Cine Mood
Oscar 2021: i pronostici tra Netflix e girl power

E’ stata un’annata cinematografica particolare, per usare un eufemismo. Sale chiuse praticamente in tutto il mondo, festival annullati o rimandati, produzioni fermate in fieri, uscite continuamente posticipate a date ancora ignote, piattaforme (Netflix, Amazon & Co) a farla da padrone con i loro prodotti originali e non solo. D’altronde, non poteva essere altrimenti, e anche gli Oscar non avevano altra possibilità che modificare il proprio regolamento per adeguarsi alla situazione straordinaria venutasi a creare negli ultimi dodici mesi. Quindi cerimonia slittata al 25 aprile, accettata inevitabilmente la partecipazione delle opere distribuite direttamente in streaming ed estensione della finestra temporale di eleggibilità dei film a febbraio 2021. Sarà dunque un’edizione – speriamo – unica e irripetibile la 93a degli Academy Awards, ma ci sarà, perché alla fine the show must go on, sempre e comunque.
Sono tanti i titoli di richiamo che avremmo potuto vedere in gara quest’anno e che invece, presumibilmente, saranno protagonisti della prossima Award season. Ma nonostante queste assenze forzate, i film di qualità non sono mancati in questo nefasto 2020, quasi tutti fruibili esclusivamente in streaming, solo pochi arrivati nelle sale o passati per i festival. E dopo che l’Hollywood Foreign Press Association ha annunciato le cinquine dei Golden Globes, è giusto iniziare a fare qualche previsione sui possibili candidati ai prossimi Oscar.
Netflix aveva già fatto il pieno di nomination nelle scorse edizioni, ma nonostante le tante statuette ottenute e i pronostici della vigilia (due anni fa con Roma di Alfonso Cuaròn e lo scorso anno con Marriage Story e soprattutto The Irishman di Martin Scorsese) non è mai arrivata a vincere nella categoria del miglior film. Chissà se ci riuscirà ai prossimi Academy Awards o se si andrà disegnando uno sviluppo analogo al passato. Di certo il leader dello streaming si presenterà agli Oscar con dei titoli molto forti, apprezzati dal pubblico e dalla critica, ma dovrà vedersela con avversari agguerriti e già strapremiati.
Su tutti, il vincitore del Leone d’Oro all’ultima Mostra di Venezia, e cioè Nomadland, il dramma di Chloé Zhao che per ora è dato dai bookmakers come superfavorito. Un pronostico che, oltre ad essere dettato dall’indubbia qualità dell’opera e dall’ottima accoglienza da parte della critica, tiene in considerazione anche il rapporto d’amore ancora non definito completamente tra l’Academy e il cinema in streaming. Chiaramente con questa stagione cinematografica sui generis, certe argomentazioni potrebbero anche essere messe da parte, e i film Netflix Mank di David Fincher e Il processo ai Chicago 7 di Aaron Sorkin hanno tutte le carte in regola per “arrivare a dama”. Forse più il secondo del primo, in realtà. Il film sullo sceneggiatore di Quarto potere ha diviso molto la critica, e nonostante guidi le nomination dei Golden Globes, in molti lo danno addirittura fuori dai possibili candidati come miglior film. Il dramma giudiziario di Sorkin, invece, sembra il classico titolo che può mettere tutti d’accordo, per il tema trattato, la solida scrittura e il suo supercast. Sempre targati Netflix, tra i film papabili per la massima categoria degli Oscar ci sono anche Da 5 Bloods di Spike Lee, su quattro veterani del Vietnam di ritorno dopo anni sul territorio di guerra, e Ma Rainey’s Black Bottom, sulla musica blues degli anni Venti. Sul versante Amazon, invece, a dire la sua potrebbero essere One Night in Miami, primo film da regista per Regina King, che immagina l’incontro in una stanza di hotel tra Malcolm X, Muhammad Ali, Sam Cooke e Jim Brown, e Sound of Metal, il toccante racconto di un batterista che perde l’udito. Outsider quasi sicuro di ottenere la nomination come miglior film è Minari, l’ultimo vincitore del Sundance Film Festival, l’emozionante storia di una famiglia coreana che si trasferisce in Arkansas. Infine, tra i titoli in ballo, anche l’acclamato Una donna promettente di Emerald Fenning, News of the World di Paul Greengrass, Judas and the Black Messiah e The Father di Florian Zeller, con uno straordinario Anthony Hopkins.
