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Style & Luxury

Glass. I supereroi secondo M. Night Shyamalan

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Avevamo lasciato David Dunn (Bruce Willis) seduto al bancone di un diner, mentre, alla domanda di una signora, rispondeva “l’Uomo di Vetro”. Era l’ultima scena di Split, il film di M. Night Shyamalan del 2016 che, a sorpresa, riportava in scena, ma solo alla fine, il protagonista di Unbreakable, il film cult del regista di Philadelphia del 2000, una delle

sue opere migliori e una delle riflessioni più interessanti sul mondo dei fumetti e dei supereroi. Quella risposta serviva ad aprire la strada al terzo film di questa trilogia imperfetta: Glass, nelle sale dal 17 gennaio. A parte quella fugace apparizione, non vedevamo David da 18 anni. Dalla fine di Unbreakable, quando finalmente aveva preso coscienza di essere un supereroe e aveva deciso di aiutare gli alti. Aveva una sua divisa, un mantello nero impermeabile con un cappuccio che faceva sì che la sua figura si stagliasse nell’ombra come un Batman reale e terreno, senza alcun gadget tecnologico. Non aveva ancora un nome. Nelle prime scene di Glass veniamo a sapere che, dopo averlo chiamato Il Ballerino, la gente ha preso a chiamarlo Il Sorvegliante (The Overseer), e che la sua divisa iconica è sempre quella. Il figlio, che era stato il primo a credere in lui, lo aiuta: di giorno lavora con lui in un negozio di articoli per la sicurezza domestica, di notte localizza con il computer i criminali che il padre cattura. Oggi, rispetto al 2000, ci sono i social media, perfetti per amplificare le gesta del Sorvegliante, ma anche per stanare i malviventi. Uno di questi è Kevin Crumb, cioè L’Orda (James McAvoy), un uomo con personalità multiple che abbiamo conosciuto in Split, la più inquietante delle quali è La Bestia. Lui e Dunn sono destinati a scontrarsi. Arrestati, vengono portati in un ospedale psichiatrico, nello stesso luogo dove si trova Elijah Price (Samuel L. Jackson), alias Mr. Glass, l’Uomo di vetro. È l’antagonista storico di Dunn. E non aspetta altri che lui, e il nuovo inquilino…

Nel mondo dei fumetti, ci aveva spiegato proprio Mr. Glass, ci sono due tipi di cattivi. Uno è il cattivo d’azione; l’altro è la mente suprema, quello che riesce a ordire complotti e condizionare le persone. Lui, ovviamente è il secondo, e ha bisogno del primo, e crede di trovarlo nell’Orda, in particolare nella Bestia. Ma ha anche bisogno di David Dunn; perché un cattivo ha bisogno dell’eroe, del suo opposto, per definirsi, per trovare il suo posto nel mondo, per dimostrare che un uomo dalle ossa fragilissime non è un errore. Sin da Unbreakable ci piace questo modo di raccontare l’universo dei fumetti e dei supereroi: non prendendo spunto da un fumetto già esistente, ma creando dei personaggi ex novo, e prendendosi così la libertà di approfondirli, e di coglierne l’essenza del loro essere eroi o villain. La cosa eccezionale di Unbreakable era che prendeva l’irreale per antonomasia (il mondo dei supereroi) per portarlo nel reale (la vita di tutti i giorni di un uomo qualunque) ma rendeva il reale incantato, sospeso, magico. I tre protagonisti di Glass potrebbero essere Batman (il Sorvegliante), Hulk (la Bestia) o Magneto (l’Uomo di vetro). Ma prima che come creature straordinarie, li vediamo come uomini (e anche come bambini, con poche, semplici scene, che diventano della backstory molto efficaci), capiamo le loro motivazioni, le loro paure, il loro dolore.

Glass, ancora più dei due che lo hanno preceduto, è un film unico. Perché lavora sulla percezione del mondo e di se stessi dei protagonisti. Pensateci: tutti i film danno per scontato di vivere in un mondo che ammette l’esistenza dei supereroi. Glass invece ci tiene costantemente in dubbio: siamo in un fumetto, e quindi i nostri protagonisti sono supereroi e supervillain, o siamo nella vita reale, e allora sono qualcos’altro? E, se sono qualcos’altro, allora cosa sono? La dottoressa Ellie Staple (Sarah Paulson), che entra in scena a un certo punto del film, dice di essere un’esperta in malati psichiatrici con manie di grandezza che si credono dei supereroi. L’essere eroe, cioè diverso, visto come patologia, come malattia mentale, è qualcosa di nuovo nel mondo del cinema. Cominciamo ad avere dei dubbi noi che guardiamo, e cominciano a dubitare gli stessi protagonisti, mentre i colori del film, da accesi, sfumano sempre di più nella monocromia man mano che i nostri personaggi smettono di credere al loro mondo.

