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Serena Gamberoni, da La Scala, al Covent Garden di Londra e il New National Theatre di Tokyo.

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Oggi parliamo con la bellissima Serena Gamberoni, soprano che ha calcato i palcoscenici di teatri come La Scala, il Covent Garden di Londra e il New national Theatre di Tokyo.

Domanda: Serena, parlaci della tua ultima esperienza alla Scala l’anno scorso dove hai interpretato il ruolo di Olga nell’opera di Umberto Giordano “Fedora”
Risposta:
Questa bellissima produzione fatta al teatro alla scala nell’ultima stagione, vedeva come regista Mario Martone nominato agli oscar durante le nostre prove. Lavorare con un regista cinematografico di così alto calibro è sempre bellissimo, il taglio che dà all’opera è sempre molto moderno. Le scenografie si rifacevano a dei quadri di Magritte che rendevano ancora più speciale la nostra presenza in scena, animando dei quadri che di soliti vediamo statici.

I bellissimi costumi erano di Ursula Patzak, già vincitrice di quattro David di Donatello. Il mio personaggio era Olga appunto, una donna russa molto viziata, amante estrema della vita, sempre sopra le righe, vogliosa di primeggiare e di emergere in ogni momento. Proprio per questo il costume è stato creato per mettere in mostra tutte le curve femminili, nero e lucido, con tutta la schiena nuda e un grandissimo spacco sul davanti. Olga entra in scena e ruba la scena alla vera protagonista dell’Opera Fedora, diventando la padrona di casa del bellissimo quadro L’impero delle luci. Un costume così asciutto ha bisogno di una gestualità attuale tipicamente cinematografica e poco leziosa e più vera. Un costume di questo genere non ti permette di mettere su nemmeno un etto! Quindi ho dovuto stare molto attenta alla dieta in quei giorni…

D.: Ben diverso invece era il costume di scena di Alice, tuo personaggio nell’opera di Verdi “Falstaff” andato in scena a Piacenza e nel Circuito Emiliano, giusto?
R: “Esatto, al contrario di Fedora, FALSTAFF a cura del giovanissimo attore LEONARDO LIDI, è stato un insieme di costumi classici, sognanti. I costumi che sogni fin da piccola, quelli ampi che quando ti muovi per il palcoscenico frusciano a contatto con il legno. Sono i costumi che ti aiutano a riempiere la scena, che hanno bisogno di movimenti lenti perché il costume ti segue e ha bisogno del suo spazio e del suo tempo per prendere vita. Si può giocare a creare una danza in cui il costume diventa il tuo partner e diventa parte di te!

D.: E in ultimo, parlaci della piccola Despina, personaggio piccantino in “Così fan tutte” di Mozart alla Royal Opera House di Londra
R.:
Questa produzione è una delle più difficili che io abbia mai fatto, il mio personaggio ha nel primo atto 7 cambi fra costumi e parrucche, ogni volta che esco di scena è una corsa contro il tempo per trasformarsi e tornare in scena. Si passa dai costumi settecenteschi a quelli di una barista bionda e super truccata con pantaloni neri attillati e camicetta semi trasparente. Forse è la produzione dove mi sono divertita di più, la mia aria era diventata come un numero di musical con tanto di ballerini che mi facevano volare giù da un bancone di un bar!”

D.: Grazie Serena! Dove ti possiamo venire ad ascoltare prossimamente?
R.:
“Ho in programma dei concerti in tour con Andrea Bocelli in estate e tornerò a Tokyo nell’Opera “Così fan tutte”, stavolta nel ruolo di Fiordiligi. Sarà interessante interpretare questa donna decisamente meno leggera di Despina”

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Erica Piccotti: “Sono innamorata del violoncello: non lo suono solo con le dita, ma con tutta me stessa”

