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Il mood dell’arte come “open talk” tra Pop Art e Surrealismo conclude la mostra Lego a Milano in due (o tre dimensioni)

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Il fluido e l’aereo insieme. Il percorso della mostra presso la Fabbrica del Vapore, iniziava con esercizi di abilità di un uomo-artista curioso che si divertiva a creare e giocare con i mattoncini della LEGO e testimoniava la voglia di non smettere di giocare con questi fantastici mattoncini dell’infanzia: i lego appunto, al fine di emozionarsi. L’americano Nathan Sawaya, è spesso da molti definito un genio e non solo per la sua bravura: un avvocato che rivoluziona la sua vita per inseguire un suo sogno diventando, se non un artista, un realizzatore di opere emozionali intense ed apprezzatissime. Ma il fascino del potenziale di giocare con LEGO per trarne emozioni personali, non si esaurisce qui. In questi giorni infatti la mostra per la sua ultima settimana milanese è diventata un vero e proprio caleidoscopio di iniziative con un quadro di eventi collaterali ad essa collegate incredibile e fortemente legate alla collettività.
Un’esposizione che non solo quindi ha unito esempi di pop art (e surrealismo) con ben oltre 100 opere realizzate con maestria ma che dal 1 al 5 febbraio 2017 ha visto svolgersi una vera e propria “open talk” aperta alla cittadinanza con addirittura una maratona notturna (conclusasi alle cinque del mattino) , una vera e propria notte bianca con happening e serate aperitivo, dei workshops -con open lesson per adolescenti- oltre a mostre fotografiche sul valore dell’arte terapeutica nelle carceri, in particolare quello di Bollate e su detenuti in prevalenza albanesi.
Entra quindi dirompente in questo emotional “mood” collaterale, la possibilità di vivere una mostra sicuramente bella e che sta girando tutto il mondo,ma anche il tema delle emozioni più profonde dell’uomo in quanto tali. Alla ricerca di un ascolto attivo di sè e degli altri attraverso l’arte terapeutica.
L’esperienza personale come modo di guardare l’arte della pop art e del surrealismo dell’artista americano che ha relizzato le opere della mostra The Art of the Brick ma dando la straordinaria opportunità di evidenziare come l’arte diventi quasi sempre un’esperienza di opera collettiva e quindi, corale, spesso utile ad una società.
Il mood espresso, quasi rinascimentale, evoca la testimonianza di socialità dell’arte come ulteriore specchio di una condizione umana “fluida” di questi tempi sempre più difficili. Inoltre, proprio grazie alla mostra, articolata tra le altre, nelle due sezioni, tra cui quella chiamata “Espressione umana” e “Condizione umana” diventa materia viva per ciascun partecipante. Come recita il comunicato stampa della mostra degli scatti in bianco e nero frutto del laboratorio fotografico di Leonida De Filippi presso il Carcere di Bollate ed in mostra dall’1 al 5 Febbraio 2017 sempre alla Fabbrica del Vapore: “le immagini di Eyes Up, sono scatti dai forti contrasti del bianco e nero, i dettagli multicolore dei tessuti sono prosecuzione dei Bricks, espressione di un’idea senza confini che abbraccia l’intera espressione di condizione umana nella sua ampiezza“. Da segnalare, sempre per l’evento collaterale della mostra “Eyes Up / Human Condition“, il dialogo con un arazzo di cinque metri e un Mandala di tessuto.
Concludendo, l’esperienza milanese della mostra forse offre spunti per una riflessione che è anche una sintesi che si esprime cosi forte , proprio attraverso percorsi emozionali tra aperitivi, notti bianche e visite notturne: rendere (forse) l’arte più accessibile ed a portata di mano (esattamente come l’esperienza dei mattoncini LEGO) perchè l’arte è nella vita di tutti i giorni ed è di tutti. Siamo quindi tutti artisti? E giusto democratizzare l’arte? Sta di fatto che la mostra, The Art of The Brick, al suo secondo anno in Italia dopo essere stata lo scorso anno a Roma, ha reso la leggenda dei mattoncini più famosi del mondo accessibile ad un’intera comunità metropolitana come quella milanese, con enorme successo. Quasi che il mood delle “open talk” tra Pop Art e Surrealismo concludesse “emozionalmente” non solo una bella mostra sui Lego a Milano ma un ascolto attivo di se stessi, in due (o tre) dimensioni. E quando l’uomo lo fa realizzando emozioni per il bene comune attraverso l’arte, tanto meglio.

di Cristina T.Chiochia per DailyMood.it

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Yumi Karasumaru Yumi’s New School – ユミの新しい学校

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Venerdì 10 maggio 2024 alle ore 19, a Palazzo Vizzani, sede dell’associazione bolognese Alchemilla, apre al pubblico Yumi’s New School – ユミの新しい学校, mostra personale di Yumi Karasumaru, a cura di Roberto Pinto.

