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Il Mood del sentimento del moderno in Catania Catania di Emilio Calcagno

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In prima mondiale ha debuttato al Festival Bolzano Danza a Luglio il nuovo lavoro di Emilio Calcagno. Per chi lo conosce, sa che il coreografo e ballerino, naturalizzato francese, ha scelto di descrivere a tinte forti la sua Sicilia, terra d’origine, attraverso molti dei suoi contrasti più tipici e attraverso le sue suggestioni più struggenti. Forse è proprio però in questo passaggio, dal fuori e al dentro di sè che lo spettacolo, dal titolo “Catania Catania” può definirsi un buon esempio di “mood swing” perchè permette alla danza dei singoli ballerini di farsi specchio l’uno dell’altra, in repentini cambi di ritmo in scena, alla costante scoperta di un lato che non è performance ma ascolto della società attraverso il ritmo, in quell’ottica, spesso più fragile ed oscura, di renderne visibili i temi, da gesti particolari a ritmi di danza più universali attraverso i corpi, come se fossero la “pulsazione” danzante, il ritmo della vita stessa, in questo caso di una comunità che si fa mondo.

DailyMood – Benvenuto e grazie per aver accettato questa intervista, prima domanda quasi scontata: ci parli della compagnia francese ECO che ha fondato e del perchè ha deciso di vivere la sua carriera di ballerino e di coreografo poi, oltr’Alpe , da ben oltre 20 anni, oramai. Anche Lei un cervello (ed un corpo) in fuga?
Emilio Calcagno – La Francia sicuramente fa parte di me. Mi sono formato presso il Centro nazionale della danza Contemporaray di Angers guidato da Joëlle Bouvier e Régis Obadia e sono stato ballerino del Ballet Preljocaj nel 1995. Nel 2006 nasce Compagnie ECO (Dance Company ECO www.compagnie-eco.com) presso “La Faïencerie – Théatre de Creil“, un teatro pubblico in Piccardia. In fuga direi sicuramente, anche se all’inizio, era il 1989, non era previsto che lasciassi l’Italia definitivamente, é stato tutto molto improvvisato a dire il vero. Partii per la Francia senza rifletterci molto, fu quasi un vero e proprio impulso, una scelta azzardata forse ma che si è rivelata vincente per la mia carriera.

DM – Lei ama molto però anche la sua terra d’origine, la Sicilia, ed il suo legame con il Teatro Biondo di Palermo nella creazione del suo ultimo lavoro è noto. A molti ha ricordato che 30 anni prima, ci fu proprio al Biondo lo spettacolo “Palermo Palermo” di Pina Bausch. Esiste forse un legame tra il suo “Catania Catania” e “Palermo Palermo”?
EC – Certo, indubbiamente. Ed il legame é nato proprio con questa occasione di creazione con molti dello staff protagonisti trent’anni fa di Palermo Palermo. Per me il Teatro Biondo inoltre ha un valore del tutto particolare in sè. Era però di enorme importanza che tutta la gestazione dello spettacolo “Catania Catania” avvenisse proprio lì e con quelle persone.Siamo stati accolti in modo molto bello, affettuoso. E’ un teatro incredibile dove esiste un’energia incredibile. Solo in questo modo il legame particolare che si è venuto a creare ha proseguito sul solco di Pina Bausch. Il valore simbolico è per me enorme e rafforzato dal fatto che si apprezzava il mio lavoro e quello dei miei ballerini. E tutto questo con una grande generosità, nonostante un momento non florido per il teatro.

