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Quello che c’è da sapere su Venezia 79.

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Questo è un anno celebrativo per il Festival di Venezia: La Biennale celebra i 90 anni del più antico festival del cinema al mondo, la cui prima edizione si svolse dal 6 al 21 agosto del 1932 sulla terrazza dell’Hotel Excelsior al Lido.

Le novità della 79° edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, che si terrà dal 31 agosto al 10 settembre, sono state svelate dal Presidente della Biennale Roberto Cicutto e Alberto Barbera, Direttore Artistico della kermesse veneziana durante la conferenza stampa di presentazione in diretta streaming dalla sede della Biblioteca dell’Archivio Storico della Biennale.

I film
A contendersi il Leone d’Oro quest’anno una lista di film e di autori davvero entusiasmante. Sono ventitre i film in concorso per il Leone d’Oro, di cui cinque dal titolo tricolore.

Se ne parla da mesi e approderà al festival lagunare il film Blonde di Andrew Dominik con Ana De Armas ad interpretare Marilyn Monroe.

Love Life di Koji Fukada, uno dei più grandi registi del cinema giapponese contemporaneo e già premiato a Cannes per lo straordinario Harmonium e il nuovo film di Todd Field, Tar con una formidabile Cate Blanchett nei panni di una direttrice d’orchestra.

Grande curiosità anche riguardo alla pellicola del visionario Alejandro G. Iñárritu, “Bardo, False Chronicle of a Handful of Truths”, una commedia nostalgica, descritto come il film più personale del regista, che racconta la storia di un giornalista e documentarista messicano che attraversa una crisi esistenziale.

Tanto cinema francese incentrato sul dramma, tra cui Saint Omer di Alice Diop, una storia carica di emozioni quella tra una madre e una figlia in difficoltà; e Athena del francese Romain Gavras, un dramma sociale ambientato in una metropoli parigina, racconta di una rivolta popolare in seguito all’omicidio di un giovane immigrato.

Infine, ci saranno autori e autrici che giocheranno in casa: alla regia il famosissimo Luca Guadagnino con una produzione italo-americana, “Bones And All”, che vanta un cast eccezionale, da Timothèe Chalamet, passando per Taylor Russell fino ad arrivare a Michael Stuhlbarg.

Guadagnino racconta i margini della società attraverso gli occhi dei protagonisti Maren e il solitario Lee, giovani innamorati alle prese con un viaggio on the road dai toni horror.

 “Il signore delle formiche” di Gianni Amelio invece racconta la storia umana e giudiziaria del drammaturgo e poeta Aldo Braibanti, interpretato da Luigi Lo Cascio.

Altra pellicola ambientata nel passato, più precisamente in una Roma degli anni ’70, sospesa tra conquiste sociali e vecchi modelli di famiglia, ‘L’immensità‘ di Emanuele Crialese, con Penelope Cruz che dà vita al personaggio di Clara, protagonista di questo film dal genere drammatico.

Gli altri due film in gara sono ‘Chiara‘ di Susanna Nicchiarelli, film biografico, storia della santa d’Assisi interpretata da Margherita Mazzucco e ‘Monica’ di Andrea Pallaoro, una storia che esplora “la complessità della dignità umana, le conseguenze profonde del rifiuto e le difficoltà nel guarire le proprie ferite”, come dichiarato dal regista.

Per quanto riguarda, invece, le altre sezioni della kermesse, diciannove sono i film Fuori Concorso, tra cui “Siccità” di Paolo Virzì, una commedia corale dai toni tragici non molto distante dalla realtà, che ipotizza un futuro prossimo dove l’acqua scarseggia mostrandone le terribili conseguenze.

Fuori concorso compare anche il thriller “Don’t Worry Darling” di Olivia Wilde con protagonista la sua nuova fiamma, Harry Styles. Mentre nella sezione Orizzonti troviamo “Ti mangio il cuore” di Pippo Mezzapesa con Elodie in veste di attrice per la prima volta.

Non mancheranno i documentari, tra cui “Nuclear” di Oliver Stone e “Winter on Fire: Ukraine’s Fight for Freedom” diretto dal regista israeliano Afineevsky, il racconto di un popolo che ha lottato per la libertà, oggi purtroppo pericolosamente minacciata.

