Glamour
Tra selfie e hashtag, ecco le nuove Instagram Models

Se fino a pochi anni fa Facebook era l’indiscusso re dei Social Network, oggi ormai Instagram, che aggiunge sempre nuove funzioni – l’ultima, le cosiddette “storie” “rubate” da Snapchat –, gli sta dando sempre più filo da torcere. È soprattutto il settore del fashion a prediligere Instagram al social di Zuckerberg, grazie al forte impatto visivo ed istantaneo di cui è dotato.
Sono sempre di più, infatti, le aziende che decidono di affidare la promozione del proprio brand alle cosiddette “Instagram influencers” che grazie ai loro migliaia, se non milioni, di follower sono ormai in grado di anticipare gli stili e le tendenze che saranno più in voga nelle stagioni successive. Un esempio su tutte è sicuramente Chiara Ferragni che, prima con il suo seguitissimo blog The Blonde Salade e ora anche con il suo profilo Instagram, ha costruito un vero e proprio impero nel mondo della moda.
Negli ultimi tempi, però, il trend si sta spostando sulle cosiddette “Fitness Model” o “Fitness Girl” – gli hashtag #fitnessmodel e #fitnessgirl hanno da poco superato i 20 milioni di post sul social. Un fenomeno virale che come sempre proviene dagli Stati Uniti ma che si sta pian piano espandendo anche in Europa.
Queste nuove regine della moda del fitness, con corpi scolpiti e mozzafiato, sono considerate delle vere e proprie guru per moltissime donne. Un punto di riferimento per il popolo del web ma anche per molte case di moda del fitness che hanno saputo fare di questo nuovo modello di femminilità ostentata un terreno fertile per i loro marchi. Adidas, per esempio, ha scelto come sua ambasciatrice mondiale la newyorkese Nicole Winhoffer, che nel suo profilo mostra costantemente i suoi allenamenti in palestra a metà fra l’aerobica e la danza classica, sfoggiando outfit rigorosamente firmati dal colosso internazionale dell’abbigliamento sportivo.
Un’altra addicted della palestra è l’australiana Kyla Itsines che con i suoi 7 milioni di followers è l’ideatrice del programma di allenamento “Bikini Body Guide” che promette miracoli in sole dodici settimane. A differenza della sua collega newyorkese, la giovanissima Kyla non ha un brand di riferimento per il suo outfit e predilige un dresscode estremamente semplice ed essenziale.
Ma se negli Stati Uniti e in Australia va per la maggiore la palestra, in Europa si opta per l’aria aperta. È il caso dell’ucraina d’adozione americana Anastasiya Gorshkova, fondatrice del brand Anastasiya Craze, il cui motto è “Ditch the Gym. Find a New Playground” (“Chiudi con la palestra. Trova un nuovo campo da gioco”). Anastasiya, infatti, propone allenamenti specifici che non richiedono l’impiego di nessun attrezzo e che possono essere fatti in qualsiasi luogo ci si trovi (in casa, in giardino o davanti a qualche meraviglioso monumento). Nelle foto e nei video che posta sui suoi canali, la Fitness Girl mostra sempre all’interno di scenari mozzafiato (dal Colosseo a spiagge caraibiche) outfit estremamente originali e diversificati. Spiccano le tonalità cromatiche e i toni accesi di molti suoi completi che non hanno brand di riferimento ma che spaziano all’interno del fashion fitness.
Ma parlando di Fitness Model e di brand, non si può non citare la ballerina Mary Helen Bowers che ha creato ormai un vero e proprio sodalizio con gli angeli di Victoria’s Secret. Sui suoi canali, infatti, la Browers pubblica le sessioni di workout con le modelle della celebre casa di moda d’intimo, indossando completi di assoluta eleganza e sobrietà.
Insomma, se prima erano le passerelle di Naomi Campbell a far sognare le donne, ora sono invece i selfie e i video su Instagram a creare nuove icone della moda e del fitness.