DM –  Lo spettacolo, diceva Pina Bausch, si può mostrare come solo un frammento, una porzione molto piccola di quello che è la vicenda nell’insieme. Quanto è stata profonda la sua ricerca del “suo” frammento, ovvero la sua ricerca sulla “sua” città, Catania? Cosa sentiva il bisogno di dire  al mondo nel “suo” spettacolo sulla sua città?
EC – Concordo con questa frase. Perchè è vero, è impossibile raccontare un’intera storia in un’ora e mezza di spettacolo. Bisogna sicuramente fare delle scelte, mostrare appunto dei frammenti. La creazione di “Catania Catania” é stato per me questo. Accresciuto dal fatto che essendo la mia città sentivo il bisogno di dire molte cose. Che spesso mi venivano fuori accellerate, quasi come come un vero e proprio conato di “vomito” , uso volutamente un termine forte, per rendere l’idea di questo passaggio creativo indispensabile. Erano quelle le cose che volevo fare vedere nel mio spettacolo. Quelle erano le cose che sentivo di dover dire, che era necessario far vedere, che non potevano non essere messe in scene. In questo senso ho scelto cosa mostrare in modo diretto. Senza filtri. Proprio perchè rappresentava qualcosa di cosi personale ero sempre coscente della realtà che volevo esprimere. Ho osato molto. Ho fatto cose che non avevo mai fatto prima in altri spettacoli che ho realizzato. Ho sentito il desierio di parlare di un sentimento, di parlare di una –“sicilianità” che va oltre ma attraverso una parte di me. Un fuori e dentro di me che interagiva con il mio modo di essere alla fine un “isolano” e che sicuramente anch’io ho voluto esprimere dopo un lungo periodo di latenza, perchè ho messo da parte per tanti anni al fine di integrarmi meglio. Chi proviene da un’isola non è come quelli del “continente”, si esprime in modo differente. E’ una parte misteriosa che si cela ai piu’ ma che abbiamo. Per questo non credo di aver finito di raccontare la storia cominciata con “Catania Catania” che sicuramente avrà un seguito. Che forse chiamerà “Isola dei Fumosi ” e sempre con lo stesso gruppo di danzatori ma in un contesto totalmente differente, meno popolare forse, più aristocratico, chissà. Far rivivere e ritrovare gli stessi personaggi di Catania Catania permetterà ai danzatori di ampliare il lavoro svolto, svilupparlo su altri piani narrativi e coreografici ed in un modo nuovo. Mi piacerebbe poter raccontare la storia nella sua totalità. Attraverso storie e leggende, uomini illustri e storici come Giuseppe Garibaldi, mettere la storia più al centro dell’azione, chissà.

DM – Ma Catania Catania racconta della Sicilia dal punto di vista di un quasi estraneo, me lo conceda, essendo Lei in Francia da oltre 20 anni: una Sicilia fatta dalla tradizione della sua infanzia o anche della sua esperanza a distanza?
EC – Mi creda. Questa “doppia cultura”, francese ed italiana, è ciò che mi ha permesso di realizzare lo spettacolo, di avere quel distacco necessario che in altro modo sarebbe stato impossibile creare. Un pò straniero, un pò siciliano, non solo italiano. Ecco il segreto. E poi non dimentichiamo che i siciliani, per antonomasia sono un popolo di una regione italiana che ha subito tante dominazioni differenti. Quasi una schizzofrenia esistenziale che li ha resi ciò che sono: una forza della natura, dove la natura spesso è madre e matrigna , che può baciare o uccidere.

DM –  Ma Catania Catania racconta della Sicilia dal punto di vista di un quasi estraneo, me lo conceda, essendo Lei in Francia da oltre 20 anni: una Sicilia fatta dalla tradizione della sua infanzia o anche della sua esperanza a distanza?
EC – Spero di aver capito bene la domanda sul mio modo di vedere la danza. Perchè mi viene spesso posta nel senso del mio essere siciliano e francese insieme e, sinceramente un pò mi infastidisce. Io mi sento cittadino del mono. Tanto basta. E se per esserlo devo far emergere ciò che sono fuori e dentro di me, ben venga, perchè’ non posso fare altro. Io non ho mai chiesto la nazionalità francese ed in questo quindi sono profondamente italiano. Ma in me convive tutto questo ed emerge a tempo debito. Fuori ho appreso in Francia un metodo di lavoro, la loro discrezione ed il silenzio. Ovviamente dell’Italia conservo la gioia e follia. Che questo emerga attraverso uno swing mood non so. So solo che “Catania Catania” è una dichiarazione d’amore per una città che considero la mia città e cosi la considerero’ per sempre.