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Ai tempi del liceo, quelli che sono stati difficili un po’ per tutti, Erica Piccotti era considerata quella ragazza un po’ “strana” rispetto ai suoi coetanei. Era la ragazza che magari non usciva tanto, non andava alle feste, perché passava già tante ore a suonare. Ma la musica è diventa la sua forza, quella che, in quegli anni, dava sfogo a emozioni contrastanti. Quella che le ha permesso di diventare, a 24 anni, una meravigliosa musicista classica, una violoncellista passionale e apprezzata in tutto il mondo. Oggi Erica Piccotti è anche un’attrice. È infatti tra i protagonisti del film 100 Preludi di Alessandra Pescettam prodotto da REVOK in collaborazione con RAI CINEMA, con il contributo del MIC e il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso EMILIA-ROMAGNA FILM COMMISSION. Il film verrà presentato e premiato il 25 ottobre alla settima edizione del Ferrara Film Corto Festival Ambiente è Musica. La colonna sonora, firmata da Lorenzo Esposito Fornasari, vede la partecipazione della cantante e compositrice australiana Lisa Gerrard (nominata agli Oscar e vincitrice di un Golden Globe per Il Gladiatore), oltre alla straordinaria partecipazione della cantante italiana Elisa, che ha offerto la sua voce per una delle tracce della colonna sonora. Vi presentiamo Erica Piccotti, che racconta la sua arte con passione e naturalezza. È un’artista versatile, che può davvero fare qualsiasi cosa, e arrivare ovunque.

Dove nasce l’amore per la musica e per la musica classica?
Il mio amore per la musica è nato subito nei confronti della classica. Mia madre è pianista e la vedevo suonare il piano a casa. Mio fratello più grande a cinque anni aveva iniziato a suonare il violino. In casa c’era sempre la musica classica. Credo di averla ascoltata ancora nel pancione di mamma. Ho iniziato a suonare a 5 anni: prima il piano, poi il violino, ma non mi convinceva. Mia madre mi ha fatto provare il violoncello, me ne sono innamorata e non l’ho più lasciato.

Che cosa aveva di diverso dagli altri strumenti il violoncello?
La prima cosa che mi ha colpito è stata la posizione, più comoda, in cui viene suonato. Si suona da seduti. Il registro alto del violino mi infastidiva, e nel violoncello ho trovato un registro più caldo, più basso, che mi avvolgeva. È uno strumento che si abbraccia, c’è un contatto che sembra una posizione naturale.

Ha avuto dei modelli mentre imparava a suonare?
Da piccola il mio idolo era una violoncellista, Jacqueline du Pré, un’artista con una vita travagliata, venuta a mancare quando era ancora giovane. Trovavo i video delle sue esibizioni su YouTube. Ero totalmente affascinata e coinvolta dal suo modo di interpretare la musica. Era anche l’unica donna che per me poteva essere un esempio.

Ha raccontato come la musica l’abbia aiutata a dare sfogo a emozioni contrastanti, uscire dalla sua condizione di ragazza considerata “strana” rispetto ai suoi coetanei, che l’ha portata a vivere male gli anni del liceo. Che anni sono stati?
La musica era sia la cosa che mi rendeva diversa, sia quella che mi aiutava, che mi arricchiva. Ed era la cosa in cui sfogavo queste emozioni contrastanti e in cui ritrovavo me stessa. Già dalle medie, e poi al liceo, mi sono sentita quella diversa, un po’ fuori posto. La musica, se la prendi sul serio, richiede molto tempo e sacrificio. Io ci tenevo a sembrare una ragazza normale come i miei coetanei ma la mia vita non me lo permetteva. Magari non potevo andare a molte feste, non potevo uscire con le amiche, e facevo molte assenze a scuola, partivo per lezioni e concerti…

Ma l’idea di fare quello che le piaceva è stata la sua forza…
Sì, per me non è mai stato un peso, mi dava una certa forza. La cosa di essere diversa era una difficolta e mi faceva sentire speciale. L’idea di avere una grande passione mi dava molta forza.