Annunciata inoltre la sezione Venezia Classici, dedicata ai documentari sulla storia del cinema, e il film e i cortometraggi della 37esima Settimana internazionale della Critica.

In concorso in questa sezione Sergio Leone – “L’italiano che inventò l’America”, docufilm prodotto diretto da Francesco Zippel.

Sarà White Noise di Noah Baumbach ad alzare il sipario di questa 79° edizione di Venezia.

Il film di apertura è un adattamento di un romanzo dello scrittore statunitense Don DeLillo.

Grandi aspettative sul film di Baumbach, definito da Barbera “un’opera originale, ambiziosa e avvincente, che gioca con equilibrio su più registri: drammatico, ironico, satirico. Il risultato è un film che esamina le nostre ossessioni, i nostri dubbi e le nostre paure riprese negli anni Ottanta ma con chiari riferimenti alla contemporaneità”.

La proiezione ufficiale della pellicola sarà il 31 agosto nella sala Grande del Palazzo del Cinema e sarà la prima volta in cui la Mostra viene aperta da un titolo prodotto Netflix.

Chiusura in thriller con il film presentato fuori concorso, “The Hanging Sun – Sole di mezzanotte”, tratto dall’omonimo bestseller di Jo Nesbø e diretto da Francesco Carrozzini con protagonista Alessandro Borghi.

Come ha spiegato in conferenza stampa il direttore artistico Alberto Barbera, “è girato tutto in inglese nel nord della Norvegia”.

Gli ospiti
Star e ospiti attesissimi calcheranno il red carpet: al lido approderanno star internazionali tra le quali Adam Driver (“White Noise”), Harry Styles, Chris Pine e Olivia Wilde (“Don’t worry darling”) Cate Blanchett (“Tàr”), Hugh Jackman, Ana de Armas, Penelope Cruz (“En los màrgenes” e “L’Immensità”), Catherine Deneuve, Timothée Chalamet (“Bones and All”), Anthony Hopkins (“The Son” di Florian Zeller) e Colin Farrell (“The banshees of Inisherin” di Martin McDonagh).

Presenti anche Elodie (“Ti mangio il cuore di Pippo Mezzapesa) e Michele Bravi (per Amanda, di Carolina Cavalli), oltre alle stelle del cinema italiano, Alessandro Borghi, Padrino della 74esima edizione del Festival.

I Leoni d’Oro alla carriera del Festival di Venezia 2022 saranno assegnati all’attrice francese Catherine Deneuve e a Paul Schrader, regista e sceneggiatore americano.

La madrina della cerimonia di apertura e di chiusura della Mostra sarà l’attrice, conduttrice televisiva, e modella spagnola Rocío Muñoz Morales.

La giuria

Julianne Moore è stata nominata presidente della giuria del concorso della 79esima edizione del Festival di Venezia. Assieme a lei, in giuria vi saranno Mariano Cohn (regista, sceneggiatore e produttore), Leonardo Di Costanzo (regista e sceneggiatore), Audrey Diwan (regista), Leila Hatami (attrice), Kazuo Ishiguro (scrittore e sceneggiatore), Rodrigo Sorogoyen (regista, sceneggiatore e produttore).

La giuria del concorso assegnerà il Leone d’Oro per il miglior film e gli altri premi ufficiali del concorso: Gran Premio della Giuria, Leone d’Argento – Premio per la migliore regia, Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile, Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile, Premio Speciale della Giuria, Premio per la migliore sceneggiatura, Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente.

Venezia79: “una finestra aperta sul mondo”, sottolinea il direttore Alberto Barbera

«I festival sono finestre aperte sul mondo. La finestra di Venezia79 non può certamente ignorare ciò che accade sotto i nostri occhi. Sono cose che preferiremmo non vedere, come la guerra in Ucraina, gli arresti dei cineasti in Iran, o la condanna alla produttrice turca condannata per un documentario che non è mai stato realizzato. Il festival annuncerà delle iniziative in merito, perché i festival non sono delle bolle chiuse che non guardano la realtà».

È un cinema più cupo quello che popola questa edizione, e forse non potrebbe essere diversamente, dai grandi toni drammatici e storie esistenziali.

Le commedie sono limitate, come se la pesantezza del clima attuale si sia espressa in un incupimento tematico e di toni.

Un programma molto vario quello di quest’anno quindi, che accosta ad un cinema più commerciale, storie più intime, familiari e personali dando spazio a riflessioni sociali e politiche che è necessario portate all’attenzione del grande pubblico.

