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Il mood della moda nella mostra sulla donna nel cinquecento veneziano

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In cosa consiste la bellezza femminile? E come esaltarla? Da sempre la moda di ogni tempo e luogo, si è posta questa domanda. Per rispondere su cosa fosse nel cinquecento veneziano ci pensa la bella mostra in corso a Milano ed aperta sino al 5 Giugno, presso Palazzo Reale offrendo anche degli esempi reali di gioielli ed abiti del periodo, dalla fattura davvero straordinara.  Esempi unici provenienti da musei prestigiosi che, anche alla luce di quelle leggi suntuarie che erano “espedienti finanziari” noti nella Repubblica Marinara del tempo (ma spesso comuni nelle società di tutti i tempi, al fine di tassare il lusso e avvalorare la richiesta di prestito di preziosi allo stato in particolare l’oro), rendono la fruizione della mostra ancora più interessante alla luce dei capolavori che vi si trovano, da Tiziano a Giorgione. Con oltre 50 dipinti con soggetti femminili infatti, nella mostra a Palazzo Reale a Milano organizzata del Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e Skira Editore in collaborazione con Kunsthistorisches Museum di Vienna a cura di Sylvia Ferino dal titolo  “Tiziano e l’immagine della donna nel cinquecento veneziano“, vengono esposti anche dei gioielli e tutti originali del periodo . Ma non solo anche il celebre abito che lo stilista Capucci realizzò nel 1994 in onore di Isabella D’este, posto proprio accanto al celebre capolavoro dipinto da Tiziano. Un viaggio nel tempo dell’arte del gioiello e della moda unico quindi,  attraverso la sua rappresentazione  in pittura , in una mostra che, come recita il comunicato stampa: “apre il 2022 con una grande mostra dedicata all’immagine della donna nel Cinquecento nella pittura del grande maestro Tiziano e dei suoi celebri contemporanei quali Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese e Tintoretto, dal 23 febbraio al 5 giugno 2022.Circa un centinaio le opere esposte di cui 47 dipinti, 16 di Tiziano, molti dei quali in prestito dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, cui si aggiungono sculture, oggetti di arte applicata come gioielli, una creazione omaggio di Roberto Capucci a Isabella d’Este (1994), libri e grafica. “L’esposizione – afferma la curatrice – aspira a riflettere sul ruolo dominante della donna nella pittura veneziana del XVI secolo, che non ha eguali nella storia della Repubblica o di altre aree della cultura europea del periodo. La struttura portante dell’esposizione affronta in otto sezioni un argomento eternamente valido ma anche completamente nuovo, presentando l’immagine femminile attraverso tutto l’ampio spettro delle tematiche possibili e nel contempo mettendo a confronto gli approcci artistici individuali tra Tiziano e gli altri pittori del tempo”. Ruolo dominante della donna, padrona forse più che in altre zone del mondo del suo destino per l’epoca, ma che è sicuramente esemplificazione del mood della moda cinquecentesca, espressa anche dal trucco e parrucco, non solo negli abiti dipinti sulle tele e nei gioielli originali esposti nella mostra. Un rimando  diretto ad una Venezia cinquecentesca nota per la severità delle sue leggi suntuarie (a solo titolo di esempio, riguardo alle perle orientali per l’ elevato valore) ovvero a quelle leggi che portavano a pene severissime se venivano usati o realizzati alcuni gioelli o preziosi. Ritratti pittorici quindi che nascondono risvolti inediti, che danno quindi informazioni sulle donne che rappresentano