Adesso, a 24 anni, fa quello che ha sempre sognato, ottenendo moltissime soddisfazioni professionali e personali…
Mi sento fortunata. Tutto lo sforzo che ho fatto da ragazza me lo sono ritrovato ora, nell’avere una strada spianata e avere chiari i miei orizzonti. Molti dei miei coetanei hanno dei dubbi su cosa fare, si provano tante strade. Io ho la mia. Ho avuto anche io i miei momenti di crisi dove ho messo in dubbio questa strada, come credo sia normale. Però poi l’ho sempre ritrovata.

La chiave per diventare una musicista classica è la disciplina e lo studio quotidiano?
La musica classica è come lo sport. Anche gli sportivi hanno una disciplina che influenza tutta la vita: quando ti svegli, quello che mangi. Per noi musicisti classici il rigore, la disciplina e lo studio sono importantissimi, ma vanno arricchiti dall’esperienza della vita. Non si può passare la vita solo a studiare. Quello che interpretiamo con la musica è la vita stessa: abbiamo bisogno di esperienze da interpretare.

Come definirebbe il suo stile all’interno della musica classica
Coinvolgente. L’idea che si ha dei musicisti classici è che siano un po’ più distaccati, seriosi. Quando interpreto la musica io sono completamente coinvolta. Lo sento non solo con le dita, ma con tutta me stessa. E secondo me questo arriva al pubblico

Il brano Adios Nonino è un tango. La sua è musica che va oltre gli steccati?
A me piace spaziare non mi precludo nulla, mi diverto. Le basi della musica classica ti permettono di suonare qualunque cosa, un po’ come la ballerina classica che può fare tutto il resto. A me diverte. Questi repertori più leggeri, facili per il pubblico, mi piacciono perché avvicinano un pubblico diverso, non abituato alla classica.

C’è qualcosa nell’ambito della musica che le piacerebbe ancora fare?
Io sono molto affascinata dal cantautorato. Sono una malinconica che ama i cantautori italiani. Mi piacciono Fabrizio De André, Francesco De Gregori. Magari una collaborazione del genere, con un tema al violoncello, mi piacerebbe.

Il cinema è una novità: anche se in un film legato alla musica, ha avuto la possibilità di recitare. Che esperienza è stata? Ha interpretato se stessa e come si è calata nella recitazione?
Mi sono trovata a mio agio nel ruolo. La regista è stata coraggiosa a voler lavorare con me che non ero un’attrice. Senza rendermene conto ho interpretato una parte che un po’ parla di me. Ho trovato molto della mia storia, arricchita da molto altro. Questo mi ha coinvolto molto e mi ha facilitato l’interpretazione

Sempre più spesso oggi il cinema parla di musica, ci sono film in cui il rapporto tra cinema e musica non è solo nella colonna sonora, ma la musica è tutt’uno con il film. Sono mondi che si stanno contaminando più di altri. Che cosa ne pensa?
Era inevitabile. È sempre stato così, un film senza colonna sonora è un film a metà. Ma secondo me ora si sta sfruttando di più il potere che le due espressioni d’arte hanno quando vengono messe insieme. Forse anche per una difficoltà ad attrarre pubblico in due ambiti differenti, oggi si stanno unendo queste due forme d’arte. Credo sia molto intelligente unirle per puntare a un pubblico sempre più ampio.

A 24 anni ha già raggiunto molti traguardi. Dove si vede tra 10 anni?
Spero di continuare a parlare con la mia musica. Ora che mi sono avvicinata alla recitazione penso che l’arte in senso lato sia un grande strumento di comunicazione con cui tutti noi viviamo. E vorrei continuare a farlo, attraverso la mia musica o in altro modo.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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Perché l’inglese è la lingua del successo professionale

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Spesso l’inglese viene definito come la lingua del successo professionale, una posizione che si è consolidata nel tempo per una serie di ragioni storiche, ma anche culturali ed economiche. Quali sono le motivazioni dietro questa affermazione? Come mai l’inglese è diventato un passaporto universale per le opportunità di carriera in tutto il mondo? L’eredità storica della lingua è molto profonda e risale a secoli indietro nel tempo. Tutto questo ha portato l’inglese a rafforzare la posizione come lingua sempre più utilizzata a livello globale.