DM – Cercherò di essere più precisa:s pesso cercare un “mood” nella danza è stile,maniera. Spettacoli che esplorano per concetti chiave passando attraverso o l’individualita’ piu’ assoluta o la coralità piu’ vuota.In questo senso “swing”. Perchè sono specchio, sono pulsazione viva. Questo secondo Lei avviene per le nuove generazioni di danzatori o per le nuove generazioni di coreografi?
EC – La danza é un linguaggio e sicuramente è spessoil linguaggio che maggiormente offre un riflesso di una società e del suo cambiamento. Sicuramente quindi si. Perchè siamo alla fine di un percorso artistico che si sta esaurendo e all’inizio di un altro in arrivo. Sicuramente il “mood” è dato dall’introduzione massiccia delle nuove tecnologie che hanno cambiato in modo drastico il modo di fare spettacolo dal vivo. Come pure la vita di tutti i giorni, la società. Vero è che non esistono una nuova generezione di danzatori in generle non ce n’è una e basta. Perchè ogni paese ha la sua storia. Per esempio è difficilissimo paragonare il mondo della danza italiano e quello francese. Quindi difficile dirlo.

DM – Cosa pensa di quello che avviene nella danza contemporanea in Italia ed in Francia e perchè sono mondi così difficili da paragonare?
EC – Dipende. Gli italiani per esempio amano la danza ma la conoscono poco. Pensano sia o opera lirica o balletto classico.Tutto è invece migliorabile. Fino a quando i teatri però non faranno un vero lavoro di formazione con (e per) il pubblico , la danza rimarrà in Italia per me poco conosciuta. Bisogna creare dei nuovi luoghi di lavoro, dei posti di lavoro nei Teatri nelle pubbliche relazioni. Posti strategici che permettano alla danza contemporanea di “democratizzarla”, renderla accessibile dal suo interno. Divulgare, far conoscere,invogliare la gente a venire in teatro ma partendo dai teatri.

DM – Concludendo, ci dica, ora, si sente più ballerino o coreografo?
EC – Né l’uno né l’altro perchè sarebbe riduttivo, preferisco “metteur en scene” , si, ho l’impressione che mi corrisponda di più .

di Cristina T.Chiochia per DailyMood.it

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Continua la partnership di successo tra Oknoplast e MOCAK – Museo d’Arte Contemporanea di Cracovia. Al via la seconda edizione del concorso internazionale per artisti emergenti

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È aperta la seconda edizione del concorso OKNOPLAST FOR ART, in collaborazione con MOCAKil Museo d’Arte Contemporanea di Cracovia – che mira a sviluppare e diffondere la cultura e l’arte contemporanea, oltre a sostenere attivamente la formazione. Dopo il successo riscontrato dalla prima edizione, svoltasi lo scorso anno, la partnership continua. La collaborazione, annunciata per la prima volta nel 2022, riflette i valori a cui si ispira da sempre l’azienda, leader nel settore degli infissi di qualità, secondo cui design e creatività sono il motore di crescita e innovazione continue.

“Oknoplast ha molte qualità in comune con gli artisti che si sono candidati e hanno partecipato alla prima edizione del concorso. Ci focalizziamo sul design, ci impegniamo nella creazione di prodotti unici che sorprendono e cerchiamo di percorrere strade sempre nuove” ha dichiarato Magdalena Cedro-Czubaj, Direttore Marketing del Gruppo OKNOPLAST.

Negli ultimi anni, OKNOPLAST si è impegnata su vari fronti per sostenere il mondo dell’arte, la cultura e le attività educative delle istituzioni che sostiene. Anche per questo 2024, l’azienda ha rinnovato l’impegno di farsi promotrice – insieme al MOCAK – di un vero e proprio concorso rivolto ad artisti internazionali emergenti invitandoli a esprimere liberamente la propria creatività utilizzando come “tela” la finestra. La competizione OKNOPLAST FOR ART si chiuderà il 4 marzo 2024, termine ultimo per l’invio dei progetti. I vincitori di questa seconda edizione riceveranno diversi premi: 7.000 euro, 3.000 euro e 2.000 euro.

