Connect with us

Mood Your Say

La grammatica del nuovo mondo nel libro di Filippo Poletti

Published

on

50 parole chiave a partire da 50 racconti di cronaca premessa testamento del filosofo Salvatore Veca scomparso il 7 ottobre 2021

Radicale come la prima, la seconda, la terza e la quarta rivoluzione industriale. È la rivoluzione universale del Covid, quella che ha cambiato la nostra vita. Non solo, dunque, una tragica emergenza sanitaria con più di 134 mila morti e 5,2 milioni di malati in Italia registrati tra il 2020 e il 2021, ma anche un cambiamento epocale. È la lettura proposta dal giornalista e top voice di LinkedIn Italia Filippo Poletti nel libro “Grammatica del nuovo mondo” attraverso la presentazione di 50 parole chiave a partire da 50 racconti di cronaca: edito da Lupetti, il libro ordina i vocaboli alfabeticamente, andando dalla A di Aurora alla G di “grazie”, alla I di “italiani”, alla S di “smart working”, alla U di “umanità”.

Tra le parole del nuovo mondo ci sono aggettivi che hanno invertito la loro valenza (come positivo, diventato un termine negativo) ed espressioni che hanno assunto nuovi valori (come RT, il retweet del social media Twitter utilizzato oggi per indicare il tasso di contagio, o come “Mani Pulite”, un tempo legate all’inchiesta giudiziaria di cui sta per ricorrere il ventennale e dal 2020 raccomandate dalle autorità come norma igienico-sanitaria).

Nel dizionario di Poletti figurano lemmi diventati di uso comune come mascherina, smart working, infodemia o memorabilia dal nome dell’iniziativa pavese di raccolta di ricordi tra gli anziani promossa dallo Spazio Geco nel corso del 2020. Tra i termini c’è anche “paziente”, legato nella memoria collettiva a Mattia Maestri: la sua vicenda, raccontata dall’Ansa nella notte tra il 20 e il 21 febbraio 2020 con il lancio di Bianca Maria Manfredi, «è un invito a riflettere – scrive Poletti – come di fronte al male tutte le persone hanno la stessa dignità e devono essere curate nel miglior modo perché, come dimostra la storia a lieto fine di Mattia, per tutti ci può essere un futuro luminoso».

Nella grammatica pandemica, introdotta dalla premessa del filosofo Salvatore Veca e completata dalla postfazione dello psicanalista Luigi Ballerini, trovano spazio nomi propri di persona che hanno contribuito a scrivere le pagine del nuovo mondo: è il caso della piccola Aurora Maria Perottino, nata a Moncenisio nelle settimane seguite allo scoppio del coronavirus, dopo anni che il secondo Comune più piccolo d’Italia non vedeva più una culla riempirsi. È il caso, a proposito di persone, del capitano campano della Diamond Princess, Gennaro Arma, ultimo a scendere dalla nave posta in isolamento dal 5 al 27 febbraio 2020 nel porto di Yokohama in Giappone. Oppure, ancora, dell’infermiera di Cremona Elena Pagliarini, addormentatesi sul tavolo di lavoro e immortalata in rete, della ricercatrice dello Spallanzani Francesca Colavita, a cui si deve l’individuazione della sequenza del nuovo coronavirus, dei nonni emiliani Alma Clara Corsini e Alberto Bellucci, ribattezzati da Poletti “nonni Speranza” dopo aver sconfitto la malattia respiratoria all’età di 95 e 100 anni. Ed è il caso – prosegue Poletti nel racconto persona-centrico – del presidente dell’Inter Steven Zhang, autore dell’invettiva “pagliacci” indirizzata al presidente della Lega dei professionisti della Serie A Paolo Dal Pino in vista del match Juve-Inter, e dell’imprenditore Gian Luca Rana con il superstipendio elargito a Natale a tutti i dipendenti.

A completare il libro, accanto alla sitografia, alla socialgrafia e all’appgrafia, c’è l’ecatòmeron ossia la cronaca dei primi 100 giorni del contagio: «L’arrivo del coronavirus in Italia – puntualizza Poletti – deve essere datato al 30 gennaio 2020, quando furono scoperti i primi due casi positivi al nuovo coronavirus: si trattò di due turisti di nazionalità cinese, originari della provincia di Wuhan, ricoverati all’istituto nazionale per le malattie infettive Spallanzani di Roma». Un arrivo avvenuto, dunque, un mese prima rispetto alla scoperta del focolaio di Codogno, seguito dalla morte delle prime due vittime, rispettivamente Adriano Trevisan di Vo’ nel Padovano e Giovanna Carminati di Casalpusterlengo nel Lodigiano.