proprio dall’uso dei gioielli dipinti: se donne sposate per esempio, potevano indossare particolari ornamenti (le perle  per esempio, solo per i primi dieci anni di matrimonio poi diventavano suocere e non erano quindi più nella posizione di nuora) mentre se cortigiane non ne potevano indossarne altri (ma che potevano usare per esempio la madreperla o il vetro soffiato). Se infatti, furono molti i decreti cinquecenteschi dei Consigli dei Dieci sull’argomento uso delle perle o sul realizzare perle di vetro simili con pene severissime: tagli della mano destra e dieci anni di esilio dalla città). Ma non solo. Anche la cosmesi contribuiva e veniva riprodotta poi dai pittori. Come ben spiega il catalogo della mostra, edito da Skira, l’idea che sta alla base del percorso è spiegare in cosa consiste la bellezza femminile, fuori e dentro: “[…]in linea di principio si presumeva che la bellezza esteriore riflettesse le qualità interiori: quindi, in quest’ottica, come si debbono interpretare gli indizi erotici, quel “certo lascivetto” che Firenzuola ritiene giovi senz’altro alla bellezza? Sembra quasi che, in particolare nei “ritratti” delle “promesse spose” della Repubblica, i pittori della Serenissima – da Giovanni Bellini a Giorgione, da Tiziano a Palma il Vecchio e agli altri produttori di “belle donne” – abbiano adottato questo modo di abbellire l’effigiata seguendo canoni ideali. Certamente le operazioni cosmetiche cui si sottoponevano le donne – la decolorazione dei capelli e un’infinità di altri stratagemmi – contribuivano a soddisfare i criteri di bellezza che Petrarca aveva già chiaramente celebrato nelle sue canzoni e che poi apparvero in forma codificata nei trattati di umanisti come Firenzuola. Questi potevano comprendere riccioli biondi, fronte ampia e liscia, sopracciglia meravigliosamente simmetriche, sguardo luminoso, morbide guance“. Bellissimi ,per esempio in tal senso, i quadri della terza sala della mostra, dove vengono proposti in una intera sala capolavori dove le donne diventano muse ma non vengono più considerate come cortigiane ma come mogli devote che mostrano i seni, perfetti, come suggello nuziale.  Nella mostra, prodotta da Comune di Milano e Skira Editore con la partnership di Fondazione Bracco, si offre insomma al visitatore un vero percorso emozionale nel mood della moda femminile dell’epoca tra la bravura dei pittori che riescono ad imitare l’apparenza dei vari tessuti e la consistenza dell’incarnato delle modelle, sino ad una idea di chiaroscuro che lascia al posto dello sfumato il ritratto vero e proprio. Dove i colori si perdono tra le pieghe morbide dei corpetti ed i velluti, gli occhielli d’oro e particolari di grandi maniche a sbuffo. Ricami e catenine, perle e anelli d’oro su mani che non hanno pace tra quelle di amanti o mariti, chissà. La moda del cinquecento irrompe tra simboli e gioielli. Interessante per esempio e’ la presentaza dell’anello twist nella teca della quarta sala dietro cui si cela il valore apotropaico del simbolo. Ricerca ancestrale, quella della moda, che rievoca simboli di purezza e non, come il rubino, simbolo di fertilità, legato allo smeraldo, simbolo di castità (ma con anche poteri curativi). Un mood che si rinnova, la bellezza femminile e su come esprimerla, un mood della moda nella mostra sulla donna nel cinquecento veneziano attraverso i capolavori dei grandi artisti unico ed interessante, a partire da Tiziano che, allora come ora, sono perenne specchio dei tempi.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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Eventi