Ed è proprio quest’ultimo a guidare la lunga lista di possibili nominati come miglior attore protagonista. In questa categoria, infatti, i giochi sono ancora aperti, anzi apertissimi, con tanti nomi pronti a contendersi la candidatura. Il già vincitore di due premi Oscar dovrà vedersela con il compianto Chadwick Boseman (Ma Rainey’s Black Bottom), Riz Ahmed (Sound of Metal), Steven Yeun (Minari), la sorpresa Tahar Rahim (The Mauritanian), Gary Oldman (Mank), Tom Hanks (News of the World), Delroy Lindo (Da 5 Bloods) e anche con il danese Mads Mikkelsen, che alcuni danno come possibile outsider, soprattutto se il suo film Another Round, diretto da Thomas Vinterberg, dovesse entrare nella cinquina del miglior film internazionale (per cui per ora è dato favorito).
Anche tra le attrici protagonisti sarà una bella lotta, nonostante sembri che quattro delle cinque candidature siano già assegnate: Viola Davis (Ma Rainey’s Black Bottom), Vanessa Kirby (già vincitrice della coppa Volpi a Venezia per Pieces of a Woman), Frances McDormand (Nomadland) e Carey Mulligan (Una donna promettente) sono infatti quasi certe di ottenere la nomination. L’ultimo posto disponibile se lo contenderanno invece Nicole Beharie (Miss Juneteenth), Yeri Han (Minari), Andra Day (The United States vs Billie Holiday), Amy Adams (Elegia americana) ed infine la nostra “eterna” Sophia Loren che per La vita davanti a sé ha mancato la nomination ai Golden Globes ma potrebbe invece farcela per gli Oscar. La sola candidatura sarebbe un secondo Oscar alla carriera per lei. E noi, ovviamente, ce lo auguriamo.
Per le categorie dedicate ad attori e attrici non protagoniste. Da una parte vediamo in pole position Sacha Baron Cohen (Il processo ai Chicago 7), tallonato da Daniel Kaluuya (Judas and the Black Messiah), Leslie Odom Jr (One Night in Miami), Bo Burnham (Una donne promettente) e David Strathairn (Nomadland) – e chissà magari anche con la possibilità Chadwick Boseman per Da 5 Bloods (doppia nomination postuma per lui?); sul versante femminile invece la sfida potrebbe essere tra Maria Bakalova (Borat 2), Olivia Colman (The Father), Helena Zengel (News of the World) e Glenn Close, che per la sua interpretazione in Elegia americana ha la possibilità di ottenere la nomination numero otto della sua carriera (per ora senza mai una vittoria).
E se per i film d’animazione la strada appare in discesa per Soul della Pixar, la categoria che probabilmente presenterà la cinquina più suggestiva è quella della miglior regia. Non soltanto perché è ancora difficile intravedere un favorito tra i vari contendenti, ma soprattutto perché quest’anno la presenza femminile, per la prima volta nella storia, potrebbe essere predominante. Se infatti l’Academy dovesse seguire le scelte dei Golden Globes, si potrebbe avere una cinquina con ben tre donne registe: Emerald Fennell, Regina King e Chloè Zhao. Uno scenario unico ed emozionante, specialmente se pensiamo che fino ad oggi sono state soltanto cinque le registe a riuscire nell’impresa di ottenere la nomination (la prima Lina Wertmuller nel 1977, l’ultima Greta Gerwig nel 2018) e solo una ad aver vinto (Kathryn Bigelow nel 2010 per The Hurt Locker). La concorrenza maschile è comunque forte con Aaron Sorkin (quasi certa la sua candidatura), David Fincher, Paul Greengrass, Spike Lee e Lee Isaac Chung (Minari) che scalpitano e sgomitano per entrare in cinquina. I giochi però sono appena iniziati e la strada che porterà all’annuncio delle candidature è ancora lunga.
di Antonio Valerio Spera per DailyMood.it
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Cine Mood
Sanctuary: Margaret Qualley, la figlia di Andie MacDowell è diventata grande
Published
3 giorni agoon
26 Maggio 2023
L’avevamo conosciuta vestita da hippie, canotta colorata, shorts e gambe lunghissime. E quei piedi messi con nonchalance sul cruscotto di Brad Pitt in C’era una volta a… Hollywood. Parliamo di Margaret Qualley, attrice in rampa di lancio e figlia d’arte: la madre è Andie MacDowell. È proprio Margaret Qualley il motivo migliore per vedere Sanctuary, il film che la vede protagonista assoluta, e in una veste inedita, in uscita al cinema il 25 maggio. La vedrete come non l’avete mai vista, con i capelli biondi, a caschetto. E anche cattiva, dura, sboccata. Ma sarà solo l’inizio di una serie di trasformazioni.
In Sanctuary Margaret Qualley è Rebecca, una dominatrice, una professionista del sesso. Hal (Christopher Abbott) è il suo cliente. Man mano che la storia procede, e svelano le verità, veniamo a sapere che fa parte di una ricca famiglia di cui sta per ereditare le fortune. Non può più permettersi di avere una pericolosa relazione con una donna che conosce i suoi segreti e le sue perversioni. Così decide di vederla per un’ultima volta e dirle che tra loro è tutto finito. Ma il suo tentativo di tagliare i legami gli si potrebbe ritorcere contro. Rebecca ha una reazione inaspettata.