Il 29 giugno scorso erano stati annunciati i risultati della prima edizione del concorso dove il primo vincitore, Jakub Słomkowski, ha ricevuto in premio la somma di 8.000 euro grazie alla sua opera “Gelosia di guerra (Zazdrostka wojenna)”. Il secondo ed il terzo classificato – Andrzej Wełmiński che ha presentato “Non guardare (dont look)” e Mateusz Sak con un’opera senza titolo (bez tytułu) – hanno ricevuto rispettivamente un premio da 2.000 euro ciascuno. Tutti e tre i vincitori si sono ispirati a problemi profondi che il mondo moderno sta affrontando.

“Il numero di progetti inviati e la qualità della prima edizione del concorso mostrano grande coinvolgimento e sottolineano la necessità di mantenere una collaborazione attiva tra Oknoplast e la comunità artistica. Siamo contenti che i frutti delle nostre attività siano opere d’arte uniche in grado di suscitare emozioni e commuovere il pubblico.“, ha continuato Magdalena Cedro-Czubaj, Direttore Marketing del Gruppo OKNOPLAST.

 Maria Anna Potocka, direttrice del Museo d’Arte Contemporanea MOCAK di Cracovia ha aggiunto “Questa prima edizione del concorso ha raccolto oltre 200 progetti creati da artisti provenienti non solo dalla Polonia ma dall’Europa intera. Il tema abbastanza libero, la finestra, ha dato la possibilità agli artisti di spaziare nell’interpretazione scontrandosi ovviamente con diverse sfide personali. La mostra allestita post-competizione è stata l’occasione perfetta per sottolineare l’alto livello di tutte le diverse opere d’arte raccolte, vincitrici e non”.

 Tutte le informazioni sulla seconda edizione del concorso e sulle modalità di partecipazione sono contenute nel sito dedicato http://art.oknoplast.com/.

Regolamento del concorso

Il concorso si rivolge ad artisti maggiorenni che sono attualmente iscritti o che si sono già diplomati presso una Scuola d’Arte, così come a coloro che lavorano nel mondo dell’arte e che hanno la possibilità di presentare un portfolio di progetti. Potrà partecipare chi risiede nell’area dell’Unione Europea.
Si potrà inviare un solo progetto. Anche i collettivi artistici potranno candidare un unico lavoro.
I partecipanti dovranno inviare il proprio progetto in formato grafico, per una dimensione massima di 20MB.
Verranno valutati per ciascun lavoro: unicità, tecnica di esecuzione e valore artistico.
Nello sviluppo del progetto dovranno rimanere inalterate la struttura della finestra, il vetro e il sistema di apertura.

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Filippo Poletti: «Il vero leader dell’intelligenza artificiale? Cuore e cervello

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Entro 5 anni il 50% delle decisioni manageriali sarà preso con IA»
Nel libro “SMART LEADERSHIP CANVAS” dell’influencer Poletti i passi da fare un anno dopo ChatGPT: all’iinterno 20 interviste a Microsoft, Cisco, Siemens, Scalapay, Zucchetti, illimity e altre aziende

Il vero leader ai tempi dell’intelligenza artificiale? Deve avere cuore e cervello, il primo per prendersi cura delle persone, il secondo per raggiungere gli obiettivi di business promuovendo un impatto positivo sulla società. In un contesto in cui, entro i prossimi 5 anni, il 50% delle decisioni manageriali sarà preso in collaborazione con l’IA, sono queste le fondamenta del “test del cuore e del cervello” per i capi articolato in dieci passaggi, proposto da Filippo Poletti, giornalista professionista e top voice di LinkedIn, presentato a Microsoft Italia a Milano nella sede italiana assieme all’amministratore delegato Vincenzo Esposito. Il tutto a 365 giorni dal lancio di ChatGPT, che in soli cinque giorni registrò cinque milioni di utenti e a novembre è arrivato a superare i 180 milioni di iscritti.

