Eventi
Federico Solmi in conversazione con Lawrence Weschler

Giovedì 17 marzo, l’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Bologna ospita la prima conferenza aperta al pubblico del 2022, a cura di Carmen Lorenzetti. Alle ore 15, l’artista Federico Solmi converserà del proprio lavoro con il famoso giornalista e scrittore americano Lawrence Weschler, autore, tra le altre cose, del testo The butcher’s thread per il catalogo della prossima mostra personale di Solmi al Morris Museum, che analizza profondamente la carriera dell’artista, ricollegandone la produzione alla sua storia personale iniziata proprio a Bologna.
Federico Solmi, nato a Bologna nel 1973, vive a New York dal 1999. Le sue opere sono state ospitate in musei e biennali in tutto il mondo, diventando anche installazioni di arte pubblica come il video multicanale American Circus (2019) nella mitica Times Square a New York oppure una gigantesca proiezione all’Ocean Flower Island Museum nella provincia di Danzhou, in Cina. Utilizzando un’estetica satirica capace di ritrarre una visione distopica della società odierna, l’artista realizza installazioni articolate composte da una varietà di media tra cui video, pittura, disegno ma anche realtà virtuale e aumentata. Solmi usa la sua arte come veicolo per mettere in luce le contraddizioni e la fallibilità che caratterizzano il nostro tempo. Fondendo umorismo e senso del grottesco con le nuove tecnologie, crea una realtà carnevalesca in cui leader politici del passato e del presente vengono inseriti in un teatro assurdo senza tempo e trasformati in pupazzi animati da motion captures e altre tecniche digitali. In questo modo, l’artista esamina gli impulsi e i desideri umani inconsci per criticare l’ossessione della società occidentale per il successo individuale e analizzare le relazioni contemporanee tra nazionalismo, colonialismo, religione e consumismo. Una potente narrativa postcoloniale, di critica corrosiva del potere e di una società passiva, ridotta all’obbedienza, sottende tutta l’opera di Solmi, che mira a sovvertire narrative dominanti attraverso una comunicazione diretta e coinvolgente.
L’incontro tra Federico Solmi e Lawrence Weschler spazierà tra le influenze storico/artistiche che hanno influenzato la carriera dell’artista, fino all’esplorazione di nuovi media come la sua più recente produzione di NFT e realtà virtuale, spiegando ragioni e meccanismi di questo universo digitale la cui diffusione è oramai planetaria. Attualmente la ricerca di Solmi si è inoltre sviluppata su un nuovo affascinante filone riguardante il disegno: il reticolo virtuale e chiaro dello scheletro dei personaggi digitali viene riportato alla poetica analogica del disegno, operando un’inversione processuale della sua creazione artistica.
Federico Solmi (Bologna, 1973) è un artista multidisciplinare basato a New York dal 1999. Nel 2009 ha ricevuto il John Simon Guggenheim Memorial Fellowship della Fondazione Guggenheim di New York nella categoria di Video & Audio. Le sue opere fanno parte della collezione permanente di numerose istituzioni tra cui la Phillips Collection a Washington DC e il Block Museum of Northwestern University a Chicago. Il suo lavoro è stato incluso in diverse Biennali Internazionali, tra cui: Open Spaces: A Kansas City Arts Experience (2018), Beijing Media Art Biennale (2016), Frankfurt B3 Biennial of the Moving Image (2017-2015), Shenzhen Animation Biennial (2013) e SITE Santa Fe Biennial in New Mexico (2010). Dal 2016 al 2019 è stato visiting professor all’Università di Yale School of Drama, New Haven, CT. Ha partecipato alla mostra itinerante della Smithsonian National Portrait Gallery Outwin 2019: American Portraiture Today e la sua video installazione The Great Farce è stata presentata nell’ambito della mostra inaugurale dell’Ocean Flower Museum Island nella provincia di Danzhou, in Cina. Nel 2021 è stato protagonista delle mostre personali The Bacchanalian Ones alla galleria Luis De Jesus di Los Angeles e alla Galleria Kornfeld a Untitled Art Miami Beach. Dal 2016 al 2019 è stato visiting professor all’Università di Yale School Art and School of Drama, New Haven, CT. Per il 2022 è stato nominato Guest Critic alla Yale School of Art. Sta attualmente lavorando a due mostre personali al Block Museum di Northwestern University (2024), e al Morris Museum a Morristown nel New Jersey (2022).