LINK INSTAGRAM
Nicole Winhoffer:
https://www.instagram.com/nicolewinhoffer/?hl=en
Kyla Itsines:
https://www.instagram.com/kayla_itsines/
Anastasiya Craze:
https://www.instagram.com/anastasiya_craze/
Mary Helen Bowers:
https://www.instagram.com/balletbeautiful/
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Eventi
Torna il mood del giappone ovvero il giapponismo della moda nel nuovo libro presentato a Milano

Published
2 mesi agoon
19 Aprile 2022
Docente e studiosa di storia della moda, come recita il comunicato stampa “Laura Dimitrio ha compiuto studi specifici sul giapponismo e sulla moda italiana del Novecento. Tra le sue pubblicazioni vi sono saggi sul giapponismo italiano, sui costumi per la prima rappresentazione di Madama Butterfly e sulla condizione di lavoro delle sarte nel XX secolo“. Torna insomma quello che negli anni si è definito il “mood del Giappone” in questo bellissimo libro dal titolo evocativo “Non solo Kimono. Come il Giappone ha rivoluzionato la moda italiana” e che getta nuova luce non solo sulla moda italiana da una prospettiva totalmente inedita (tra influenze e suggestioni orientali) ma anche innescando una sorta di racconto e flusso di evocazioni tra arte abbigliamento e stoffe, colori e tagli che rendono la moda di cui si occupa non solo oggetto di studio riguardo alla influenza sul costume del Giappone nella moda italiana che ha generato, ma percorrendo ben oltre quattro secoli di storia tra emozioni, episodi e retroscena da “dietro le quinte” dagli anni 60 ad oggi. 50 anni di mood del Giappone come una sorta di cartina geografica che racconta curiosità ed aneddoti di stilisti di ieri e di oggi. Non a caso si è scelto Gisella Borioli, signora della editoria di moda in Italia (tra i tanti Vogue e Donna), per raccontare, declinando , questo viaggio; rendendo la coppia Borioli-Lucchini testimoni in modo diretto (come la realtà di Stuperstudiopiu dimostra da anni) , dei cambiamenti del mondo della fashion-art e dei suoi protagonisti in un mondo contemporaneo sempre più multi sfaccettato. Inoltre il volume vanta la prefazione di Akiko Fukai, direttrice e Curator Emeritus del Kyoto Costume Institute, insomma, massima esperta del giapponismo nella moda.
Andare insomma oltre la moda, nel mood del Giappone, perchè, come recita il comunicato stampa che rende questo libro di Skira un piccolo capolavoro : “quando si considera l’abbigliamento giapponese, il pensiero corre subito al kimono, che ha riscosso uno straordinario successo in Europa e in Italia fin dal tardo Ottocento. Da allora il suo taglio e i suoi motivi decorativi sono diventati fonte di ispirazione per gli stilisti desiderosi di proporre abiti con forme e decorazioni sconosciute alla tradizione sartoriale occidentale. Ma il kimono non è stato l’unico aspetto della moda nipponica a rivoluzionare lo stile italiano. A partire dagli anni Settanta, i fashion designer giapponesi d’avanguardia (Kenzo Takada, Issey Miyake, Yohji Yamamoto e Rei Kawakubo) con i loro abiti informi e asimmetrici hanno sovvertito i tradizionali canoni estetici e sono diventati un punto di riferimento anche in Italia per i creatori di moda anticonformisti. Tra la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio si sono poi diffuse in Italia le subculture giapponesi, dalla moda kawaii ai cosplayers, alle Lolita“.
Un libro, quello edito da Skira Editore davvero molto ben fatto. A partire della ricchezza dell’apparato iconografico corredato da immagini di riviste di moda, ma anche di bozzetti e da bellissime fotografie. Il tutto proveniente da archivi di case di moda e da musei del settore. Torna il mood del Giappone ovvero il giapponismo della moda? Forse. Ed il nuovo libro presentato a Milano ne è il più valido esempio.di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it
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Giovedì 12 maggio 2022 apre al pubblico Fuori Terra, mostra personale di Mattia Pajè a cura di Giovanni Rendina, ospitata nelle suggestive sale di Palazzo Vizzani, sede dell’associazione Alchemilla di Bologna. Promossa da Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna e da Alchemilla, in collaborazione con Associazione BOCA e Gelateria Sogni di Ghiaccio, l’esposizione è parte del main program della decima edizione di ART CITY Bologna, il programma istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in concomitanza di Arte Fiera.