«Il leader di oggi deve saper progettare il processo di trasformazione in atto, sviluppare all’interno dell’azienda nuove competenze, promuovere una cultura organizzativa che utilizzi al meglio l’intelligenza artificiale e soprattutto individuare quali attività saranno svolte dagli esseri umani e quali dalle macchine, attribuendo all’intelligenza il ruolo di co-pilota e alle persone quello di “piloti” della rivoluzione in atto», spiega Filippo Poletti, ideatore e autore del libro “Smart Leadership Canvas: come guidare la rivoluzione dell’intelligenza artificiale con il cuore e il cervello” assieme ad Alberto Ferraris, professore ordinario in economia e gestione delle imprese. All’interno del volume, edito da Guerini Next, le teorie sulla leadership assieme ad analisi quantitative curate da Alessandro Zollo, CEO di Great Place to Work Italia, e a venti interviste ai leader appartenenti alla generazione dei boomer, X e Z, da Microsoft a Google, Cisco, Siemens, illimity, Webuild fino all’unicorno Scalapay, cofondato da Simone Mancini, classe 1987.

IL DECALOGO DEL LEADER AI TEMPI DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE
«Stiamo passando a una figura di leader poliedrico, che deve avere capacità e competenze commisurate con l’evoluzione della tecnologia, a garanzia di un operato che unisca l’efficacia dell’IA al valore inestimabile del talento umano», spiega Poletti. Questo il decalogo del leader di cuore e cervello ai tempi dell’intelligenza artificiale:
1. sa integrare il lavoro fatto dalle persone con quello dell’intelligenza artificiale
2. sa individuare il livello di urgenza della collaborazione persone-intelligenza artificiale
3. sa stabilire il grado di importanza della collaborazione persone-intelligenza artificiale
4. sa coinvolgere i collaboratori per valorizzarli e non per sostituirli
5. sa sviluppare relazioni positive con i collaboratori
6. sa favorire il benessere dei collaboratori
7. sa promuovere l’innovazione in azienda
8. sa prendere le decisioni necessarie per sviluppare il business aziendale
9. sa realizzare gli obiettivi aziendali nel rispetto delle regole e dell’etica professionale
10. sa individuare gli ostacoli e agire con rapidità

20 “SFUMATURE” DI LEADERSHIP: MICROSOFT, GOOGLE, CISCO, ILLIMITY E SCALAPAY
La collaborazione tra intelligenza umana e artificiale stimola tante letture da parte dei leader coinvolti nel libro e con formazione differente. È qui che emergono venti “sfumature” della leadership: c’è, ad esempio, “la leadership della prosperità” raccontata da Vicenzo Esposito, CEO di Microsoft Italia, così come “la leadership coraggiosa” presentata da Melissa Ferretti Peretti, CEO di Google Italia, “la leadership inclusiva” tratteggiata da Agostino Santoni, vicepresidente di Cisco Sud Europa e vicepresidente di Confindustria con delega al digitale, “la leadership agile” indicata da Floriano Masoero, CEO di Siemens Italia, “la leadership utile” suggerita da Corrado Passera, CEO di illimity, e “la leadership condivisa” su cui riflette Cristina Zucchetti di Zucchetti Group.

«Un leader deve ritenersi soddisfatto se l’azienda cresce e, allo stesso tempo, se crescono le persone che ci lavorano così come il resto della società. La “Smart Leadership Formula” è composta, oltre che dalla collaborazione uomo-macchina, dal cuore e dal cervello, dall’impatto generato nel mondo», conclude Filippo Poletti nel nuovo vademecum per il leader dell’era dell’intelligenza artificiale.