Il progetto Yumi’s New School, è stato cucito su misura sulla figura dell’artista, per svelare alcuni degli aspetti più significativi del suo lavoro. Nel percorso artistico di Yumi Karasumaru si intrecciano la relazione con le sue radici, il Giappone, e il suo approdo in Italia. Proprio questa distanza con la sua cultura di provenienza le ha permesso di ripercorrere ricordi, memorie, drammi personali e collettivi, riti e abitudini del Paese del Sol Levante, senza cadere nella trappola della retorica o del celebrativo, ma con uno sguardo interrogativo e conoscitivo. Nelle sue opere –quadri, disegni e performance – troviamo la necessità di creare un dialogo con gli spettatori attraverso una contaminazione tra “Storia” e storie personali, tra collettivo, pubblico, e l’intimo, il privato.

Con Yumi’s New School, l’artista vuole ulteriormente assottigliare la distanza con il pubblico costruendo un’esperienza condivisa, attraverso due distinte performance ma anche trasformando una parte dello spazio espositivo in un suo studio temporaneo in cui i visitatori saranno invitati a lavorare accanto a lei per tutta la durata della mostra, condividendo i processi ideativi e realizzativi. La performance inedita che si potrà vedere in occasione dell’inaugurazione del 10 maggio, Pro-Memoria di Onoda – l’ultimo samurai, si incentra sull’incredibile esperienza di Hiroo Onoda, soldato giapponese, rimasto per quasi trenta anni nella giungla di una sperduta isola nell’arcipelago delle Filippine, credendo che la seconda guerra mondiale non fosse finita. La performance che sarà presentata il 22 maggio, The Double Pop Songs, è frutto di una selezione di canzoni pop giapponesi, denudate dalla musica, le cui parole saranno proiettate sul corpo dell’artista in kimono bianco, come fosse uno schermo.

Due sale verranno allestite con una serie di dipinti: la prima comprenderà una decina di lavori selezionati dalla vastissima serie “Facing Histories” realizzata nel 2015, in occasione dell’anniversario dell’esplosione atomica di Hiroshimae e Nagasaki; nella seconda sala troveranno spazio alcuni lavori di medie dimensioni su tela e su carta della nuova serie “Learning from the past”, ispirata all’arte giapponese del periodo Edo. Una terza sala sarà dedicata alla proiezione dei video delle performance realizzate dall’artista durante la sua carriera.
Una quarta sala, infine, ospiterà il suo atelier temporaneo, un laboratorio aperto a tutti il cui l’obiettivo è di lavorare insieme, discutere, offrire il proprio sguardo e accogliere lo sguardo altrui. Si potrà, dunque, assistere al processo di realizzazione di un’opera dell’artista, per capire dall’interno la sua poetica, e anche provare a disegnare accanto a lei.

Performance:
10 maggio, ore 21
Pro-Memoria di Onoda – l’ultimo samurai
22 maggio, ore 20 e 21 (necessaria la prenotazione)
The Storyteller – il narratore, The Double Pop Songs

Incontri:
16 maggio, ore 18, con Roberto pinto
23 maggio, ore 18, con Uliana Zanetti
30 maggio, ore 18, con Igort

Yumi Karasumaru Yumi’s New School – ユミの新しい学校
a cura di Roberto Pinto
10 maggio – 1 giugno 2024
Opening: venerdì 10 maggio, ore 19-22
Alchemilla, Palazzo Vizzani
Via Santo Stefano 43, Bologna

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10·Corso·Como e Yohji Yamamoto annunciano la mostra Yohji Yamamoto. Letter to the future

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Per la prima volta in Italia uno speciale progetto espositivo dell’emblematico designer.
10·Corso·Como Galleria, 16.5 – 31.7.24

Nel nuovo capitolo di 10·Corso·Como, secondo la visione di Tiziana Fausti, lo spazio espositivo della Galleria continua la sua programmazione dedicata alla cultura della moda con un progetto speciale del designer che ne ha provocato e ispirato estetiche e immaginari: Yohji Yamamoto. Conosciuto come il poeta del nero, fin dall’inizio della sua carriera, il lavoro di Yamamoto è stato riconosciuto per aver sfidato le convenzioni dello stile. Le sue collezioni hanno ridefinito l’idea di bellezza, sovvertendo gli stereotipi, alla ricerca di una nuova geografia del corpo e di una silhouette universale.