Non era facile mettere insieme un film come Glass, che si trova a fondere due mondi diversi: il cinecomic mascherato da thriller che era Unbreakable, dotato di un grande senso pittorico e dei chiaroscuri dei fumetti, e quell’horror psicologico che era Split, dai colori più chiari, lividi, e da uno stile più moderno e legato alla produzione della BlumHouse. Troviamo che Glass sia più affascinante quando oscilla verso il mondo di Unbreakable più che verso quello di Split. E che abbia una costruzione molto particolare, con tanta azione all’inizio e alla fine e una parte centrale molto riflessiva e affascinante, ma forse troppo lunga. Ma, come spesso accade nel cinema di Shyamalan, sono gli ultimi attimi, quando il film sembra già finito, quelli in cui arrivano quei fotogrammi che tengono con il fiato in sospeso. E in cui scatta la magia. Glass ha non uno, ma due twist ending, quei finali a sorpresa che sono il marchio di fabbrica del regista di Philadelphia. E sono tra i finali migliori del suo cinema. Glass è un cinecomic senza esserlo veramente: è ambientato nel mondo reale, ma lascia la magia dei fumetti, evocati continuamente dai protagonisti, costantemente nell’aria. A noi piace l’idea di avere fiducia in un supereroe che nasca tra noi perché ne abbiamo bisogno. E ci piace anche pensare che i supereroi esistano davvero, ma si stiano nascondendo. O forse siamo noi che non sappiamo riconoscerli.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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Fashion News

L’ARABESQUE TRA MODA E ARTE, ROMANTICA E FOLK LA PRIMAVERA ESTATE 2024

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L’arte, da sempre ispirazione e filo conduttore delle collezioni l’arabesque, per la primavera estate 24 Chichi Meroni, founder e designer del brand meneghino, si ispira allo slancio mistico delle statuette cicladiche, idoli pre-ellenici dalle forme essenziali, sintetiche, quasi astratte, e delle sculture stilizzate del grande artista rumeno Constantin Brancusi; opere in cui la forma è resa da pochi elementi astraenti geometrizzati, sufficienti a evocare una metafisica presenza.
Rende omaggio alla scultura cicladica e alle opere di Brancusi, ai pezzi esposti ad Atene al Museo di Arte Cicladica e nell’atelier parigino dello scultore.

Primitiva essenzialità delle forme, volumi ovali, sinuosi, fluidi e folklore popolare sono i temi della SS24 di l’arabesque milano.

Le grandi balze bianche e nere plissé della gonna in seta evocano la tensione e il movimento della Colonna Infinita che si inerpica nello spazio e che si materializza, insieme a L’Oiseau dans l’Espace, La Negresse Blonde, Mademoiselle Pogany, Danaide, dipinta a mano, sulla bar jacket in gabardina nera.

Recuperare e trasferire in chiave stilizzata motivi del folklore popolare, oltrepassare l’esteriore naturalismo eliminando ogni approccio mimetico basato sull’osservazione diretta, ricercando invece una forma che sia insieme sintesi ed essenza: questo l’approccio dell’arte cicladica, delle sculture di Brancusi e il punto di vista di Chichi Meroni.

Il satin stampato a rose folk dà forma ad una gipsy bell skirt e ad una bar jacket, la Maiastra dal canto melodioso evocata da L’Oiseau dans L’Espace e Le Coq, altro mitico volatile del folklore rumeno, entrambi riprodotti dipinti a mano sul capospalla e sulla balloon skirt, ci trasportano nel mondo delle fiabe popolari in cui la moderna principessa di l’arabesque può scegliere se indossare un midi dress in sangallo traforato nero o un abito in organza ricamata con fiori in jais.
Rose di velluto e fiori pop dorati ritornano applicati su mini cardigan e su giacche con collo Peter Pan.

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Lifestyle

Isolamento del sottotetto con cellulosa: tutto ciò che c’è da sapere su questo processo

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Immersi in un contesto sempre più stressante e frenetico, gestire l’ambiente domestico in modo che questo riesca ad essere abbastanza confortevole e funzionale da garantire un’esperienza piacevole nel complesso rappresenta una vera e propria priorità. Al termine di una giornata intensa, ritornare a casa dovrebbe significare essere in grado di trovare ristoro e tranquillità, preparandosi ad affrontare al meglio le sfide del quotidiano o rigenerarsi al termine di una lunga giornata. In ogni caso, poter definire un simile spazio rende necessario il compimento di investimenti oculati e mirati, rivolti ai punti critici dell’abitazione.