Come si legge nella premessa-testamento scritta da Veca, scomparso lo scorso 7 ottobre 2021, la “Grammatica del nuovo mondo” può insegnarci tanto: «Le pagine del libro di Poletti sono affascinanti. Noi non siamo i signori dell’universo. Noi siamo nello stato contingente dell’essere “creature”, nel senso che il mondo non è in alcun caso nostro. Il nostro slogan “una sola umanità, un solo pianeta” va integrato con la glossa che ci ricorda che, come viventi, noi non siamo “soli”. Questa glossa elide la pretesa illusoria dell’eccezionalità antropocentrica».

È la lezione della pandemia: come siamo parte della natura e della cultura, così apparteniamo alla comunità vivente. Nel nuovo mondo, infatti, c’è spazio solo per la prospettiva dell’ecologia radicale e della giustizia sociale. Per voltare pagina e guardare al 2022 con fiducia è necessario fare attenzione alle parole: è quello che propone la “Grammatica del nuovo mondo”, invitando a vincere la paura e guardare al futuro con occhi nuovi.

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Continue Reading
Advertisement
Click to comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

18 − 12 =

Mood Your Say

Erica Piccotti: “Sono innamorata del violoncello: non lo suono solo con le dita, ma con tutta me stessa”

Published

on

Ai tempi del liceo, quelli che sono stati difficili un po’ per tutti, Erica Piccotti era considerata quella ragazza un po’ “strana” rispetto ai suoi coetanei. Era la ragazza che magari non usciva tanto, non andava alle feste, perché passava già tante ore a suonare. Ma la musica è diventa la sua forza, quella che, in quegli anni, dava sfogo a emozioni contrastanti. Quella che le ha permesso di diventare, a 24 anni, una meravigliosa musicista classica, una violoncellista passionale e apprezzata in tutto il mondo. Oggi Erica Piccotti è anche un’attrice. È infatti tra i protagonisti del film 100 Preludi di Alessandra Pescettam prodotto da REVOK in collaborazione con RAI CINEMA, con il contributo del MIC e il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso EMILIA-ROMAGNA FILM COMMISSION. Il film verrà presentato e premiato il 25 ottobre alla settima edizione del Ferrara Film Corto Festival Ambiente è Musica. La colonna sonora, firmata da Lorenzo Esposito Fornasari, vede la partecipazione della cantante e compositrice australiana Lisa Gerrard (nominata agli Oscar e vincitrice di un Golden Globe per Il Gladiatore), oltre alla straordinaria partecipazione della cantante italiana Elisa, che ha offerto la sua voce per una delle tracce della colonna sonora. Vi presentiamo Erica Piccotti, che racconta la sua arte con passione e naturalezza. È un’artista versatile, che può davvero fare qualsiasi cosa, e arrivare ovunque.

Dove nasce l’amore per la musica e per la musica classica?
Il mio amore per la musica è nato subito nei confronti della classica. Mia madre è pianista e la vedevo suonare il piano a casa. Mio fratello più grande a cinque anni aveva iniziato a suonare il violino. In casa c’era sempre la musica classica. Credo di averla ascoltata ancora nel pancione di mamma. Ho iniziato a suonare a 5 anni: prima il piano, poi il violino, ma non mi convinceva. Mia madre mi ha fatto provare il violoncello, me ne sono innamorata e non l’ho più lasciato.

Che cosa aveva di diverso dagli altri strumenti il violoncello?
La prima cosa che mi ha colpito è stata la posizione, più comoda, in cui viene suonato. Si suona da seduti. Il registro alto del violino mi infastidiva, e nel violoncello ho trovato un registro più caldo, più basso, che mi avvolgeva. È uno strumento che si abbraccia, c’è un contatto che sembra una posizione naturale.

Ha avuto dei modelli mentre imparava a suonare?
Da piccola il mio idolo era una violoncellista, Jacqueline du Pré, un’artista con una vita travagliata, venuta a mancare quando era ancora giovane. Trovavo i video delle sue esibizioni su YouTube. Ero totalmente affascinata e coinvolta dal suo modo di interpretare la musica. Era anche l’unica donna che per me poteva essere un esempio.

