Serie TV
Atypical 2: Netflix torna a raccontare la normalità dell’autismo

Tra i titoli dei prodotti seriali originali di Netflix Atypical è di certo uno di quelli che non passa inosservato. Accolto con grande entusiasmo da pubblico e critica all’uscita della prima stagione, lo show con protagonista un ragazzo autistico è ritornato il 7 settembre con 10 nuovi episodi da gustarsi tutti d’un fiato.
Lo scorso anno abbiamo imparato a conoscere Sam Gardner (Keir Gilchrist) un diciottenne alle prese con le difficoltà dell’adolescenza, amante della biologia e ossessionato dall’Antartide e dai pinguini. Il ragazzo è affetto da disturbi dello spettro autistico e, oltre ad analizzare il mondo circostante con sagacia e sincerità, cerca di affrontare giorno per giorno le conseguenze che la sua condizione provoca non solo nella sua vita ma anche in quella delle persone che lo circondano.
A supportarlo nelle sue scelte ritroviamo la madre Elsa (la candidata all’Oscar Jennifer Jason Leigh vista recentemente in Patrick Melrose), il padre Doug (Michael Rapaport), la sorella minore Casey (Brigette Lundy-Paine) e il miglior amico e collega Zahid (Nik Dodani).
Archiviata l’intenzione di volersi trovare una fidanzata, per Sam è arrivato il momento di pensare al suo futuro. La fine del liceo è ormai imminente e il ragazzo deve compiere delle scelte decisive. Sam però non è l’unico a far fronte a grandi cambiamenti. Tutta la famiglia sta cercando di reagire alle conseguenze provocate dalla scoperta del tradimento della madre – con cui si era conclusa la stagione – che inevitabilmente ha sconvolto gli equilibri tra i coniugi Gardner e Casey, dopo aver realizzato il sogno di essere ammessa ad un ottimo liceo privato grazie alle sue doti nello sport, si rende conto che l’arrivo nella nuova scuola è più tosto di quanto si aspettasse.
Sam, consapevole che tutti i suoi cari sono alle prese con i loro problemi personali, cerca di farsi spazio e di conquistare una certa indipendenza. Non sarà di certo un percorso facile, ma grazie soprattutto ai consigli strampalati dell’amico Zahid (molto più presente in questa stagione) il ragazzo riuscirà a tener testa ai cambiamenti che tanto lo spaventano imparando a conoscersi un po’ di più. Perché l’autismo non può precludergli nessuna strada, deve essere libero di essere sé stesso ed inseguire le proprie passioni.
Creata da Robia Rashid – co-autrice e produttrice di How I met your mother – Atypical era riuscita a conquistare grazie ad una scrittura semplice e fresca, mai appesantita dalla drammaticità nonostante il tema trattato. È proprio la capacità dell’aver trovato il giusto equilibrio tra comedy e drama il punto di forza di Atypical, impegnato anche ad evidenziare la sottile linea che separa la normalità da ciò che è considerato anormale.
La malattia non viene mai affrontata in maniera clinica ma piuttosto qui viene considerata come un approccio alternativo alle difficoltà dell’adolescenza che colpiscono tutti, aldilà dell’autismo. È per questo che, nonostante Sam sia il protagonista principale della serie, assumono man mano importanza anche tutti gli altri personaggi che lo circondano portando sul piccolo schermo avvenimenti che non c’entrano con l’autismo e che – seppur sanno di “già visto” – non mancano di coinvolgere lo spettatore.
In apparenza la seconda stagione è meno d’impatto della prima ma con i nuovi episodi Atypical compie un salto importante nella sua narrazione arricchendo la serie di spunti di riflessione ancora più profondi di quanto fatto finora.
Lo scorso anno l’obiettivo dello show era quello di accompagnare Sam nel suo peculiare percorso di comprensione della natura umana (attraverso spassosissimi paragoni tra il comportamento degli umani e quello degli animali) mostrando come la sua famiglia avesse fatto proprie delle abitudini atipiche per rendere più confortevole la vita del ragazzo. La parola d’ordine della prima stagione sembrava quindi essere normalità, presente anche laddove una malattia come l’autismo può scombussolare le routine considerate in genere ordinarie. C’era quindi la mamma apprensiva, il papà che si sentiva tagliato fuori perché il figlio non aveva i soliti interessi come il football o l’uscire con gli amici e la sorella intenta a proteggere il fratello indifeso contro le angherie dei compagni di scuola.