Fuori Terra è un gruppo scultoreo composto da figure umanoidi immerse in un ambiente installativo. Le sculture, modellate in resina bicomponente, sono organizzate in modo da formare diversi elementi aneddotici, leggibili come una cosmogonia creata dall’artista a partire da due alfabeti visivi: l’estetica new age e quella della televisione commerciale. Lo spazio nel quale sono installate è punteggiato da objet-trouvé, selezionati e dislocati dall’artista a seguito delle sue sperimentazioni su prodotti coinvolti nelle pratiche spirituali e pseudoscientifiche (con fini curativi, di crescita personale e di sviluppo di abilità paranormali), e di una serie di visite agli archivi televisivi che conservano allestimenti e scenografie. L’ambiente in cui gli oggetti sono inseriti è raccordato tramite l’utilizzo di argilla cruda che, applicata come isola di sostegno, permette ai nuclei scultorei di emergere da uno stesso indistinto strato grigio.
L’esposizione si sviluppa a partire dall’interesse dell’artista verso il concetto di verità. Il progetto volge uno sguardo particolare all’emersione di nuovi regimi di verità, rintracciabili a partire dai contenuti che popolano i social network, legati alla ripresa di tematiche “magiche” e teorie del complotto. Lo sgretolamento del fronte mainstream di informazione, che un tempo era animato principalmente da giornali e televisione, ha infatti lasciato posto sulle piattaforme online ad una molteplicità di teorie e forme di sapere esoteriche, spesso in antitesi rispetto al pensiero scientifico. Questo tipo di attenzione si incrocia con la pratica del disegno, che l’artista ha portato avanti durante i mesi di isolamento. La congiunzione che ne deriva, prende forma con l’opera installativa Fuori Terra, all’interno della quale l’artista presenta episodi mitici, riproducendo la pratica museale del diorama. Questa scelta espositiva è determinata dalla volontà di creare tensione tra l’aspetto educativo-scientifico e quello maggiormente legato all’intrattenimento. Il diorama, infatti, riproduce simbolicamente porzioni del mondo naturale sintetizzandone gli elementi e, pur ricalcando una prassi classificatoria e scientifica, presenta aspetti fortemente ludici e scenografici.
Giovedì 12 maggio alle ore 10.30, Mattia Pajè sarà uno dei quattro artisti protagonisti del ciclo ARTALK CITY. Incontri in Accademia con gli artisti del Main Program, promosso dall’Accademia di Belle Arti di Bologna in occasione di ART CITY Bologna 2022. L’artista dialogherà con Giovanni Rendina e Guido Molinari, in un incontro aperto al pubblico che si terrà in Aula Magna ad ingresso libero fino a esaurimento posti.
Alchemilla è un’associazione culturale che sostiene la ricerca, la sperimentazione e la produzione in ambito artistico, mettendo in relazione le figure professionali coinvolte, con particolare riguardo e cura verso i giovani talenti. Il suo spazio è pensato per ospitare artisti, curatori, performer e intellettuali, attraverso residenze e progetti espositivi. Ha sede a Palazzo Vizzani, tra gli edifici più significativi del Cinquecento bolognese, edificato fra il 1559 e il 1566 su iniziativa di Elisabetta Bianchini, vedova di Camillo Vizzani, poi ampliato nel 1732 dal Cardinale Lambertini, arcivescovo di Bologna e futuro Papa Benedetto XIV.
Con il contributo di: Zunarelli – Studio Legale Associato e Z&C International s.r.l.
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Eventi
Il mood dell’arte contemporanea come arte di prossimità al MiArt

Published
3 mesi agoon
11 Aprile 2022
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Intervista a Eleonora Mattia, autrice del libro “Igiorni del coraggio. La forza delle donne oltre la pandemia”

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