Le opportunità di apprendimento dell’inglese
I metodi per imparare l’inglese e per approfondire la conoscenza della lingua sono tanti. Esistono numerosi corsi di inglese, sia online che in presenza, che possono aiutare a migliorare le competenze personali. Per esempio, i corsi di inglese di www.wallstreet.it si rivolgono agli studenti, agli adulti, alle aziende e coprono diversi campi di applicazione, come quello della carriera.
Il metodo scelto è anche quello della personalizzazione, con lezioni tenute da insegnanti madrelingua, che riescono a coinvolgere e a trasmettere la conoscenza in maniera naturale. La promo del mese prevede per chi inizia un percorso formativo con Wall Street English la possibilità di certificare il livello linguistico alla fine del corso con il Test Linguaskill by Cambridge, in maniera gratuita.

L’inglese come lingua degli affari
L’inglese nel corso del tempo è diventato una lingua incentrata anche sul commercio internazionale. Le multinazionali, che operano in diversi Paesi, adottano l’inglese come lingua comune per facilitare la comunicazione interna e con i partner esterni. I contratti, le trattative e le presentazioni aziendali sono spesso messi a punto in inglese e per questo motivo la padronanza della lingua è essenziale per chi ha l’obiettivo di aspirare ad una carriera in ambito internazionale.

In molti casi le innovazioni tecnologiche importanti degli ultimi decenni sono nate in Paesi in cui si parla l’inglese, in particolare negli Stati Uniti. Per gli specialisti in ambito informatico, per gli ingegneri e per gli sviluppatori di software, la conoscenza dell’inglese è fondamentale per accedere a risorse tecniche e per partecipare a conferenze, oltre che per collaborare a progetti a carattere internazionale.

L’istruzione e il mondo della ricerca
Le università più rinomate al mondo sono delle istituzioni basate sulla lingua inglese. Gli studenti spesso ambiscono a frequentare questi atenei per ottenere una formazione di eccellenza e per farlo devono dimostrare una competenza avanzata nell’inglese. In questo modo la lingua è diffusa come uno strumento di accesso alla conoscenza e al prestigio accademico.
La maggior parte delle pubblicazioni scientifiche di rilievo viene redatta in inglese. Le riviste che pubblicano articoli di ricerca sono lette e citate da scienziati di tutto il mondo. I ricercatori devono, quindi, essere in grado di leggere, di scrivere e di presentare i loro lavori in inglese.

Il settore del turismo e dei servizi
Anche nel settore turistico, l’inglese è la lingua più comunemente parlata. Gli operatori del turismo, dalle guide turistiche agli albergatori, devono comunicare efficacemente con i visitatori provenienti da diverse parti del mondo. La capacità di parlare inglese aumenta le opportunità lavorative nel settore turistico e rende più semplici le interazioni con i turisti internazionali.

In molti Paesi, l’inglese è la lingua utilizzata nei settori dei servizi, come l’ambito bancario, l’assistenza clienti e le compagnie aeree. Avere delle competenze linguistiche in inglese può fare la differenza nell’ottenere un lavoro in questi ambiti, perché permette di interagire con clienti di tutto il mondo.

La diffusione dell’inglese in molti settori, come quelli dei media, dei servizi, dell’economia e dell’istruzione, rende la padronanza della lingua una competenza assolutamente da avere per chiunque voglia proseguire una carriera lavorativa di successo. Diventa, quindi, fondamentale apprendere l’inglese per migliorare le opportunità professionali e per diventare a tutti gli effetti cittadini di un mondo globalizzato.

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Lavorare nella moda: quali percorsi seguire?

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Se aspiri ad una carriera nel vibrante mondo della moda, probabilmente sarai già consapevole delle sue sfide. Questo settore, noto per la sua natura altamente competitiva, è un caleidoscopio di nuove idee e talenti emergenti che si fanno strada in uno scenario costantemente in evoluzione. L’attrattiva della moda continua a essere un richiamo irresistibile per molti, sia giovani che meno giovani, desiderosi di lasciare un’impronta indelebile in questo settore tanto affascinante quanto frenetico.