Con la seconda stagione invece tutta la storia si sviluppa intorno al concetto di cambiamento: Sam è più sicuro di sé, ha imparato a conoscersi ed è più propenso a comprendere chi gli sta intorno e anche il resto della famiglia sembra accettare questa sua nuova indipendenza, decidendo di concentrarsi un po’ di più sui loro problemi.
Quanto visto nell’ultimo episodio e il riscontro positivo del pubblico fanno ben sperare nel rinnovo di Atypical per una terza stagione, con nuove questioni ed ostacoli da affrontare, e noi non vediamo l’ora di ritrovare di nuovo Sam e tutti gli altri e di lasciarci di nuovo affascinare dalla dolcezza ormai diventata un marchio di fabbrica di Atypical.
di Marta Nozza Bielli per DailyMood.it
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Serie TV
Iniziano oggi le riprese della quarta stagione di MARE FUORI

Published
1 settimana agoon
22 Maggio 2023By
DailyMood.it
Dopo lo straordinario successo che ha segnato le prime tre stagioni della serie prodotta da Rai Fiction e Picomedia, iniziano oggi le riprese della quarta stagione di MARE FUORI.
Il cast torna a girare a Napoli, diretto nuovamente da Ivan Silvestrini.
La serie, una coproduzione Rai Fiction – Picomedia e prodotta da Roberto Sessa, è nata da un’idea di Cristiana Farina scritta con Maurizio Careddu.
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Serie TV
La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton: Tra Marie Antoinette e Lady Diana
Published
4 settimane agoon
4 Maggio 2023
Come sapete, La Regina Carlotta: Una storia di Bridgerton, la nuova serie in arrivo in streaming su Netflix dal 4 maggio, non è la terza stagione di Bridgerton, cioè la serie che continua le vicende della famiglia del titolo, ma uno spin-off e allo stesso tempo un prequel. La nuova serie targata Shondaland, la casa di produzione fondata da Shonda Rhimes (Scandal, Grey’s Anatomy, Private Practice) è la storia della Regina Carlotta, che abbiamo visto reggere le fila della società londinese ai tempi della Reggenza in Bridgerton. Ma è raccontata dall’inizio: è la sua origin story, per usare un termine caro ai supereroi. La Regina Carlotta, quella matura, che abbiamo conosciuto nelle prime due stagioni di Bridgerton, appare spesso in scena. La vediamo mentre è alla ricerca di un erede: nessuno dei suoi figli ha procreato, e il timore è l’estinzione del suo casato. Ma si tratta di un contrappunto, e di un legame con Bridgerton, che scorre accanto alla storyline principale. Questo prequel dell’universo Bridgerton racconta come il matrimonio della giovane Regina con il Re Giorgio abbia rappresentato non solo una grande storia d’amore, ma anche un cambiamento sociale, portando alla nascita dell’alta società inglese in cui vivono i personaggi di Bridgerton.
Al centro c’è la storia di Carlotta. È una ragazza giovanissima, che arriva in Inghilterra da una cittadina della Germania, dopo che è stata scelta per unirsi in matrimonio al Re del Paese più importante del mondo, Re Giorgio d’Inghilterra. Arriva al matrimonio senza conoscerlo, da un Paese lontano, dopo un lungo viaggio, e viene catapultata in un mondo di cui non sa niente. Ci ricorda moltissimo la giovane Maria Antonietta, raccontata mirabilmente da Sofia Coppola in Marie Antoinette, che dall’Austria (certo, era la figlia della Regina e di un nobile qualsiasi) arrivava in Francia per sposare il Re.
Ma la Regina Carlotta ci ricorda anche molto la giovane Lady Diana Spencer. Una ragazza che, alla corte della Regina d’Inghilterra, ha sofferto spesso di solitudine, incomprensione, incomunicabilità. Guardate il primo episodio, e la prima notte di nozze. La giovane Carlotta, dopo un matrimonio combinato ma che, tutto sommato, ha mostrato di apprezzare, si trova accompagnata nella sua dimora, mentre il marito, Re Giorgio, le comunica che alloggerà in un’altra. Ricorda davvero la storia di Carlo e Diana che, una volta sposati, hanno vissuto a lungo in dimore diverse, facendo vite separate. È in questo che La Regina Carlotta: A Bridgerton Story, appare interessante e attuale.
