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Padiglione Uno Expo 2015. Arts & Foods

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L’arte da nutrire all’EXPO: Panem et circenses ovvero la povertà della messa in scena

Lasciando ai polemici il tempo delle polemiche su quanto è costato Germano Celant al contribuente (ma perchè allora non scandalizzarsi per il “buco” del PalaCinema irrealizzato di Venezia), nel complesso la mostra Arts & Foods al Padiglione Uno di Expo, ovvero la Triennale di Milano, è una bella esperienza. Non nel senso del bello che c’è nel saper guardare (e vedere) un’opera d’arte, ma per quel senso del non cercare la bellezza a tutti i costi così tipico di questi anni e nel compiere (a fatica o volentieri) quel salto drammatico di vedere nello spettatore non più un fruitore di arte, ma un elemento stesso di quella forma d’arte: l’arte dell’esperienza, appunto.

La bellezza come mostruosità. Ecco il senso drammatico di questo percorso emozionale sviluppato in tutte e 4 le location della Triennale di Milano e che formano il PADIGLIONE UNO di Expo. Un viaggio nel rituale del cibo dal 1851, anno del primo Expo. E se all’inizio, è la tavola imbandita ottocentesca veneziana, bellissima, ad attenderci, è sicuramente quell’appagamento oscuro nel non “ritrovarsi” in quello che si vede a rendere interessante il padiglione.

Nessuno, o quasi, si accorge dei Monet, dei Picasso, sparsi per le sale, nessuno, o quasi, pare accorgersi della sezione sul cannibalismo con la foto di una donna (morta?) senza didascalia nella teca o del locus amoenus di D’Annunzio originale, ricostruito in un angolo di una sala. Nessuno, o quasi, pare avere voglia di guardare oltre quelle finestrelle di camper che aprono scenari di case componibili “riempite” come un tacchino di opere d’arte per parafrasare, forse, un’accoglienza calda che è impedita dal fatto di non poterci entrare. Tutto è rappresentato, anche la navicella spaziale russa del secondo percorso del primo piano, accanto al cibo degli astronauti, tanto che pare quasi una presa in giro, non essendoci neppure una didascalia esplicativa. Nessuno. Tutto. Come se il futuro della terra fosse in “allarme rosso” e la tecnologia scandisse il tempo della nostra innocua perversione di essere vivi. Tanto per vivere.

dettaglio-art-and-food-EVENTO

Un grido di libertà? Forse. Una voglia di ribellione? Da cosa, non si sa. Ma sicuramente il Padiglione Uno di Expo, l’unico in città, merita una visita per alimentare il dibattito non tanto su colui che ha dato un nome all’arte povera italiana portandola poi nel mondo, ma perchè rivela negli oltre 2000 lavori esposti provenienti da musei, privati e fondazioni di vario genere, come la diretta conseguenza del “prodotto artistico” (non più pittura, scultura quindi) è il dover essere alimentato. Dovendo quindi costringere gli spettatori a prendere una posizione. Partecipare o non partecipare all’opera. E’ questo il senso delle opere di Andy Wharol, in modo particolare quelle esposte nel percorso per bambini, o quello della povera carrozza ottocentesca con all’interno una mozzarella che gli addetti alle sale cambiano, nella stessa posizione e sempre freschissima ogni mattina, identica a quella delle due uova fritte che l’addetta ad un’altra sala deve friggere e mettere sul tavolo per comporre un volto con il sorriso ad hot dog; così ci si trova a salutare la videocamera a tempo che campeggia da un necessaire per pic nic di un’auto svizzera nella terza sezione della mostra passando accanto ad un enorme bigbigmac. L’arte, o quello che ne resta, che deve essere alimentata da cibo vero.