Presentato da 10·Corso·Como e Yohji Yamamoto, il progetto curato da Alessio de’Navasques – curatore e docente di Fashion Archives presso Sapienza Università di Roma – raccoglie un dialogo tra capi iconici di sfilata, collezioni recenti e future, in un climax ascendente e immersivo. Dal 16 Maggio al 31 Luglio 2024 negli spazi della Galleria saranno protagonisti gli abiti in un flusso dove ogni forma, taglio e geometria, trasmette un’idea di futuro e oltre il tempo.

La luminosità della rinnovata Galleria di 10·Corso·Como – ritornata alla sua essenza di spazio industriale – evoca un allestimento puro e lineare, per restituire un’infinita e universale, misteriosa bellezza. In un percorso concepito come un’unica installazione, è chiaro il messaggio di Yohji Yamamoto a Milano e all’Italia, come luogo della creatività per antonomasia. “Io voglio disegnare il tempo” aveva affermato nell’idea di continuità tra passato e presente, che ha condiviso in tutta la sua carriera. Il percorso espositivo indaga l’opera dello stilista che ha fatto della poesia degli abiti strutturati, ma eterei, tagliati e riassemblati – dove penetra lo spazio dei nostri pensieri, delle nostre emozioni – la sua firma di riconoscimento.

Una dichiarazione sul senso universale della forma attraverso i colori assoluti del bianco, del nero e del rosso: gli abiti diventano parole di una letteratura sul rapporto tra corpo e spazio. Per il designer non è un corpo oggettivato da segni e codici di riconoscimento del genere, ma è un corpo che agisce sull’abito e lo trasforma: una moda radicale, che valorizza l’interiorità di chi li indossa.

Yohji Yamamoto.
Letter to the Future
A cura di Alessio de′ Navasques
10·Corso·Como Galleria
16.5 – 31.7.2024
Tutti i giorni: 10.30 – 19.30
Ingresso libero

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La mostra “QUEEN UNSEEN / Peter Hince” incontra il genio artistico di Marco Nereo Rotelli in occasione della Milano Design Week 2024 con l’evento “Freddie’s Mirrors”

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Dal 16 al 21 aprile 2024, in occasione della Milano Design Week 2024, presso Fondazione Luciana Matalon e nell’ambito della mostra “Queen Unseen | Peter Hince” il mondo della musica e del design si contaminano in “Freddie’s Mirrors”, un progetto artistico di Marco Nereo Rotelli in cui le parole delle canzoni dei Queen diventano cifra espressiva impressa su specchi vintage.

Il 16 aprile alle 11.00 in programma la live performance inaugurale dell’artista.

Si moltiplicano le proposte per il pubblico per vivere in maniera sempre nuova l’esperienza della mostra “QUEEN UNSEEN | Peter Hince”, ospitata e prorogata dato il grande successo sino al 5 maggio presso la Fondazione Luciana Matalon di Milano.

Anche in occasione della Milano Design Week 2024, uno degli eventi artistici e mediatici più importanti al mondo, il viaggio nel mondo della celebre band raccontato attraverso le bellissime immagini inedite di Peter Hince, road manager e assistente personale di Freddie Mercury, e da rari oggetti e cimeli, non poteva che essere arricchito da una proposta originale per offrire al pubblico un’esperienza aggiuntiva.

Dalla contaminazione della musica anni ’70 e del design di quell’epoca attualizzato in chiave moderna nasce l’idea di “Freddie’s Mirrors”, un progetto artistico di Marco Nereo Rotelli che sarà protagonista presso la Fondazione Luciana Matalon dal 16 al 21 aprile, all’interno della Mostra già in essere e che è pensato come omaggio ai testi delle canzoni di una band così simbolica.

Il concept consiste in una serie di iconici specchi ad unghia vintage (il famoso modello progettato dall’architetto Rodolfo Bonetto), tutti diversi e disposti in un cerchio magico, che verranno personalizzati con alcune parole tratte dalle canzoni dei Queen, secondo la cifra stilistica che contraddistingue Rotelli, la scrittura di/segnata.

La creazione delle opere avverrà durante una live-performance di Rotelli in occasione della inaugurazione il 16 aprile alle ore 11.00: gli specchi rimarranno allestiti per tutta la durata della Design Week e potranno anche essere successivamente acquistati.

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