Lawrence Weschler è stato giornalista per il periodico The New Yorker dal 1981 al 2001, dove il suo lavoro alternava tragedie politiche e commedie culturali. Dal 2001 al 2014 è stato direttore, ora emeritus, del New York Institute for the Humanities a NYU. Ha collaborato regolarmente, tra gli altri, con The New York Times, Vanity Fair, The Atlantic, Harper’s, McSweeney’s, The Believer, ed è autore di oltre 20 libri, tra cui Seeing is Forgetting the Name of the Thing One Sees; Mr Wilson’s Cabinet of Wonder; Vermeer in Bosnia; A Miracle, A Universe: Settling Accounts with Torturers; Domestic Scenes: The Art of Ramiro Gomez; True to Life: Twenty-Five Years of Conversations With David Hockney e And How Are You, Doctor Sacks?, una memoria biografica della sua trentennale amicizia con il neurologo Oliver Sacks. Weschler è stato candidato al Premio Pulitzer.
Gli incontri nell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti sono aperti al pubblico – fino a esaurimento posti – senza prenotazione, con green pass rinforzato obbligatorio e mascherina FFP2.
Accademia di Belle Arti di Bologna
Via delle Belle Arti, 54, Bologna
www.ababo.it
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Eventi
Torna il mood del giappone ovvero il giapponismo della moda nel nuovo libro presentato a Milano

Published
1 mese agoon
19 Aprile 2022
Docente e studiosa di storia della moda, come recita il comunicato stampa “Laura Dimitrio ha compiuto studi specifici sul giapponismo e sulla moda italiana del Novecento. Tra le sue pubblicazioni vi sono saggi sul giapponismo italiano, sui costumi per la prima rappresentazione di Madama Butterfly e sulla condizione di lavoro delle sarte nel XX secolo“. Torna insomma quello che negli anni si è definito il “mood del Giappone” in questo bellissimo libro dal titolo evocativo “Non solo Kimono. Come il Giappone ha rivoluzionato la moda italiana” e che getta nuova luce non solo sulla moda italiana da una prospettiva totalmente inedita (tra influenze e suggestioni orientali) ma anche innescando una sorta di racconto e flusso di evocazioni tra arte abbigliamento e stoffe, colori e tagli che rendono la moda di cui si occupa non solo oggetto di studio riguardo alla influenza sul costume del Giappone nella moda italiana che ha generato, ma percorrendo ben oltre quattro secoli di storia tra emozioni, episodi e retroscena da “dietro le quinte” dagli anni 60 ad oggi. 50 anni di mood del Giappone come una sorta di cartina geografica che racconta curiosità ed aneddoti di stilisti di ieri e di oggi. Non a caso si è scelto Gisella Borioli, signora della editoria di moda in Italia (tra i tanti Vogue e Donna), per raccontare, declinando , questo viaggio; rendendo la coppia Borioli-Lucchini testimoni in modo diretto (come la realtà di Stuperstudiopiu dimostra da anni) , dei cambiamenti del mondo della fashion-art e dei suoi protagonisti in un mondo contemporaneo sempre più multi sfaccettato. Inoltre il volume vanta la prefazione di Akiko Fukai, direttrice e Curator Emeritus del Kyoto Costume Institute, insomma, massima esperta del giapponismo nella moda.
Andare insomma oltre la moda, nel mood del Giappone, perchè, come recita il comunicato stampa che rende questo libro di Skira un piccolo capolavoro : “quando si considera l’abbigliamento giapponese, il pensiero corre subito al kimono, che ha riscosso uno straordinario successo in Europa e in Italia fin dal tardo Ottocento. Da allora il suo taglio e i suoi motivi decorativi sono diventati fonte di ispirazione per gli stilisti desiderosi di proporre abiti con forme e decorazioni sconosciute alla tradizione sartoriale occidentale. Ma il kimono non è stato l’unico aspetto della moda nipponica a rivoluzionare lo stile italiano. A partire dagli anni Settanta, i fashion designer giapponesi d’avanguardia (Kenzo Takada, Issey Miyake, Yohji Yamamoto e Rei Kawakubo) con i loro abiti informi e asimmetrici hanno sovvertito i tradizionali canoni estetici e sono diventati un punto di riferimento anche in Italia per i creatori di moda anticonformisti. Tra la fine del Novecento e l’inizio del nuovo millennio si sono poi diffuse in Italia le subculture giapponesi, dalla moda kawaii ai cosplayers, alle Lolita“.