L’arte creata da performer più che da pittori o scultori, come la sala video dedicata a Marina Abramovic dimostra; fatta per celebrare la vita dell’uomo in un particolare momento storico che ora è nutrita da chi si avvicina a quell’opera. C’è in questa dimensione un salto drammatico che se faceva dell’arte povera, la sorella minore del teatro povero, ora la rende figlia quasi della tragedia greca e del famoso “Panem et circenses“. Di quella stessa tragedia che è l’evento artistico, che non è bello perchè è un’opera d’arte, ma perchè è memoria storica inevitabile di questi tempi dove tutto, o niente, è possibile. E se questo è il senso del Padiglione Uno di EXPO, nessuno meglio del sig.Celant poteva coglierlo. Cosi come l’hanno colto gli organizzatori di Expo inserendo tra i padiglioni anche note nomi di catene fast-food o cioccolato o prodotti per la ginnastica. Perchè volenti o nolenti, questi sono i tempi moderni, che si stanno vivendo. Questa l’unica vera memoria dei rituali del cibo dal 1851 ad oggi.

E per chi volesse, come degna conclusione di questo percorso fra il bello ed il brutto dello stare a tavola fino ai giorni nostri, si inserisce sicuramente anche la mostra della Triennale Design Museum sempre curata dallo stesso curatore che, ovviamente, parte dalla medesima idea di fondo: raccontare una trasformazione attraverso gli strumenti tradizionali della cucina in macchine e automi. Abbandonato il senso di trovarsi in un centro commerciale di elettrodomenstici, ecco l’armata d’invasori che, da metà del XIX Secolo ha completamente sostituito le buone pratiche del cucinare. Il finale del percorso, anche questa volta è teatrale. Con una performance, sempre differente, a cura degli allievi del centro teatro attivo, visibile dal basso verso l’alto con scene di vita quotidiana, nell’installazione di Gaetano Pesce, per vedere il cibo e dove viene preparato sicuramente da un’altra prospettiva. Una curiosità: anche in questa mostra come in Arts & Foods vi è una navicella spaziale. Stavolta un prototipo di cucina. Forse gli alieni sono in mezzo a noi e ci vogliono comunicare qualcosa.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

Photo Credit: http://www.expo2015.org e [Tom Friedman, Big Big Mac, 2013]

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10·Corso·Como e Yohji Yamamoto annunciano la mostra Yohji Yamamoto. Letter to the future

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Per la prima volta in Italia uno speciale progetto espositivo dell’emblematico designer.
10·Corso·Como Galleria, 16.5 – 31.7.24

Nel nuovo capitolo di 10·Corso·Como, secondo la visione di Tiziana Fausti, lo spazio espositivo della Galleria continua la sua programmazione dedicata alla cultura della moda con un progetto speciale del designer che ne ha provocato e ispirato estetiche e immaginari: Yohji Yamamoto. Conosciuto come il poeta del nero, fin dall’inizio della sua carriera, il lavoro di Yamamoto è stato riconosciuto per aver sfidato le convenzioni dello stile. Le sue collezioni hanno ridefinito l’idea di bellezza, sovvertendo gli stereotipi, alla ricerca di una nuova geografia del corpo e di una silhouette universale.

Presentato da 10·Corso·Como e Yohji Yamamoto, il progetto curato da Alessio de’Navasques – curatore e docente di Fashion Archives presso Sapienza Università di Roma – raccoglie un dialogo tra capi iconici di sfilata, collezioni recenti e future, in un climax ascendente e immersivo. Dal 16 Maggio al 31 Luglio 2024 negli spazi della Galleria saranno protagonisti gli abiti in un flusso dove ogni forma, taglio e geometria, trasmette un’idea di futuro e oltre il tempo.

La luminosità della rinnovata Galleria di 10·Corso·Como – ritornata alla sua essenza di spazio industriale – evoca un allestimento puro e lineare, per restituire un’infinita e universale, misteriosa bellezza. In un percorso concepito come un’unica installazione, è chiaro il messaggio di Yohji Yamamoto a Milano e all’Italia, come luogo della creatività per antonomasia. “Io voglio disegnare il tempo” aveva affermato nell’idea di continuità tra passato e presente, che ha condiviso in tutta la sua carriera. Il percorso espositivo indaga l’opera dello stilista che ha fatto della poesia degli abiti strutturati, ma eterei, tagliati e riassemblati – dove penetra lo spazio dei nostri pensieri, delle nostre emozioni – la sua firma di riconoscimento.