Credit Images: Asac – La Biennale di Venezia

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Un colpo di fortuna: Woody Allen gira il suo nuovo Match Point a Parigi

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“È la vita. Vorremmo poter controllare tutto ma controlliamo molto poco”. Ricordate la pallina da tennis di Match Point? Arrivata sulla rete, poteva cadere da un lato o dall’altro. Il caso, così, poteva determinare la vittoria o la sconfitta. È ancora il caso, il fato, la fortuna uno dei temi portanti del nuovo, sorprendente film di Woody Allen, Un colpo di fortuna (Coup de chance), presentato fuori concorso alla 80a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e in arrivo nelle sale italiane il prossimo 6 dicembre. Ricordate? A quella pallina poi corrispondeva un anello, che, battendo sul parapetto che si affacciava sul Tamigi, poteva cadere da una parte o dall’altra, determinando le sorti della vita del protagonista. Anche Coup de chance parla dell’importante ruolo che il caso e la fortuna giocano nelle nostre vite. Siamo insomma dalle parti di Match Point, un film che in tanti abbiamo amato moltissimo. E ameremo anche questo.

Fanny (Lou De Laâge) e Jean (Melvil Poupaud) sembrano la coppia di sposi ideale: sono entrambi realizzati professionalmente, vivono in un meraviglioso appartamento in un quartiere esclusivo di Parigi, e sembrano innamorati come la prima volta che si sono incontrati. Ma quando Fanny s’imbatte accidentalmente in Alain (Niels Schneider), un ex compagno di liceo, perde la testa. Presto si rivedono e diventano sempre più intimi…

La prima cosa che colpisce in Un colpo di fortuna sono due dei tre protagonisti: luminosi, intriganti, sono loro che ci tirano dentro la storia del film. Lou De Laâge ha un volto seducente, che cattura immediatamente. Ha un sorriso irresistibile, smagliante, che si apre e ti apre il cuore. Sorride con la bocca, ma anche con gli occhi, con quelle piccole rughe che si formano quando esprime la sua gioia. Anche Niels Schneider ha quegli occhi che ridono, con quelle grinze che si formano sul volto. Quei suoi ricci scomposti, quella faccia da schiaffi che alle donne piace tanto: il suo Alain sembra fatto apposta per conquistare. Gli occhi di un blu intenso e i capelli biondo miele di lei, prima raccolti e poi sciolti. Le giacche di velluto e il fascino bohemienne dell’artista lui. È il sogno di una vita diversa, il what if e le sliding doors, quel pensare a cosa sarebbe successo se… Tutto questo lo vediamo già nella prima scena, in quell’incontro casuale tra due persone che non si vedono da anni e che avevano qualcosa di pregresso e non detto. La magia di un incontro, la tensione erotica, la chimica tra i due personaggi (e ovviamente tra i due attori) è palpabile ed evidente.

Ma questa storia, coinvolgente e avvolgente, sinuosa e sensuale, è ancora più preziosa perché è ammantata dalla luce magica di Vittorio Storaro. Che aveva fatto un grande lavoro già nei precedenti film di Allen, come La ruota delle meraviglie (ricordate la luce sui capelli di Kate Winslet?) e Un giorno di pioggia a New York, ma qui è andato ancora oltre. Non c’è un’inquadratura in cui non si veda la sua mano speciale. Soprattutto negli interni. Guardate la casa di Fanny e Jean, quella luce color cipria e dorata così quotidiana eppure così particolare. Le luci degli interni arrivano da varie fonti: dalle finestre che danno all’esterno, dalle abat jour all’interno dell’appartamento. Ma fate attenzione anche a quando Fanny è nella mansarda di Alain, a quella luce che entra da un lucernario e si posa, dorata, sui capelli di Lou De Laâge, ma solo da un lato.

Il risultato di tutti questi elementi è un film leggero, jazzato, come la colonna sonora su cui le immagini volano, che si segue con grande piacere. È caratterizzato da un’ironia leggerissima, appena accennata, e non la solita comicità alleniana fatta di quei dialoghi fitti che ti lasciano senza respiro. “Mi sento troppo in colpa a mentirgli, ma gli mento lo stesso” è una delle battute che, quando arrivano, strappano un sorriso. Tutto questo rende leggiadro un film che in fondo parla di amore e morte, di attrazione e senso di colpa, di caso e scelte, destino e determinazione, delitto e castigo.