L’altro lato dell’attualità è quello sforzarsi di rendere tutto inclusivo. Il fatto della regina di colore, che già aveva fatto molto discutere nella prima stagione di Bridgerton, qui viene risolta con un paio di battute e in un paio di scene. In più c’è l’omosessualità del servitore personale di Carlotta e di quello di Re Giorgio. Che non è ovviamente un problema, ma nel contesto della storia sembra inserita piuttosto forzatamente, con il solo scopo dell’inclusività.
Ovviamente Giorgio non è cattivo. È che lo disegnano così. Infantile, ingenuo, inesperto. Dedito alla sua passione, l’astronomia, come il Re Luigi XVI di Marie Antoinette era dedito alle chiavi. Certo, meglio le stelle delle chiavi, converrete tutti. E quello tra i due, al netto delle difficoltà, è un matrimonio d’amore. Ma la storia è scritta per raccontarci che i due giovani si amano e che c’è qualcosa tra loro che li divide. E allora, pur essedo una storia diversa, ritorna lo schema del primo Bridgerton: una giovane ingenua, la sua educazione sessuale, due persone che si amano ma che sono divise da qualcosa che rimane misterioso. È il romanzo di formazione di una ragazza che viene da altri tempi ma che in sé racchiude problemi della sua epoca, e anche della nostra. Come in ogni racconto della saga di Bridgerton, il racconto è brioso e piacevole, ma anche superficiale e a tratti eccessivo.
A brillare, nei panni di Carlotta, è la giovane India Amarteifio, un volto fresco, vispo, impertinente, un volto tipico da eroina dei nostri tempi: occhi allungati e una cascata ribelle di riccioli neri, potrebbe essere la protagonista di un film della Marvel. È un volto che istintivamente suscita simpatia e raggiunge il primo obiettivo, quello di farci parteggiare per lei. Corey Mylchreest, visto in The Sandman, è il giovane re Giorgio, e ha il volto e il fisico che il ruolo impongono. Guardate il loro primo incontro, con lei che è ignara di chi sia lui: un classico della commedia sentimentale. Colpisce anche Arsema Thomas, nel ruolo della la giovane Agatha Danbury, dama di corte della Regina e sua mentore. Nell’altra storyline, quella ambientata durante i fatti di Bridgerton, Golda Rosheuvel (Regina Carlotta), Adjoa Andoh (Lady Danbury) e Ruth Gemmell (Lady Violet Bridgerton) riprendono i loro ruoli di Bridgerton.
Per il resto, si sa, siamo in una storia di Bridgerton, e si tratta di stare al gioco, di fare il più grande sforzo di sospensione dell’incredulità possibile. E così, allora, si tratta di prendere o lasciare. Certo, gli anacronismi di Sofia Coppola in Marie Antoinette ci piacevano di più, perché i momenti di rottura, come le Converse accanto alle scarpe d’epoca, e la musica post punk (extradiegetica, ovviamente) erano degli squarci di vernice fluo su una tela classica, che però era rigorosamente e accuratamente costruita, e sempre coerente con la materia raccontata. Shonda Rhimes, invece, nella sua ricostruzione d’epoca si prende qualsiasi libertà a livello storico, visivo, concettuale. È uno di quei prodotti in cui vale tutto. E allora, va bene per intrattenere, ma siamo lontani da qualcosa di profondo, intenso, emozionante.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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Serie TV
Citadel: Una grande spy story in una serie tv? Non è una missione impossibile!