Ha raccontato come la musica l’abbia aiutata a dare sfogo a emozioni contrastanti, uscire dalla sua condizione di ragazza considerata “strana” rispetto ai suoi coetanei, che l’ha portata a vivere male gli anni del liceo. Che anni sono stati?
La musica era sia la cosa che mi rendeva diversa, sia quella che mi aiutava, che mi arricchiva. Ed era la cosa in cui sfogavo queste emozioni contrastanti e in cui ritrovavo me stessa. Già dalle medie, e poi al liceo, mi sono sentita quella diversa, un po’ fuori posto. La musica, se la prendi sul serio, richiede molto tempo e sacrificio. Io ci tenevo a sembrare una ragazza normale come i miei coetanei ma la mia vita non me lo permetteva. Magari non potevo andare a molte feste, non potevo uscire con le amiche, e facevo molte assenze a scuola, partivo per lezioni e concerti…

Ma l’idea di fare quello che le piaceva è stata la sua forza…
Sì, per me non è mai stato un peso, mi dava una certa forza. La cosa di essere diversa era una difficolta e mi faceva sentire speciale. L’idea di avere una grande passione mi dava molta forza.

Adesso, a 24 anni, fa quello che ha sempre sognato, ottenendo moltissime soddisfazioni professionali e personali…
Mi sento fortunata. Tutto lo sforzo che ho fatto da ragazza me lo sono ritrovato ora, nell’avere una strada spianata e avere chiari i miei orizzonti. Molti dei miei coetanei hanno dei dubbi su cosa fare, si provano tante strade. Io ho la mia. Ho avuto anche io i miei momenti di crisi dove ho messo in dubbio questa strada, come credo sia normale. Però poi l’ho sempre ritrovata.

La chiave per diventare una musicista classica è la disciplina e lo studio quotidiano?
La musica classica è come lo sport. Anche gli sportivi hanno una disciplina che influenza tutta la vita: quando ti svegli, quello che mangi. Per noi musicisti classici il rigore, la disciplina e lo studio sono importantissimi, ma vanno arricchiti dall’esperienza della vita. Non si può passare la vita solo a studiare. Quello che interpretiamo con la musica è la vita stessa: abbiamo bisogno di esperienze da interpretare.

Come definirebbe il suo stile all’interno della musica classica
Coinvolgente. L’idea che si ha dei musicisti classici è che siano un po’ più distaccati, seriosi. Quando interpreto la musica io sono completamente coinvolta. Lo sento non solo con le dita, ma con tutta me stessa. E secondo me questo arriva al pubblico

Il brano Adios Nonino è un tango. La sua è musica che va oltre gli steccati?
A me piace spaziare non mi precludo nulla, mi diverto. Le basi della musica classica ti permettono di suonare qualunque cosa, un po’ come la ballerina classica che può fare tutto il resto. A me diverte. Questi repertori più leggeri, facili per il pubblico, mi piacciono perché avvicinano un pubblico diverso, non abituato alla classica.

C’è qualcosa nell’ambito della musica che le piacerebbe ancora fare?
Io sono molto affascinata dal cantautorato. Sono una malinconica che ama i cantautori italiani. Mi piacciono Fabrizio De André, Francesco De Gregori. Magari una collaborazione del genere, con un tema al violoncello, mi piacerebbe.

Il cinema è una novità: anche se in un film legato alla musica, ha avuto la possibilità di recitare. Che esperienza è stata? Ha interpretato se stessa e come si è calata nella recitazione?
Mi sono trovata a mio agio nel ruolo. La regista è stata coraggiosa a voler lavorare con me che non ero un’attrice. Senza rendermene conto ho interpretato una parte che un po’ parla di me. Ho trovato molto della mia storia, arricchita da molto altro. Questo mi ha coinvolto molto e mi ha facilitato l’interpretazione

Sempre più spesso oggi il cinema parla di musica, ci sono film in cui il rapporto tra cinema e musica non è solo nella colonna sonora, ma la musica è tutt’uno con il film. Sono mondi che si stanno contaminando più di altri. Che cosa ne pensa?
Era inevitabile. È sempre stato così, un film senza colonna sonora è un film a metà. Ma secondo me ora si sta sfruttando di più il potere che le due espressioni d’arte hanno quando vengono messe insieme. Forse anche per una difficoltà ad attrarre pubblico in due ambiti differenti, oggi si stanno unendo queste due forme d’arte. Credo sia molto intelligente unirle per puntare a un pubblico sempre più ampio.