È quando, a metà del film, Jean (un freddo e machiavellico Melvil Poupaud) comincia a pensare che non vuole lasciare nulla al caso, vuole scegliere lui il suo destino, e per questo prende delle decisioni molto forti, che arriviamo dalle parti di Match Point. “La fortuna io la costruisco”, dice Jean deciso.  Ma proprio la fortuna, a un certo punto, gli causerà quello che si dice un brutto tiro. E torniamo a quella pallina da tennis di Match Point, che poteva cadere da una parte o dall’altra della rete, o quell’anello, che poteva cader da una parte all’altra del parapetto che dava sul Tamigi. Così, un colpo di fucile può partire in una direzione, ma può anche arrivare da un’altra. È un colpo di fortuna, un coup de chance.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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Prendi il volo: il perfetto film per famiglie di Natale arriva prima… volate al cinema!

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C’era una volta un brutto anatroccolo. Ok, questa la conoscete già, ed è anche un’altra storia. Questa è quella dell’anatroccolo annoiato, Dax, un adolescente che è stufo della solita vita nel suo stagno e, come è giusto, ha voglia di scoprire il mondo. Ma i suoi genitori, soprattutto il papà, tenta tutto per dissuaderlo, raccontando di storie spaventose che potrebbero accadere una volta lasciata la rassicurante casa. Ricordate? Era quello che facevano altri famosi padri di fortunati film d’animazione. Lo faceva il padre di Vaiana di Oceania, e anche il nostro caro Marlin con il piccolo Nemo in Alla ricerca di Nemo. Genitori protettivi e dove trovarli. In fondo, siamo così anche noi e li capiamo bene. Per questo Prendi il volo, il nuovo film della Illumination Entertainment (i creatori di Cattivissimo Me, dei Minions e di Pets), che arriva al cinema il 7 dicembre (con alcune anteprime il 2 e il 3) è un perfetto film per famiglie, in cui tanti potranno riconoscersi. È anche il perfetto film di Natale, ma da noi in Italia esce prima. Per cui correte a vederlo. Anzi, volate!

La famiglia Mallard è intrappolata nella sua routine. Mentre papà Mack è felice di mantenere la sua famiglia al sicuro navigando all’infinito nel loro stagno del New England, mamma Pam è intenzionata a dare una scossa alla loro vita e mostrare ai loro figli – l’adolescente Dax e la giovane papera Gwen – il mondo intero. Dopo che una famiglia di anatre migratorie si posa sul loro stagno raccontando entusiasmanti storie di luoghi lontani, Pam convince Mack a intraprendere un viaggio di famiglia, passando per New York City, fino alla Jamaica tropicale. Man mano che i Mallard si dirigono verso sud per l’inverno, i loro piani ben architettati vanno rapidamente in rovina. L’esperienza li stimolerà a espandere i loro orizzonti, ad aprirsi a nuovi amici, a realizzare più di quanto avessero mai immaginato, ma soprattutto insegnerà loro più cose sull’altro – e su se stessi – di quanto avessero mai pensato.

Volate al cinema, allora, a vedere questo film. Vi ritroverete in una storia in cui ci sono delle tipologie ricorrenti, nelle famiglie come in tanti film. C’è il figlio maschio, il più grande, adolescente o preadolescente, che si innamora per la prima volta. C’è la figlia più piccola, ancora bambina, una piccola peste affettuosa e adorabile che abbraccia tutti e dice “ti preeego” irresistibile. C’è il papà ansioso e protettivo. E la mamma che, in un ribaltamento dei ruoli che rispecchia i nostri tempi, a volte è più coraggiosa di lui. E poi lo zio, il jolly che scompagina le carte, un altro classico di tanto cinema americano: vedetelo e capirete.