Rebecca, come lavoro, fa la dominatrice. È la donna sicura di sé (o recita quel ruolo?), la donna che non deve chiedere ma solo ordinare. Lo dimostra con il suo abito, un tailleur pantalone, e con la sua postura. Mentre dà gli ordini è seduta su una sedia, a gambe divaricate, proprio come si siederebbe un uomo. Ma il look con cui l’attrice appare in scena, all’inizio, ci colpisce ancora di più. I capelli biondi, lisci, a caschetto, che cadono sul suo volto e lo incorniciano, in qualche modo ne cambiano la fisionomia. Il viso da cerbiatto, nelle prime scene di Sanctuary, è ancora più evidente. I tratti del viso sembrano ancora più perfetti, la pelle levigata, le labbra rosse che lasciano intravvedere il più bel paio di incisivi visti dai tempi di Naomi Watts. L’appellativo per la Watts era di Woody Allen. Chissà che ne pensa di Margaret Qualley… La parrucca, una volta tolta, lascia spazio a quei riccioli neri e a quell’aria da bambina, come direbbe quella canzone, che abbiamo visto in film e serie precedenti. Quando quei capelli se li raccoglie in una coda alta a tratti sembra proprio di guardare sua madre.
Sanctuary non è solo un’altra prova della bellezza di Margaret Qualley, ma è soprattutto una grande prova di bravura. Mentre negli altri film in cui l’abbiamo vista in scena manteneva lo stesso tono per tutta la durata, qui Margaret Qualley è un caleidoscopio. Riesce ad essere ogni cosa: dura, complice, suadente, perfida, urticante. Guardate, e ascoltate, attentamente il momento in cui pronuncia le parole “giuro fedeltà alla costituzione degli Stati Uniti”: lo fa con un tono di voce sensuale e languido che sembra voler dire tutt’altro. Intonazione, espressività: è il lavoro dell’attore. E in Sanctuary Margaret Qualley dimostra di essere una grande attrice.
Occhi piccoli e brillanti, blu, sorriso disarmante, i capelli ribelli, lunghi e ricci, il fisico slanciato, Margaret Qualley è stata suadente e maliziosa in C’era una volta a… Hollywood, in una breve apparizione che però ha lasciato il segno. È stata tenera, ferita e determinata nella serie Maid (disponibile su Netflix), di cui era protagonista assoluta nella parte di una donna vittima di abusi che lasciava il compagno e provava a farcela da sola con una bambina piccola. Una serie da vedere assolutamente. Ma la Qualley ha lavorato anche nelle serie tv The Leftovers e Fosse/Verdon e nei film The Nice Guys e Un anno con Salinger. È stata legata all’attore Shia LaBeouf e oggi è fidanzata con il musicista Jack Antonoff, leader dei Bleachers. Sanctuary è un altro tassello della sua crescita. È un film forse pretestuoso, troppo cerebrale, forzato. È un film che finisce come una commedia da Guerra dei Sessi anni Quaranta, senza esserlo mai stata. Il motivo per vederlo, però, ce lo avete. È Margaret Qualley.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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La Sirenetta: Halle Bailey, una giovane che perde la voce per ritrovarla
Published
5 giorni agoon
24 Maggio 2023
Il canto delle sirene, come vuole la leggenda, è ammaliante e seducente. Vuole così anche la storia de La Sirenetta, fiaba di Hans Christian Andersen, diventata poi un famoso film d’animazione della Disney, e ora un film live action che arriva al cinema il 24 maggio. La giovane protagonista, Halle Bailey, come racconta il regista Rob Marshall, è stata scelta anche per la sua voce bellissima, proprio come quella di una sirena. La cosa migliore del film è proprio lei, bella, brava e convincente. Anche se, con il doppiaggio in italiano, non abbiamo sentito la sua voce nelle canzoni. Che, ovviamente, sono molto belle anche con la voce italiana.
Ariel (Halle Bailey) è una sirena adolescente con una bellissima voce e continuamente alla ricerca di avventura. È la figlia più piccola di Tritone (Javier Bardem), il Re gli oceani, ed è la più ribelle. Ariel è affascinata dal mondo in superficie, dove vivono gli umani, con cui il popolo del mare non può avere a che fare: è la volontà di Tritone. Ariel allora, con il suo amico, il pesciolino Flounder, colleziona oggetti del mondo degli umani che sono caduto sul fondale del mare e li conserva nella sua grotta segreta. Un giorno, andando contro le regole di suo padre e i consigli di Flounder e Sebastian, il granchio maggiordomo del Re, nuotando arriva in superficie. E si trova a salvare un principe da un naufragio. Ma questo lo sapete già.