Una dichiarazione sul senso universale della forma attraverso i colori assoluti del bianco, del nero e del rosso: gli abiti diventano parole di una letteratura sul rapporto tra corpo e spazio. Per il designer non è un corpo oggettivato da segni e codici di riconoscimento del genere, ma è un corpo che agisce sull’abito e lo trasforma: una moda radicale, che valorizza l’interiorità di chi li indossa.

Yohji Yamamoto.
Letter to the Future
A cura di Alessio de′ Navasques
10·Corso·Como Galleria
16.5 – 31.7.2024
Tutti i giorni: 10.30 – 19.30
Ingresso libero

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La mostra “QUEEN UNSEEN / Peter Hince” incontra il genio artistico di Marco Nereo Rotelli in occasione della Milano Design Week 2024 con l’evento “Freddie’s Mirrors”

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Dal 16 al 21 aprile 2024, in occasione della Milano Design Week 2024, presso Fondazione Luciana Matalon e nell’ambito della mostra “Queen Unseen | Peter Hince” il mondo della musica e del design si contaminano in “Freddie’s Mirrors”, un progetto artistico di Marco Nereo Rotelli in cui le parole delle canzoni dei Queen diventano cifra espressiva impressa su specchi vintage.

Il 16 aprile alle 11.00 in programma la live performance inaugurale dell’artista.

Si moltiplicano le proposte per il pubblico per vivere in maniera sempre nuova l’esperienza della mostra “QUEEN UNSEEN | Peter Hince”, ospitata e prorogata dato il grande successo sino al 5 maggio presso la Fondazione Luciana Matalon di Milano.

Anche in occasione della Milano Design Week 2024, uno degli eventi artistici e mediatici più importanti al mondo, il viaggio nel mondo della celebre band raccontato attraverso le bellissime immagini inedite di Peter Hince, road manager e assistente personale di Freddie Mercury, e da rari oggetti e cimeli, non poteva che essere arricchito da una proposta originale per offrire al pubblico un’esperienza aggiuntiva.

Dalla contaminazione della musica anni ’70 e del design di quell’epoca attualizzato in chiave moderna nasce l’idea di “Freddie’s Mirrors”, un progetto artistico di Marco Nereo Rotelli che sarà protagonista presso la Fondazione Luciana Matalon dal 16 al 21 aprile, all’interno della Mostra già in essere e che è pensato come omaggio ai testi delle canzoni di una band così simbolica.

Il concept consiste in una serie di iconici specchi ad unghia vintage (il famoso modello progettato dall’architetto Rodolfo Bonetto), tutti diversi e disposti in un cerchio magico, che verranno personalizzati con alcune parole tratte dalle canzoni dei Queen, secondo la cifra stilistica che contraddistingue Rotelli, la scrittura di/segnata.

La creazione delle opere avverrà durante una live-performance di Rotelli in occasione della inaugurazione il 16 aprile alle ore 11.00: gli specchi rimarranno allestiti per tutta la durata della Design Week e potranno anche essere successivamente acquistati.

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BAROCK Bold Iconic Tribute to Gianni Versace

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S’inaugura a Catania il prossimo 5, 6 e 7 aprile nelle sale di Palazzo Biscari l’evento site specific BAROCK, Bold Iconic Tribute to Gianni Versace, a cura di Sabina Albano, curatrice WorldWild della collezione privata di abiti e oggetti raccolti negli anni da Antonio Caravano.

Tre notti dedicate al sarto più visionario ed originale della storia del Made in Italy, fondatore nel 1978 dell’omonima casa di moda, nota in tutto il mondo per aver reso possibile l’impossibile, attraverso una grande verve creativa, un’approfondita conoscenza della storia, dell’arte classica e contemporanea con una fondamentale esperie

Ad accogliere il pubblico, sulla scalinata del Palazzo Biscari di Catania, il ritratto/installazione in Op Art di Gianni Versace, realizzato da Marcos Marin.