Con quella sua storia chiara, diretta, semplice e forte, Prendi il volo (Migration è il titolo originale) è un film coeso, che va dritto al punto e dice quello che deve dire. Eppure, in questa storia così compatta e coerente, riesce a inserire di continuo degli elementi di caratterizzazione. È come se, a ogni nuovo quadro, si passasse a un nuovo genere cinematografico, pur restando saldamente nella stessa storia. Così il primo incontro con gli aironi ci porta per qualche minuto dentro a un film horror, con quegli artigli ad annunciare l’arrivo dei nuovi personaggi, con tutto l’immaginario di tante “case nel bosco” che abbiamo visto nel cinema dell’orrore e con quella sospensione riguardo ai personaggi, buoni o cattivi, che è tipica di quel genere di film. Una volta arrivati a New York, poi, entriamo quasi in un cinecomic, con quei voli in soggettiva tra le strade e i grattacieli della Grande Mela che sembrano quelli di Spider-Man. Per un attimo finiamo in un musical, quando entriamo nel locale da sera. E poi in un thriller, con quel finto idillio nel Paradiso delle Anatre, una tranquillità che in sé contiene una certa suspense, l’attesa di qualcosa che sta per accadere. Mentre alla fine, con l’arrivo del cattivo in elicottero, siamo tra l’action e il war movie. Che ci porta poi verso il finale.

Questo Prendi il volo, allora, è una vera sorpresa. Una storia semplice eppure movimentata, piena di gag, di sorprese e trovate, e personaggi spassosi. È uno di quei film che non ammicca al mondo degli adulti con delle citazioni cinefile precise, ma li coinvolge in altro modo, parlando anche di loro. È lo stile della Illumination che ormai è tra le grandi case di animazione mondiali. A proposito di Illumination, godetevi anche il corto che anticipa il film, Stralunato, che riporta in scena un personaggio che non vedevamo da un po’. È Vector, il cattivo di Cattivissimo Me. Finito sulla luna dopo gli avvenimenti di quel film, si trova ad aver a che fare, ancora una volta, con i Minions. È un corto divertente, tutto basato su gag slapstick, una serie di spettacolari sventure tra Willy il coyote e lo Scrat de L’era glaciale. Anche questa è Illumination.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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Napoleon: The Rise And Fall Of Napoleone Bonaparte. Firma Ridley Scott, con Joaquin Phoenix

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Inizia con la salita al patibolo di Maria Antonietta, e con la sua testa bionda mozzata da una ghigliottina, Napoleon, il film di Ridley Scott con protagonista il premio Oscar Joaquin Phoenix nella parte dell’imperatore francese Napoleone Bonaparte, nelle sale italiane dal 23 novembre distribuito da Eagle Pictures. Tra la folla esaltata ed esaltante c’è anche lui, Napoleone Bonaparte, militare corso arrivato ai vertici dell’esercito francese, ma destinato a qualcosa di ancora più grande. È il 1793. Da quella prima immagine capiamo tante cose. Che il Napoleon di Ridley Scott sarà un film duro, cruento, come erano i tempi in cui è ambientato e come i quadri dell’epoca, che in alcune sequenze sembrano prendere vita, non riuscivano a raccontare completamente. Che sarà un film che ci metterà di fronte ad alcune svolte della storia. E, soprattutto, sarà un film che proverà a sondare il mistero di Napoleone, personaggio famosissimo eppure enigmatico e controverso. Il Napoleon di Ridley Scott è, pare banale dirlo, un kolossal d’altri tempi, un grande affresco storico, con grandi attori e sequenze spettacolari.

The Rise And Fall Of Napoleon Bonaparte
Napoleon racconta l’epica ascesa e caduta dell’imperatore francese Napoleone Bonaparte, interpretato dal premio Oscar Joaquin Phoenix e diretto dal leggendario regista Ridley Scott. Il film ripercorre l’inarrestabile scalata al potere di Bonaparte attraverso la burrascosa relazione con il suo unico vero amore, Giuseppina di Beauharnais, mostrando le visionarie strategie politiche e militari del grande condottiero in alcune delle scene di battaglia più realistiche e spettacolari mai realizzate.

Ridley Scott nel segno (e nel sogno) di Stanley Kubrick
Girare un film su Napoleone era il grande sogno mai realizzato di Stanley Kubrick. Ed è anche nel nome del grande Maestro, senza voler ovviamente fare paragoni, che Ridley Scott ha dato vita a questo progetto. Il suo desiderio era proprio quello di riprendere in mano quell’idea dove Kubrick si era fermato. E allora il film di Ridley Scott parte da alcuni tratti che erano propri del Barry Lindon di Kubrick: dipinti d’epoca che sembrano prendere vita, ed esplodere in quella brutalità e quel movimento che un quadro per sua natura non può avere. Di quel capolavoro di Kubrick, talvolta, Scott prende anche l’idea di usare, o almeno questo è l’effetto, la luce naturale per l’illuminazione di alcune scene, vedi le candele per gli interni nel teatro dove, per la prima volta, Napoleone incontra Giuseppina. Ma anche Scott con il suo primo film, I Duellanti, parlava di Napoleone, anche se Napoleone non c’era.