Yumi Karasumaru Yumi’s New School – ユミの新しい学校

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Venerdì 10 maggio 2024 alle ore 19, a Palazzo Vizzani, sede dell’associazione bolognese Alchemilla, apre al pubblico Yumi’s New School – ユミの新しい学校, mostra personale di Yumi Karasumaru, a cura di Roberto Pinto.

Il progetto Yumi’s New School, è stato cucito su misura sulla figura dell’artista, per svelare alcuni degli aspetti più significativi del suo lavoro. Nel percorso artistico di Yumi Karasumaru si intrecciano la relazione con le sue radici, il Giappone, e il suo approdo in Italia. Proprio questa distanza con la sua cultura di provenienza le ha permesso di ripercorrere ricordi, memorie, drammi personali e collettivi, riti e abitudini del Paese del Sol Levante, senza cadere nella trappola della retorica o del celebrativo, ma con uno sguardo interrogativo e conoscitivo. Nelle sue opere –quadri, disegni e performance – troviamo la necessità di creare un dialogo con gli spettatori attraverso una contaminazione tra “Storia” e storie personali, tra collettivo, pubblico, e l’intimo, il privato.

Con Yumi’s New School, l’artista vuole ulteriormente assottigliare la distanza con il pubblico costruendo un’esperienza condivisa, attraverso due distinte performance ma anche trasformando una parte dello spazio espositivo in un suo studio temporaneo in cui i visitatori saranno invitati a lavorare accanto a lei per tutta la durata della mostra, condividendo i processi ideativi e realizzativi. La performance inedita che si potrà vedere in occasione dell’inaugurazione del 10 maggio, Pro-Memoria di Onoda – l’ultimo samurai, si incentra sull’incredibile esperienza di Hiroo Onoda, soldato giapponese, rimasto per quasi trenta anni nella giungla di una sperduta isola nell’arcipelago delle Filippine, credendo che la seconda guerra mondiale non fosse finita. La performance che sarà presentata il 22 maggio, The Double Pop Songs, è frutto di una selezione di canzoni pop giapponesi, denudate dalla musica, le cui parole saranno proiettate sul corpo dell’artista in kimono bianco, come fosse uno schermo.

Due sale verranno allestite con una serie di dipinti: la prima comprenderà una decina di lavori selezionati dalla vastissima serie “Facing Histories” realizzata nel 2015, in occasione dell’anniversario dell’esplosione atomica di Hiroshimae e Nagasaki; nella seconda sala troveranno spazio alcuni lavori di medie dimensioni su tela e su carta della nuova serie “Learning from the past”, ispirata all’arte giapponese del periodo Edo. Una terza sala sarà dedicata alla proiezione dei video delle performance realizzate dall’artista durante la sua carriera.
Una quarta sala, infine, ospiterà il suo atelier temporaneo, un laboratorio aperto a tutti il cui l’obiettivo è di lavorare insieme, discutere, offrire il proprio sguardo e accogliere lo sguardo altrui. Si potrà, dunque, assistere al processo di realizzazione di un’opera dell’artista, per capire dall’interno la sua poetica, e anche provare a disegnare accanto a lei.

Performance:
10 maggio, ore 21
Pro-Memoria di Onoda – l’ultimo samurai
22 maggio, ore 20 e 21 (necessaria la prenotazione)
The Storyteller – il narratore, The Double Pop Songs

Incontri:
16 maggio, ore 18, con Roberto pinto
23 maggio, ore 18, con Uliana Zanetti
30 maggio, ore 18, con Igort

Yumi Karasumaru Yumi’s New School – ユミの新しい学校
a cura di Roberto Pinto
10 maggio – 1 giugno 2024
Opening: venerdì 10 maggio, ore 19-22
Alchemilla, Palazzo Vizzani
Via Santo Stefano 43, Bologna

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10·Corso·Como e Yohji Yamamoto annunciano la mostra Yohji Yamamoto. Letter to the future

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Per la prima volta in Italia uno speciale progetto espositivo dell’emblematico designer.
10·Corso·Como Galleria, 16.5 – 31.7.24

Nel nuovo capitolo di 10·Corso·Como, secondo la visione di Tiziana Fausti, lo spazio espositivo della Galleria continua la sua programmazione dedicata alla cultura della moda con un progetto speciale del designer che ne ha provocato e ispirato estetiche e immaginari: Yohji Yamamoto. Conosciuto come il poeta del nero, fin dall’inizio della sua carriera, il lavoro di Yamamoto è stato riconosciuto per aver sfidato le convenzioni dello stile. Le sue collezioni hanno ridefinito l’idea di bellezza, sovvertendo gli stereotipi, alla ricerca di una nuova geografia del corpo e di una silhouette universale.

Presentato da 10·Corso·Como e Yohji Yamamoto, il progetto curato da Alessio de’Navasques – curatore e docente di Fashion Archives presso Sapienza Università di Roma – raccoglie un dialogo tra capi iconici di sfilata, collezioni recenti e future, in un climax ascendente e immersivo. Dal 16 Maggio al 31 Luglio 2024 negli spazi della Galleria saranno protagonisti gli abiti in un flusso dove ogni forma, taglio e geometria, trasmette un’idea di futuro e oltre il tempo.