Scheda del libro
Titolo: “Smart Leadership Canvas: come guidare la rivoluzione dell’intelligenza artificiale con il cuore e il cervello”
Editore: Guerini Next
ISBN: 9788868964986
Pagine: 330
Prezzo: 21,50€
Disponibile su tutte le piattaforme online e nelle librerie dal 1° dicembre 2023

Top voice di LinkedIn con executive MBA al Politecnico di Milano, dal 2017 cura su LinkedIn una rubrica quotidiana dedicata al lavoro. È stato inserito da WikiMilano tra i protagonisti della vita metropolitana. Speaker, formatore e giornalista professionista ha scritto per oltre 30 testate nazionali come il Corriere della Sera. Tra i suoi i libri Tempo di IoP: Intranet of People, Grammatica del nuovo mondo, MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose e Ucraina: grammatica dell’inferno.

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DailyMood.it interviewed Asian-American supermodel, actress and advocate JULIA LEE

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DailyMood.it interviewed Asian-American supermodel, actress and advocate JULIA LEE (@ItsJuliaLee) she has walked numerous international runways, graced covers such as Harper’s Bazaar and L’Officiel and has been the face of some of fashion’s top brands and beauty all over the world to the point of becoming one of the most sought-after models of his generation. Now embarking on a new journey, she is honing her acting skills and moving on to work in television and film, following in the footsteps of some of her contemporary role models such as Cara Delevingne and Emily Ratajkowski.

Born just outside of Philadelphia, Lee is of Chinese and Vietnamese descent. An advocate for better representation of Asian Americans in the media and fashion world (known for their limited selection of Asians in the industry), she is working tirelessly to end stigma and stereotypes and for a more inclusive industry.

DAILYMOO.IT We know that as a young girl you were a talented pianist. What did music represent for you?
JULIA LEE:
When I was young, playing piano felt more like I was living out my mom’s dream than mine. I wanted to play sports. Looking back, I really appreciate the skillsets they embedded in me such as memorization, focus, and consistency. Playing a song 10 times perfect in a row before I could go to bed will do that to you.
During the pandemic, I found myself drawn to the songs of my youth. It brought out a youthful joy from deep inside me to relive my childhood music through a new expression of my grown self. In a way it reminded me of that feeling when anybody could listen to and connect with the playing – which I did not necessarily fully appreciate as a child. Anyone can connect with my expression. There are no words, just sound.

Julia Lee – ©Kezi Ban

DM: Art has many faces, do you feel like an “Artistic” person?
JL: Absolutely. I think everybody is artistic. It’s just about finding a medium to channel ones expression. Growing up, it was through sewing my own belts and making jewelry. Now, it comes out even in simple things like cooking.
I think being artistic means doing something with love and putting passion, fire, and life into it. If I sit in a chair and am naturally posing and expressing myself with my body, that’s artistic. You can literally be artistic with anything and everything you do in life!

DM: How did your modeling career start and what is the best memory you have of this profession?
JL: As a teenager, I was scouted at my local mall for Philly Fashion Week. I was picked as 1 of 10 finalists to walk the show, but my Mom wouldn’t let me participate. After thinking about “what if” for a year, I tried out the next year. When I was picked, I didn’t tell my parents and skipped school to do the fashion show. The REBEL was born!
My favorite memory was shooting for the cover of Harper’s Bazaar Vietnam. I worked with an incredibly talented team including stylist Kevin Parker who heads Philly Fashion Week with Kerry Scott. Philly Fashion Week is where my modeling career started, so it was one of my full circle moments. Vietnam is where my father, who had passed not long ago, was from. I may not have known it in the moment, but the kismet was undeniable. This whole journey of pursuing modeling as a career was not always smooth. My traditional upbringing did not lend itself to the wanderlust career of modeling, and my parents unknowingly made sure I knew that. There were moments where I felt unsure if I was making the right decisions because it felt like everyone close to me wanted me to go on a different path. So getting this cover was an affirmation in my belief in myself, and that chasing my dreams was worth the leap.