Sono diverse, in questo frangente, le soluzioni per migliorare l’ambiente domestico, ma di sicuro una delle più importanti riguarda la cura degli elementi isolanti della casa. Riuscire a mantenere una temperatura adeguata nell’ambiente non significa soltanto garantirne il comfort, ma anche contribuire al risparmio energetico e alla sostenibilità ambientale. Tra le varie zone della casa che, in questo senso, richiedono attenzione particolare, il sottotetto si afferma come un elemento di cruciale importanza.

Quando si parla di isolamento del sottotetto si fa riferimento ad un elemento in grado di fare la differenza per il mantenimento di una temperatura uniforme all’interno dell’abitazione, permettendo di migliorare dispersioni di calore in inverno o eccessivo surriscaldamento in estate. Questo specifico approccio si rivela molto importante se si considera che la termoregolazione della casa costituisce uno degli elementi più importanti per ridurre i costi in bolletta e migliorare l’ecosostenibilità dell’immobile nel complesso. Il sottotetto, nel complesso, è uno degli elementi principali in grado di agire su questo aspetto, diventando di per sé una vera e propria zona critica.

Oggi, le realtà esperte del settore offrono diverse tecniche di isolamento. Tra queste, l’isolamento con cellulosa spicca per essere una delle soluzioni più efficaci ed ecologicamente sostenibili. La cellulosa, infatti, è un materiale ottenuto dalla carta riciclata, in grado di offrire un’ottima capacità di isolamento termico. Allo stesso tempo, contribuisce a ridurre l’impatto ambientale di determinati interventi. Nelle prossime righe, andremo a scoprire il dettaglio sulla procedura e i suoi vantaggi.

Isolamento del sottotetto con cellulosa: i dettagli su come si attua

Come si potrà evincere dalle premesse effettuate, l’isolamento del sottotetto con cellulosa predispone a rivolgersi a delle realtà esperte del settore. Vai su pro-tetto.it per avere più info al riguardo. In ogni caso, come detto, questa soluzione rappresenta una delle più avanzate dal punto di vista tecnologico, essendo anche profondamente rispettosa nei confronti dell’ambiente. Il processo di isolamento con cellulosa è dividibile in fasi, in modo da assicurarsi anche dei risultati ottimali.

Per prima cosa, dunque, si predispone il sottotetto, in modo da assicurarsi che sia pulito e libero dall’umidità. In secondo luogo, si procede con l’applicazione della cellulosa: un procedimento che avviene attraverso procedimenti differenti, tra cui il soffiaggio, insufflaggio o spruzzatura. Questi procedimenti richiedono l’utilizzo di macchinari differenti e, chiaramente, una specifica expertise di settore per adoperarli. Una volta completata l’installazione della cellulosa, si procede con l’isolamento e il ripristino del sottotetto.

I vantaggi dell’isolamento del sottotetto con cellulosa

Sono diversi i vantaggi offerti dalle tecniche di isolamento del sottotetto con cellulosa, spaziando dall’efficienza energetica che una simile scelta può arrecare al comfort abitativo che offre. La cellulosa conferisce elevate capacità isolanti e, inoltre, riduce i costi energetici in modo notevole, aiutando nella termoregolazione naturale dell’ambiente e nella riduzione delle perdite di calore in inverno o della penetrazione dello stesso dall’esterno in estate. Infine, l’isolamento con cellulosa rappresenta una soluzione estremamente facile da installare e in grado di fornire una maggiore resistenza al fuoco in caso d’incendio.

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Campagne Pubblicitarie

Spring Summer 2024 ADV Campaign

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DO YOU KNOW HOW TO ENJOY REALITY?

Lo scenario che fa da cornice alla campagna pubblicitaria della collezione SS24 di Missoni, immortalata dall’obiettivo di Drew Vickers, è un luogo dove la luce e la luminosità danno vita ad un mondo immaginario in cui vengono esaltati valori come la spontaneità e la positività.

Irina Shayk, carismatica protagonista degli scatti, si ritrova circondata da specchi che mostrano i look da molteplici visioni come un caleidoscopio, mettendo in risalto i sofisticati dettagli dei capi. La sua immagine si riflette ripetutamente, creando un effetto caleidoscopico che invita lo spettatore a divertirsi in questa dimensione. Le combinazioni sono dunque infinite, così come le modalità di vivere la realtà che Missoni racchiude in questa collezione e campagna. La luce è affascinante e lo spazio etereo agisce come una scatola magica in cui entrare per esplorare gioia e felicità.

Il leitmotiv della sfilata SS24 si intreccia ora attraverso le immagini della campagna. I motivi e le trame rendono omaggio alla tradizione esprimendo al contempo una nuova avanguardia; una semplice sofisticatezza adorna i capi in tulle e i dettagli in pizzo sangallo, evidenziandone la materia, la forma ed il colore.

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