Quadri antichi che prendono vita e ti avvolgono
E così quei quadri antichi prendono vita, ti risucchiano dentro e ti avvolgono. Merito anche di un’affascinante fotografia (di Darius Wolski) fumosa, polverosa, che sa di quella carta ingiallita di certe foto e carte d’epoca. Quelle di Ridley Scott sono immagini che colpiscono. Come quei fuochi e quelle esplosioni che squarciano il buio della notte. Colpiscono alcune scene sanguinose, come quel cavallo squarciato da una palla di cannone. È quasi una regola non scritta che il film storico, in costume, abbia una sua eleganza, una staticità, come se si dovesse leggere un libro di storia. Ma il Napoleon di Ridley Scott invece vive della crudeltà di quei tempi che, in una storia fatta soprattutto di nozioni, a noi non era mai davvero arrivata.

Joaquin Phoenix, un Napoleone imperturbabile
Al centro di un universo in continuo movimento c’è lui, spesso fermo, come il sole intorno a cui tutti ruotano. È colui che fa muovere le cose, l’uomo che volle farsi re, il condottiero che si fece imperatore, come Giulio Cesare, non a caso uno dei modelli di Napoleone. Joaquin Phoenix impersona Bonaparte con quegli inconfondibili occhi a mezz’asta, le profonde occhiaie. Ha quel particolare tratto delle labbra, che è tipico del suo volto, che nel personaggio di Napoleone sembra quasi un ghigno di sdegno, di superiorità verso il resto del mondo. E quell’espressione quasi impassibile, imperturbabile, che non lascia trasparire nulla, mentre dentro quella testa sai che si sta agitando un mondo.

Vanessa Kirby è Giuseppina, ghiaccio e saette
Se si sta agitando un mondo è per via delle sue idee, la sua sete di conquista. E anche per le pene d’amore. Napoleon è la storia di un uomo che ha conquistato il mondo ma è in balia di una donna, Giuseppina Bonaparte, da cui è completamente dipendente. Che sia in Egitto, che sia in Russia a combattere, il suo pensiero va a lei. Vanessa Kirby, nel ruolo di Giuseppina, entra in scena con i capelli castani, corti, che oggi ci sembrano un anacronistico taglio punk ma che erano l’effetto dei mesi passati in galera. Il trucco pesante, la profonda scollatura, fanno di Giuseppina una donna immediatamente sensuale, di una bellezza sfrontata, come è il suo carattere. Come quegli occhi blu ghiaccio, che un attimo sono freddi e un attimo sembrano mandare saette. Un ghiaccio che si scioglie in lacrime, dopo l’ira di Napoleone. Per tornare, poco dopo, ad essere uno sguardo dominante.

Napoleone e le fake news
L’immagine dei quadri d’epoca, la struttura del romanzo epistolare, con la voce narrante che legge delle lettere, la patina della fotografia fanno di Napoleon un film che sembra un classico uscito da altri tempi. Eppure ha un messaggio anche molto moderno. Pensiamo alla scena in cui Napoleone e i suoi mettono in atto un colpo di stato, destituendo gli attuali organi di rappresentanza e di governo. C’è ovviamente una controreazione di chi è stato destituito, ma Napoleone, uscendo e rivolgendosi ai militari, dice che è stato aggredito, e quello è stato un attentato alla libertà. È qualcosa che anticipa le fake news e la manipolazione dei media e della politica di oggi. Un motivo in più per vedere un film che, pensato per essere un’opera molto più lunga (dopo le sale uscirà su Apple Tv+) e che è stata ridotta per il cinema, a momenti dà l’idea di andare veloce, di sorvolare su alcune cose. Ma è un’opera che, finita la visione, resta impressa a lungo. Abbiamo ancora negli occhi quell’uomo, alla guida di un esercito, che dà il segnale e si tappa le orecchie per non sentire il frastuono dei cannoni.

Di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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