A 24 anni ha già raggiunto molti traguardi. Dove si vede tra 10 anni?
Spero di continuare a parlare con la mia musica. Ora che mi sono avvicinata alla recitazione penso che l’arte in senso lato sia un grande strumento di comunicazione con cui tutti noi viviamo. E vorrei continuare a farlo, attraverso la mia musica o in altro modo.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

Questo slideshow richiede JavaScript.

 

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Continue Reading

Mood Your Say

Perché l’inglese è la lingua del successo professionale

Published

on

Spesso l’inglese viene definito come la lingua del successo professionale, una posizione che si è consolidata nel tempo per una serie di ragioni storiche, ma anche culturali ed economiche. Quali sono le motivazioni dietro questa affermazione? Come mai l’inglese è diventato un passaporto universale per le opportunità di carriera in tutto il mondo? L’eredità storica della lingua è molto profonda e risale a secoli indietro nel tempo. Tutto questo ha portato l’inglese a rafforzare la posizione come lingua sempre più utilizzata a livello globale.

Le opportunità di apprendimento dell’inglese
I metodi per imparare l’inglese e per approfondire la conoscenza della lingua sono tanti. Esistono numerosi corsi di inglese, sia online che in presenza, che possono aiutare a migliorare le competenze personali. Per esempio, i corsi di inglese di www.wallstreet.it si rivolgono agli studenti, agli adulti, alle aziende e coprono diversi campi di applicazione, come quello della carriera.
Il metodo scelto è anche quello della personalizzazione, con lezioni tenute da insegnanti madrelingua, che riescono a coinvolgere e a trasmettere la conoscenza in maniera naturale. La promo del mese prevede per chi inizia un percorso formativo con Wall Street English la possibilità di certificare il livello linguistico alla fine del corso con il Test Linguaskill by Cambridge, in maniera gratuita.

L’inglese come lingua degli affari
L’inglese nel corso del tempo è diventato una lingua incentrata anche sul commercio internazionale. Le multinazionali, che operano in diversi Paesi, adottano l’inglese come lingua comune per facilitare la comunicazione interna e con i partner esterni. I contratti, le trattative e le presentazioni aziendali sono spesso messi a punto in inglese e per questo motivo la padronanza della lingua è essenziale per chi ha l’obiettivo di aspirare ad una carriera in ambito internazionale.

In molti casi le innovazioni tecnologiche importanti degli ultimi decenni sono nate in Paesi in cui si parla l’inglese, in particolare negli Stati Uniti. Per gli specialisti in ambito informatico, per gli ingegneri e per gli sviluppatori di software, la conoscenza dell’inglese è fondamentale per accedere a risorse tecniche e per partecipare a conferenze, oltre che per collaborare a progetti a carattere internazionale.

L’istruzione e il mondo della ricerca
Le università più rinomate al mondo sono delle istituzioni basate sulla lingua inglese. Gli studenti spesso ambiscono a frequentare questi atenei per ottenere una formazione di eccellenza e per farlo devono dimostrare una competenza avanzata nell’inglese. In questo modo la lingua è diffusa come uno strumento di accesso alla conoscenza e al prestigio accademico.
La maggior parte delle pubblicazioni scientifiche di rilievo viene redatta in inglese. Le riviste che pubblicano articoli di ricerca sono lette e citate da scienziati di tutto il mondo. I ricercatori devono, quindi, essere in grado di leggere, di scrivere e di presentare i loro lavori in inglese.

Il settore del turismo e dei servizi
Anche nel settore turistico, l’inglese è la lingua più comunemente parlata. Gli operatori del turismo, dalle guide turistiche agli albergatori, devono comunicare efficacemente con i visitatori provenienti da diverse parti del mondo. La capacità di parlare inglese aumenta le opportunità lavorative nel settore turistico e rende più semplici le interazioni con i turisti internazionali.

In molti Paesi, l’inglese è la lingua utilizzata nei settori dei servizi, come l’ambito bancario, l’assistenza clienti e le compagnie aeree. Avere delle competenze linguistiche in inglese può fare la differenza nell’ottenere un lavoro in questi ambiti, perché permette di interagire con clienti di tutto il mondo.

La diffusione dell’inglese in molti settori, come quelli dei media, dei servizi, dell’economia e dell’istruzione, rende la padronanza della lingua una competenza assolutamente da avere per chiunque voglia proseguire una carriera lavorativa di successo. Diventa, quindi, fondamentale apprendere l’inglese per migliorare le opportunità professionali e per diventare a tutti gli effetti cittadini di un mondo globalizzato.

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Continue Reading

Mood Your Say

Lavorare nella moda: quali percorsi seguire?