La luminosità della rinnovata Galleria di 10·Corso·Como – ritornata alla sua essenza di spazio industriale – evoca un allestimento puro e lineare, per restituire un’infinita e universale, misteriosa bellezza. In un percorso concepito come un’unica installazione, è chiaro il messaggio di Yohji Yamamoto a Milano e all’Italia, come luogo della creatività per antonomasia. “Io voglio disegnare il tempo” aveva affermato nell’idea di continuità tra passato e presente, che ha condiviso in tutta la sua carriera. Il percorso espositivo indaga l’opera dello stilista che ha fatto della poesia degli abiti strutturati, ma eterei, tagliati e riassemblati – dove penetra lo spazio dei nostri pensieri, delle nostre emozioni – la sua firma di riconoscimento.

Una dichiarazione sul senso universale della forma attraverso i colori assoluti del bianco, del nero e del rosso: gli abiti diventano parole di una letteratura sul rapporto tra corpo e spazio. Per il designer non è un corpo oggettivato da segni e codici di riconoscimento del genere, ma è un corpo che agisce sull’abito e lo trasforma: una moda radicale, che valorizza l’interiorità di chi li indossa.

Yohji Yamamoto.
Letter to the Future
A cura di Alessio de′ Navasques
10·Corso·Como Galleria
16.5 – 31.7.2024
Tutti i giorni: 10.30 – 19.30
Ingresso libero

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La mostra “QUEEN UNSEEN / Peter Hince” incontra il genio artistico di Marco Nereo Rotelli in occasione della Milano Design Week 2024 con l’evento “Freddie’s Mirrors”

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Dal 16 al 21 aprile 2024, in occasione della Milano Design Week 2024, presso Fondazione Luciana Matalon e nell’ambito della mostra “Queen Unseen | Peter Hince” il mondo della musica e del design si contaminano in “Freddie’s Mirrors”, un progetto artistico di Marco Nereo Rotelli in cui le parole delle canzoni dei Queen diventano cifra espressiva impressa su specchi vintage.

Il 16 aprile alle 11.00 in programma la live performance inaugurale dell’artista.

Si moltiplicano le proposte per il pubblico per vivere in maniera sempre nuova l’esperienza della mostra “QUEEN UNSEEN | Peter Hince”, ospitata e prorogata dato il grande successo sino al 5 maggio presso la Fondazione Luciana Matalon di Milano.

Anche in occasione della Milano Design Week 2024, uno degli eventi artistici e mediatici più importanti al mondo, il viaggio nel mondo della celebre band raccontato attraverso le bellissime immagini inedite di Peter Hince, road manager e assistente personale di Freddie Mercury, e da rari oggetti e cimeli, non poteva che essere arricchito da una proposta originale per offrire al pubblico un’esperienza aggiuntiva.

Dalla contaminazione della musica anni ’70 e del design di quell’epoca attualizzato in chiave moderna nasce l’idea di “Freddie’s Mirrors”, un progetto artistico di Marco Nereo Rotelli che sarà protagonista presso la Fondazione Luciana Matalon dal 16 al 21 aprile, all’interno della Mostra già in essere e che è pensato come omaggio ai testi delle canzoni di una band così simbolica.

Il concept consiste in una serie di iconici specchi ad unghia vintage (il famoso modello progettato dall’architetto Rodolfo Bonetto), tutti diversi e disposti in un cerchio magico, che verranno personalizzati con alcune parole tratte dalle canzoni dei Queen, secondo la cifra stilistica che contraddistingue Rotelli, la scrittura di/segnata.

La creazione delle opere avverrà durante una live-performance di Rotelli in occasione della inaugurazione il 16 aprile alle ore 11.00: gli specchi rimarranno allestiti per tutta la durata della Design Week e potranno anche essere successivamente acquistati.

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