Published
1 mese agoon
28 Aprile 2023
Chi ha detto che ci sono prodotti per il cinema e prodotti per le piattaforme di streaming? Finora avevamo sempre pensato che i grandi film d’azione fossero fatti apposta per il grande schermo e i prodotti più piccoli, meno spettacolari, fossero naturalmente destinati alle piattaforme. Citadel, la serie che trovate in streaming su Prime Video dal 28 aprile, sembra fatta apposta per rompere questa distinzione. Non è la prima serie spettacolare che approda in streaming, ma è forse il caso più eclatante che dimostra il fatto che oggi non esistono più confini. Abbiamo visto i primi due episodi di Citadel su un grande schermo, al cinema The Space Moderno di Piazza della Repubblica a Roma. E su quello schermo ci stavano benissimo. Citadel farà un figurone anche in tv, chiaro, ma vedetelo comunque sullo schermo più grande che avete. Non è un’opera da vedere al cellulare o su un tablet.
L’inizio di Citadel è di quelli che lasciano il segno: siamo sulle alpi italiane, su un treno di ultima generazione, alta velocità ed extra lusso, come in una versione 3.0 di Intrigo Internazionale. Un’affascinante donna vestita di rosso, Nadia Sinh (Priyanka Chopra Jonas), viene avvicinata da un affascinante uomo vestito di nero, Mason Kane (Richard Madden). I due si conoscono già, si conoscono molto bene, hanno un grande feeling. Lo capiamo dal loro dialogo, dalla chimica in atto ogni volta che si avvicinano. Su quel treno ci sono altre persone, è una trappola. C’è una bomba. Un vagone del treno salta in aria e… La storia riprende otto anni dopo. E sta a voi scoprirla.
Vi diciamo solo che Mason non ricorda nulla. Sì, proprio come Jason Bourne, il protagonista di The Bourne Identity che, citato anche da una simpatica battuta in sceneggiatura, è uno dei modelli di Citadel. Modelli che sono tanti, sono chiari, sono i più nobili. C’è ovviamente molto di Mission: Impossible, che è il riferimento più evidente; c’è, ma in misura minore, James Bond. E ci sono, accennati perché l’atmosfera è diversa, i classici di Hitchcock. Tutto questo è per dire che le ambizioni sono alte, gli standard produttivi e visivi anche. Ma Citadel, pur ispirandosi e richiamando il meglio degli spy game cinematografici, non sembra mai qualcosa di già visto, non sembra somigliare ad altre cose. Era il rischio più grande. Ed è stato evitato.
Nel caso di Citadel è il caso di parlare di un vero evento, perché alza l’asticella delle produzioni seriali e del mondo dello streaming, e inaugura una nuova formula produttiva. Anche se siamo in tv possiamo dire tranquillamente che si tratta di grande cinema. E non è un caso: a dirigere infatti ci sono i Fratelli Russo, coloro che avevano già trasformato il cinecomic della Marvel in una spy story anni Settanta con Captain America And The Winter Soldier. Il cinema di spionaggio è il loro terreno e non deludono. Ma il loro ambiente, appunto, è anche il cinecomic, il cinema di supereroi. E, come ha detto qualcuno, Citadel è questo: è un film degli Avengers, ma con le spie. Spie e supereroi, ci hanno spiegato i produttori, in fondo, sono la stessa cosa: personaggi in grado di andare oltre le nostre capacità, con doti e poteri speciali.
Tutto questo è racchiuso nei due protagonisti. Richard Madden, già uomo d’azione ne Il trono di spade, ma soprattutto in The Bodyguard, ha il physique du rôle per essere una nuova spia, anche se l’espressività, in confronto a mostri come Daniel Craig, Tom Cruise e Matt Damon, non è completamente all’altezza. Priyanka Chopra Jonas è una vera sorpresa. Sensualissima nei primi piani, con uno sguardo e delle labbra in grado di far sciogliere che guarda, è anche eccezionale nelle scene d’azione. Bernard, il loro capo, interpretato da Stanley Tucci, dice che Nadia e Mason da soli sono dei grandi agenti, ma insieme sono una bomba. Ed è vero anche per gli attori. La chimica e l’affiatamento tra i due è eccezionale.
Citadel è un evento anche per la parte produttiva. Perché da questa serie verranno tratti alcuni spin off che saranno prodotti in altre parti del mondo. Una di queste è l’Italia. E la protagonista della Citadel italiana è Matilda De Angelis. Non vediamo l’ora di vederla come una nuova, sexy e tostissima spia. Siamo appena entrati nel mondo di Citadel, allora, e crediamo che ci resteremo molto a lungo.
Crediti: Courtesy of Prime Video
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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