Published

on

Se aspiri ad una carriera nel vibrante mondo della moda, probabilmente sarai già consapevole delle sue sfide. Questo settore, noto per la sua natura altamente competitiva, è un caleidoscopio di nuove idee e talenti emergenti che si fanno strada in uno scenario costantemente in evoluzione. L’attrattiva della moda continua a essere un richiamo irresistibile per molti, sia giovani che meno giovani, desiderosi di lasciare un’impronta indelebile in questo settore tanto affascinante quanto frenetico.

L’industria della moda non si limita a cercare designer e modelli; è un universo molto più ampio che include una varietà di professionisti essenziali che operano dietro le quinte. Parrucchieri, makeup artist, specialisti in comunicazione, e manager sono solo alcune delle figure professionali che contribuiscono a mantenere la macchina della moda in costante movimento. Queste professioni, sebbene meno visibili, sono fondamentali per il successo e la sostenibilità del settore. Di seguito, approfondiamo i diversi percorsi formativi per chi desidera entrare e fare la differenza nel mondo della moda.

Lavorare nella moda senza esperienza: è possibile?

Il settore della moda spesso evoca l’immagine di un ambiente dove è possibile lanciarsi e “inventarsi” una professione. Tuttavia, emergere in questo campo senza alcuna esperienza previa rappresenta una sfida notevole, che mescola passione, creatività e competenze tecniche. Queste ultime possono essere apprese sul campo, ma richiedono anche un solido percorso di studi. Quindi, come si può iniziare a lavorare nella moda senza esperienza? È davvero possibile?

La passione è il primo catalizzatore per chi sogna di lavorare nella moda. Questa passione non solo alimenta la creatività, ma può anche servire da trampolino di lancio per intraprendere le prime esperienze professionali, come piccole collaborazioni o stage. Queste opportunità sono essenziali per sperimentare direttamente il lavoro nel settore, per affinare le proprie abilità e accumulare conoscenze pratiche.

Tuttavia, è cruciale comprendere l’importanza dell’istruzione formale in questo campo. L’apprendimento accademico offre una base teorica e pratica che è spesso indispensabile per navigare con successo le complessità della moda. Perciò, per chi è agli inizi e non possiede esperienza, l’investimento nella formazione diventa un passo fondamentale. Studiare in scuole specializzate e accademie di moda, partecipare a workshop e sfruttare ogni occasione di apprendimento sul campo sono passi decisivi per costruire una carriera solida.

Cosa bisogna studiare per lavorare nella moda?

Se il tuo obiettivo è entrare nel dinamico mondo della moda, una formazione mirata può essere decisiva. Molti aspiranti professionisti del settore scelgono di iscriversi a scuole di moda specializzate, soprattutto se sono interessati alle carriere nel design, dove le aziende tendono a favorire i candidati con un background educativo specifico.

Frequentare corsi di moda post diploma, anche se non obbligatorio, offre vantaggi significativi. Non solo imparerai la storia e i meccanismi interni del settore, ma acquisirai anche le competenze tecniche e pratiche indispensabili. Conoscere questi aspetti ti permetterà di partecipare attivamente alle discussioni professionali e di impressionare sia i tuoi futuri colleghi sia i datori di lavoro.

Questi corsi coprono una vasta gamma di discipline, dal design al marketing, dallo styling fino alle tecnologie multimediali, con un approccio che simula spesso l’ambiente lavorativo aziendale più che quello accademico. L’aggiornamento costante con le ultime tendenze e le dinamiche del mercato rende questi istituti estremamente pertinenti per chi vuole un ingresso diretto nel settore.

Alternativamente, in Italia esistono anche opportunità di studio nelle università pubbliche e private, che offrono corsi legati alla moda con un approccio più teorico e generalista. Sebbene meno costosi, questi programmi potrebbero non fornire la stessa profondità pratica delle scuole specializzate.

Un’altra opzione valida sono i corsi ITS, che si svolgono negli Istituti Tecnici Superiori. Questi corsi sono brevi, altamente professionalizzanti e progettati per inserire gli studenti rapidamente nel mercato del lavoro con competenze tecniche specifiche.

Scegliere il percorso di studi giusto dipende dalle tue ambizioni specifiche nel settore della moda, dalle risorse economiche disponibili e dalla tua preferenza per un approccio più teorico o pratico. In ogni caso, l’istruzione è un passo fondamentale per accedere a questo settore competitivo e affascinante.

 

 

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

User Avatar
Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Continue Reading

Trending