vestibilità: ogni capo è stato pensato affinché ogni donna potesse trovare il jeans perfetto per valorizzare la propria figura e sentirsi al massimo della sicurezza.

La capsule esplora le infinite possibilità del tessuto, proponendo capi versatili ed essenziali destinati a diventare autentici must-have all’interno di ogni guardaroba ed enfatizza con forza l’assenza di regole fisse nell’indossare il denim.

Denim in a Screen rappresenta un viaggio attraverso gli anni 2000, valorizzando tutte le skills di uno dei tessuti più iconici della storia.

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L’ARABESQUE TRA MODA E ARTE, ROMANTICA E FOLK LA PRIMAVERA ESTATE 2024

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L’arte, da sempre ispirazione e filo conduttore delle collezioni l’arabesque, per la primavera estate 24 Chichi Meroni, founder e designer del brand meneghino, si ispira allo slancio mistico delle statuette cicladiche, idoli pre-ellenici dalle forme essenziali, sintetiche, quasi astratte, e delle sculture stilizzate del grande artista rumeno Constantin Brancusi; opere in cui la forma è resa da pochi elementi astraenti geometrizzati, sufficienti a evocare una metafisica presenza.
Rende omaggio alla scultura cicladica e alle opere di Brancusi, ai pezzi esposti ad Atene al Museo di Arte Cicladica e nell’atelier parigino dello scultore.

Primitiva essenzialità delle forme, volumi ovali, sinuosi, fluidi e folklore popolare sono i temi della SS24 di l’arabesque milano.

Le grandi balze bianche e nere plissé della gonna in seta evocano la tensione e il movimento della Colonna Infinita che si inerpica nello spazio e che si materializza, insieme a L’Oiseau dans l’Espace, La Negresse Blonde, Mademoiselle Pogany, Danaide, dipinta a mano, sulla bar jacket in gabardina nera.

Recuperare e trasferire in chiave stilizzata motivi del folklore popolare, oltrepassare l’esteriore naturalismo eliminando ogni approccio mimetico basato sull’osservazione diretta, ricercando invece una forma che sia insieme sintesi ed essenza: questo l’approccio dell’arte cicladica, delle sculture di Brancusi e il punto di vista di Chichi Meroni.

Il satin stampato a rose folk dà forma ad una gipsy bell skirt e ad una bar jacket, la Maiastra dal canto melodioso evocata da L’Oiseau dans L’Espace e Le Coq, altro mitico volatile del folklore rumeno, entrambi riprodotti dipinti a mano sul capospalla e sulla balloon skirt, ci trasportano nel mondo delle fiabe popolari in cui la moderna principessa di l’arabesque può scegliere se indossare un midi dress in sangallo traforato nero o un abito in organza ricamata con fiori in jais.
Rose di velluto e fiori pop dorati ritornano applicati su mini cardigan e su giacche con collo Peter Pan.

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