DM: What does it mean to you to be an Asian model? Have you found particular difficulties in establishing yourself in the fashion world?
JL: Being an Asian model means that I am being picked or cast by clients with one of the fundamentals reasons being: I am Asian. There was meaning behind picking me: whether that is to effectively market to a certain group (often the “Woke Approval”), or to fill a specific role (the “pretty Asian girl”). Asides from filling checkboxes, being hired as solely a model means that I am being picked because of statistics like my measurements and how I fit the clothes (plus being likable – which helps determine who clients decide to work with).
The biggest difficulty I face is feeling like I’m not being seen. I’ve been told by the industry that I’m too pretty, I’m not Asian enough, that I just don’t fit their standard for how they think Asians should be portrayed (which is looking exotic or traditional). As an Asian American, specifically a mix of Chinese and Vietnamese, I often felt like I didn’t fit in the box that clients, casting directors, and agents wanted to put me in based on seeing my stats like Asian ethnicity, height, hair color, eye color, etc.

DM:  In this regard, we know that you are particularly active in improving the representation of Asian Americans in the media and in the world of models. What does it mean to be “Activists” nowadays?
JL: I think being an activist means taking action towards a cause for the greater good with the intention of making a positive impact. I think it’s about moving through life pushing for a purpose that’s much bigger than oneself. It’s about inspiring others to think about the way they act and make a change collectively.

DM: Are you attracted to the world of the ‘seventh art’? In what kind of film would you like to act?
JL: While I will always cherish my experiences as a model, I’ve been exploring new creative outlets and have been pursuing more acting opportunities. I’m ready to express myself through words, body language, and bring characters to life in a way that modeling doesn’t always allow for.
I would love to play the role of a professional athlete. I admire professional athletes for how committed and in love they are with their sport. I think I could bring my experience playing piano to the table to make for a dynamic leading role. It would certainly be interesting to highlight a female Asian athlete since they are almost entirely overlooked, and severely underrepresented.

DM: What would you recommend to a girl who wants to start your profession?
JL:
Take your time with it. Your career is not over once you hit 18 years old. Be yourself, that’s the best selling point you have rather than trying to fit into what you think the industry wants you to be. The camera does not lie and picks up what’s real – like your emotion and imperfections, so it’s important to make sure you’re bringing your true self forward.

DM: Can you tell us about your future projects?
JL:
I just returned from the British Virgin Islands where I modeled at Summer Sizzle, an international fashion and lifestyle event. I walked for many designers and created some interviews with them that I am really proud of and will be posting on social media soon. It was nice to have intimate moments, getting to know the designers one-on-one, since during fashion shows quality time to just sit down and talk is nearly impossible.    

I plan to go to NYFW and attend and walk some shows. After that, I’m planning a trip for Fall or early Winter to travel to Vietnam and connect with my Vietnamese heritage. In between model bookings and content creation, I’m focusing on my acting and building my brand.

Photo/ Najah Mansur @munglassy

DM: Social Media: how important have they become for a person who does your business?
JL: Very important! I can’t name a casting or audition where I didn’t have to put down my social media handles. It lets clients get to know you a bit better than a 2 minute audition tape. The added colour is invaluable to maximizing the impact of marrying your interior with your exterior.

DM: Do you find it right and correct that often fashion and the choice of models, is influenced by social media?
JL:
Absolutely. I think nowadays, clients want to know more about the model before booking. After all, there’s more to it than being just a pretty face. Today, I think that there is a lot of crossover between models and “influencers” when clients book talent. I think ideally a client should book a model who is experienced with posing & walking, and it’s a plus if they have a social media presence. This industry is competitive and social media brings another layer to it. I think it is a positive when the social media is an additive to the model, but not the defining factor. Think of it as more of a partnership with You than just hiring your looks.

DM:Do you like Italy? Can you leave a greeting to all DailyMood.it readers who will soon read your interview?
JL:
I LOVE Italy! I’ve lived in Milan for a total of 7 months and had life changing experiences. I related to the cultural similarities like the importance of food bringing the family together and even little things like hang-drying clothes. I would love to visit Capri next. My friend recommended La Minerva Capri to stay. I heard it’s a beautiful romantic getaway!

Ciao, sono Giulia. Sono entusiasta di condividere con voi qualcosa su di me e spero di poter venire presto a visitare l’Italia!

Grazie a te Julia dalla Redazione di DailyMood.it

di Emma Mariani

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