Il canto delle sirene, dicevamo. Nella versione italiana de La Sirenetta ovviamente non ascoltiamo la voce angelica – così l’aveva definita il regista Rob Marshall – di Halle Bailey nelle canzoni. È normale, perché la canzoni, quelle note, soprattutto, vanno portata al pubblico in italiano, anche per il ruolo che hanno nella storia. È un peccato però non poter ascoltare la voce della giovane attrice. Che, in ogni caso, è bellissima. Ha un viso molto dolce, espressivo, un’aria ancora innocente, come prevede il personaggio, ma anche un sex appeal notevole. Il suo fisico slanciato, tonico, la rende credibile sia nelle evoluzioni marine come sirena che sulla terraferma, come ad esempio quando balla.
Le polemiche sulla questione dell’etnia speriamo siano ormai superate. Scegliere una giovane donna di colore per un ruolo così iconico è stata una scelta semplice per Rob Marshall. “Il nostro obiettivo era trovare una persona che fosse incredibilmente entusiasta, brillante, vulnerabile, perspicace, e che avesse moltissima grinta e gioia”, ha dichiarato il regista. “Quando l’ho incontrata per la prima volta, Halle era così giovane e un po’ ultraterrena, e la sua voce era semplicemente angelica. In più, aveva un legame profondo con i temi delle canzoni che cantava”. “Stavamo semplicemente cercando l’attrice più adatta per questo ruolo, punto. Abbiamo provinato tantissime persone di qualsiasi etnia. Non c’erano secondi fini. Come regista, speri sempre di trovare un attore che sia capace di reclamare un ruolo e dire ‘questo ruolo è mio’. Questo è esattamente quello che è successo con Halle”.
Ed è proprio così. Dal primo momento che vediamo Halle Bailey nel ruolo di Ariel, non pensiamo più alla Sirenetta del cartone originale, ma vediamo lei come la Sirenetta in tutto e per tutto. L’attrice in questo ruolo è credibile, è simpatica. L’amore con la nuova Sirenetta scatta subito, alla scena – presa pari pari dal film d’animazione originale – dell’arricciaspiccia, quella in cui, parlando con il gabbiano Scattle, scambia una forchetta per un pettine. Ma ogni polemica sarebbe comunque stata inutile. Una sirena è una creatura fantastica, che appartiene a un mondo come quello del mare. E, come tale, può davvero avere qualsiasi aspetto, qualsiasi tratto. Così, tutto appare naturale quando, al cospetto di Tritone, appaiono le altre sorelle di Ariel, ognuna di un’etnia diversa. Come se il mare riunisse tutte le regioni della Terra in un unico mondo.
Ma Halle Bailey è anche, e soprattutto, una sirena in carne ed ossa. E per questo il suo personaggio è più tangibile, più reale. La sinossi ci dice che Ariel ha 18 anni. E questo nuovo film allarga il target, raggiunge e fa identificare non solo le bambine, ma anche le adolescenti. Ed è un bene. Perché la storia di Ariel è una storia di emancipazione e autodeterminazione femminile. La storia di una ragazza che perde la voce per ritrovare la sua voce. Per essere finalmente ascoltata. L’auspicio è che sia di modello a tante ragazze che provano a far uscire la loro voce: che questa voce possa arrivare forte e chiara.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
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TOM CRUISE | MISSION:IMPOSSIBLE – Dead Reckoning – Parte Uno

Published
2 settimane agoon
18 Maggio 2023By
DailyMood.it
Tom Cruise torna al cinema con un nuovo capitolo di Mission:Impossible – Dead Reckoning – Parte Uno
Questa è la loro missione più pericolosa.
Nelle sale cinematografiche dal 12 luglio.
SINOSSI
In Mission: Impossible – Dead Reckoning Parte Uno, Ethan Hunt ( Tom Cruise) e la sua squadra dell’IMF si trovano di fronte alla sfida più pericolosa che abbiano mai affrontato: trovare e disinnescare una nuova terrificante arma che minaccia l’ intera umanità.
Con il destino del mondo e il controllo del futuro appesi a un filo, la squadra inizierà una frenetica missione in tutto il mondo, per impedire che l’arma cada nelle mani sbagliate.
Messo di fronte a un nemico misterioso e onnipotente, tormentato da forze oscure del passato, Ethan sarà costretto a decidere se sacrificare tutto per questa missione, comprese le vite di coloro che gli stanno più a cuore.
Photo Credits: Paramount Pictures
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Sanctuary: Margaret Qualley, la figlia di Andie MacDowell è diventata grande

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