Un libro, quello edito da Skira Editore davvero molto ben fatto. A partire della ricchezza dell’apparato iconografico corredato da immagini di riviste di moda, ma anche di bozzetti e da bellissime fotografie. Il tutto proveniente da archivi di case di moda e da musei del settore. Torna il mood del Giappone ovvero il giapponismo della moda? Forse. Ed il nuovo libro presentato a Milano ne è il più valido esempio.di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it
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Giovedì 12 maggio 2022 apre al pubblico Fuori Terra, mostra personale di Mattia Pajè a cura di Giovanni Rendina, ospitata nelle suggestive sale di Palazzo Vizzani, sede dell’associazione Alchemilla di Bologna. Promossa da Istituzione Bologna Musei | MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna e da Alchemilla, in collaborazione con Associazione BOCA e Gelateria Sogni di Ghiaccio, l’esposizione è parte del main program della decima edizione di ART CITY Bologna, il programma istituzionale di mostre, eventi e iniziative speciali promosso dal Comune di Bologna in collaborazione con BolognaFiere in concomitanza di Arte Fiera.
Fuori Terra è un gruppo scultoreo composto da figure umanoidi immerse in un ambiente installativo. Le sculture, modellate in resina bicomponente, sono organizzate in modo da formare diversi elementi aneddotici, leggibili come una cosmogonia creata dall’artista a partire da due alfabeti visivi: l’estetica new age e quella della televisione commerciale. Lo spazio nel quale sono installate è punteggiato da objet-trouvé, selezionati e dislocati dall’artista a seguito delle sue sperimentazioni su prodotti coinvolti nelle pratiche spirituali e pseudoscientifiche (con fini curativi, di crescita personale e di sviluppo di abilità paranormali), e di una serie di visite agli archivi televisivi che conservano allestimenti e scenografie. L’ambiente in cui gli oggetti sono inseriti è raccordato tramite l’utilizzo di argilla cruda che, applicata come isola di sostegno, permette ai nuclei scultorei di emergere da uno stesso indistinto strato grigio.
L’esposizione si sviluppa a partire dall’interesse dell’artista verso il concetto di verità. Il progetto volge uno sguardo particolare all’emersione di nuovi regimi di verità, rintracciabili a partire dai contenuti che popolano i social network, legati alla ripresa di tematiche “magiche” e teorie del complotto. Lo sgretolamento del fronte mainstream di informazione, che un tempo era animato principalmente da giornali e televisione, ha infatti lasciato posto sulle piattaforme online ad una molteplicità di teorie e forme di sapere esoteriche, spesso in antitesi rispetto al pensiero scientifico. Questo tipo di attenzione si incrocia con la pratica del disegno, che l’artista ha portato avanti durante i mesi di isolamento. La congiunzione che ne deriva, prende forma con l’opera installativa Fuori Terra, all’interno della quale l’artista presenta episodi mitici, riproducendo la pratica museale del diorama. Questa scelta espositiva è determinata dalla volontà di creare tensione tra l’aspetto educativo-scientifico e quello maggiormente legato all’intrattenimento. Il diorama, infatti, riproduce simbolicamente porzioni del mondo naturale sintetizzandone gli elementi e, pur ricalcando una prassi classificatoria e scientifica, presenta aspetti fortemente ludici e scenografici.
Giovedì 12 maggio alle ore 10.30, Mattia Pajè sarà uno dei quattro artisti protagonisti del ciclo ARTALK CITY. Incontri in Accademia con gli artisti del Main Program, promosso dall’Accademia di Belle Arti di Bologna in occasione di ART CITY Bologna 2022. L’artista dialogherà con Giovanni Rendina e Guido Molinari, in un incontro aperto al pubblico che si terrà in Aula Magna ad ingresso libero fino a esaurimento posti.
Alchemilla è un’associazione culturale che sostiene la ricerca, la sperimentazione e la produzione in ambito artistico, mettendo in relazione le figure professionali coinvolte, con particolare riguardo e cura verso i giovani talenti. Il suo spazio è pensato per ospitare artisti, curatori, performer e intellettuali, attraverso residenze e progetti espositivi. Ha sede a Palazzo Vizzani, tra gli edifici più significativi del Cinquecento bolognese, edificato fra il 1559 e il 1566 su iniziativa di Elisabetta Bianchini, vedova di Camillo Vizzani, poi ampliato nel 1732 dal Cardinale Lambertini, arcivescovo di Bologna e futuro Papa Benedetto XIV.
Con il contributo di: Zunarelli – Studio Legale Associato e Z&C International s.r.l.
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Eventi
Il mood dell’arte contemporanea come arte di prossimità al MiArt

Published
1 mese agoon
11 Aprile 2022
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