L’industria della moda non si limita a cercare designer e modelli; è un universo molto più ampio che include una varietà di professionisti essenziali che operano dietro le quinte. Parrucchieri, makeup artist, specialisti in comunicazione, e manager sono solo alcune delle figure professionali che contribuiscono a mantenere la macchina della moda in costante movimento. Queste professioni, sebbene meno visibili, sono fondamentali per il successo e la sostenibilità del settore. Di seguito, approfondiamo i diversi percorsi formativi per chi desidera entrare e fare la differenza nel mondo della moda.

Lavorare nella moda senza esperienza: è possibile?

Il settore della moda spesso evoca l’immagine di un ambiente dove è possibile lanciarsi e “inventarsi” una professione. Tuttavia, emergere in questo campo senza alcuna esperienza previa rappresenta una sfida notevole, che mescola passione, creatività e competenze tecniche. Queste ultime possono essere apprese sul campo, ma richiedono anche un solido percorso di studi. Quindi, come si può iniziare a lavorare nella moda senza esperienza? È davvero possibile?

La passione è il primo catalizzatore per chi sogna di lavorare nella moda. Questa passione non solo alimenta la creatività, ma può anche servire da trampolino di lancio per intraprendere le prime esperienze professionali, come piccole collaborazioni o stage. Queste opportunità sono essenziali per sperimentare direttamente il lavoro nel settore, per affinare le proprie abilità e accumulare conoscenze pratiche.

Tuttavia, è cruciale comprendere l’importanza dell’istruzione formale in questo campo. L’apprendimento accademico offre una base teorica e pratica che è spesso indispensabile per navigare con successo le complessità della moda. Perciò, per chi è agli inizi e non possiede esperienza, l’investimento nella formazione diventa un passo fondamentale. Studiare in scuole specializzate e accademie di moda, partecipare a workshop e sfruttare ogni occasione di apprendimento sul campo sono passi decisivi per costruire una carriera solida.

Cosa bisogna studiare per lavorare nella moda?

Se il tuo obiettivo è entrare nel dinamico mondo della moda, una formazione mirata può essere decisiva. Molti aspiranti professionisti del settore scelgono di iscriversi a scuole di moda specializzate, soprattutto se sono interessati alle carriere nel design, dove le aziende tendono a favorire i candidati con un background educativo specifico.

Frequentare corsi di moda post diploma, anche se non obbligatorio, offre vantaggi significativi. Non solo imparerai la storia e i meccanismi interni del settore, ma acquisirai anche le competenze tecniche e pratiche indispensabili. Conoscere questi aspetti ti permetterà di partecipare attivamente alle discussioni professionali e di impressionare sia i tuoi futuri colleghi sia i datori di lavoro.

Questi corsi coprono una vasta gamma di discipline, dal design al marketing, dallo styling fino alle tecnologie multimediali, con un approccio che simula spesso l’ambiente lavorativo aziendale più che quello accademico. L’aggiornamento costante con le ultime tendenze e le dinamiche del mercato rende questi istituti estremamente pertinenti per chi vuole un ingresso diretto nel settore.

Alternativamente, in Italia esistono anche opportunità di studio nelle università pubbliche e private, che offrono corsi legati alla moda con un approccio più teorico e generalista. Sebbene meno costosi, questi programmi potrebbero non fornire la stessa profondità pratica delle scuole specializzate.

Un’altra opzione valida sono i corsi ITS, che si svolgono negli Istituti Tecnici Superiori. Questi corsi sono brevi, altamente professionalizzanti e progettati per inserire gli studenti rapidamente nel mercato del lavoro con competenze tecniche specifiche.

Scegliere il percorso di studi giusto dipende dalle tue ambizioni specifiche nel settore della moda, dalle risorse economiche disponibili e dalla tua preferenza per un approccio più teorico o pratico. In ogni caso, l’istruzione è un passo fondamentale per accedere a questo settore competitivo e affascinante.

 

 

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