Nel salone da ballo centrale, invece, sarà possibile ammirare dieci outfit della collezione Bondage provenienti dalla A.C. Private Collection di Antonio Caravano e dalla collezione di Franco Jacassi, uno dei maggiori esperti di vintage al mondo. Grazie a questa selezione sarà possibile ripercorrere le scelte stilistiche compiute negli anni ’90 da Gianni Versace caratterizzate da: massimalismo, assenza di colore, total black con rimandi alla cultura punk, la cui sintesi sono i capi in pelle, borchie e spille da balia XL che chiudono scollature e spacchi profondi.

Nella galleria laterale, invece, sarà allestita una mostra dedicata alle Icone del ’900 disegnate da Bruno Gianesi, già capo ufficio stile uomo e balletto di Gianni Versace. Si potranno ammirare i volti di Marlene Dietrich, David Bowie, Pierpaolo Pasolini, George Michael, solo per citarne alcuni.

A seguire, negli ambienti più intimi del palazzo, nel Boudoir della Principessa, troveremo degli acquerelli di Bruno Gianesi dedicati agli abiti disegnati per la Maison Gianni Versace e una selezione di complementi d’arredo della Home Collection Gianni Versace che come tutto il progetto sono pensati in dialogo con lo spazio che ospita l’evento. Da una parte, infatti, troviamo Palazzo Biscari, uno dei maggiori esempi del Barocco siciliano presenti a Catania e dall’altra la cultura rock, bondage e punk filtrata attraverso l’alta moda di Gianni Versace.

L’evento site specific di Catania rientra in un progetto internazionale, il cui percorso conta già sette prestigiose tappe: quella appena conclusa in POLONIA a Poznań (31 gennaio 2024), le esposizioni di Groningen nei PAESI BASSI (2023), One Night with Gianni / Gianni Versace Baroque Tribute di Catania nel gennaio 2023. I successi delle mostre di Singen (2021) e Berlino (2018) in GERMANIA, Borås in SVEZIA (2020) e la prima sensazionale retrospettiva nel 2017, a venti anni dalla scomparsa di Gianni Versace, al MANN MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE di Napoli.

La manifestazione è organizzata e promossa dall’associazione culturale Saint Caprais; patrocinata dall’Accademia di Belle Arti Catania, sponsorizzata da Servizi MEDIOCASA Franchising immobiliare; in collaborazione con Vintage delirium di Franco Jacassi, the Gallery, One Fashion Catania, Quaderni di Moda, Palazzo Biscari, La Perla del Mediterraneo, F.lli Maria, Crispelleria Santoro, Nisi pasticcerie, Disca Gin, Maravigghia, Valentina Trovato eventi e catering, Solaris distribuzione, Boudoir 36, Bottino vivaio piante, Soul of Efesto, Berkam, Nicotra Estetica, New Hair, Global Sound animation, AWG dj, Alpha 66 Productions, Giudancer, GFM group.

La mostra non è ufficiale né autorizzata o associata a Gianni Versace Srl e/o alla famiglia Versace.

BAROCK
Bold Iconic
Tribute to Gianni Versace
a cura di Sabina Albano

5 – 6 – 7 aprile 2024
Palazzo Biscari, Catania
Via Museo Biscari, 10

Scheda dell’evento

Titolo                                     BAROCK, Bold Iconic Tribute to Gianni Versace

a cura di                                Sabina Albano

Sede                                       Palazzo Biscari, Catania
Via Museo Biscari, 10

Date                                       5 – 6 – 7 aprile 2024

Programma* e biglietti        5 aprile: Opening party dalle 19.30 alle 24.00
Biglietto 20,00 euro + commissioni

6 aprile: Cine-club dalle 18.00 alle 22.00
Biglietto 20,00 euro + commissioni

7 aprile: Closing party dalle 19.30 alle 22.30
Biglietti 20,00 euro + commissioni

Abbonamento 5-6-7 aprile: 45 euro + commissioni

Gli studenti dell’Accademia usufruiranno di uno sconto del 20% su tutti i biglietti in        prevendita, con verifica numero matricola da mostrare all’ingresso.

https://www.liveticket.it/evento.aspx?Id=490457

Dress Code                           “Fashion is fashion”

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