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Intervista a Lidia Vitale, madrina del Festival Cinema d’Idea

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Non è un caso che negli ultimi anni sia stata lei ad interpretare Anna Magnani nello spettacolo teatrale apprezzato in tutta Italia. D’altronde il suo talento, la grinta e il coraggio che contraddistinguono il suo percorso artistico, il volto mediterraneo e il suo sguardo profondo e penetrante ricordano molto l’indimenticabile “Mamma Roma”. Parliamo di Lidia Vitale, attrice versatile che da anni si destreggia tra teatro, cinema e televisione, da Ghiaccio a Esterno Notte, e che a breve farà anche il suo esordio dietro la macchina da presa. Un’artista a tutto tondo che non ha paura di rischiare e di mettersi in gioco. E non è dunque un caso che il festival Cinema d’IDEA – International Women’s Film Festival, dedicato al cinema al femminile, abbia scelto proprio lei come madrina della manifestazione.

Partiamo da questo festival, dedicato al cinema delle donne. Quanto pensi siano importanti manifestazioni di questo tipo?
È sempre più necessario dare voce al femminile e al cinema di genere, anche se ad essere sincera mi dispiace che sia ancora necessario creare questa etichetta soprattutto per sensibilizzare all’importanza di un investimento sempre più concreto verso registe donne e storie al femminile.

Rimanendo a questa manifestazione, condividi il ruolo di madrina con tua figlia Blu Yoshimi, anche lei attrice. Com’è il vostro rapporto sul versante lavorativo? Vi confrontate, le dai consigli?
Blu ed io siamo ormai due colleghe leali una verso l’altra. Spesso ci spalleggiamo e ci diamo feedback a vicenda. Io però ci tengo a rimanere ‘la mamma’, è un ruolo che non cambia con la crescita professionale e voglio sempre che lei abbia due braccia dove andarsi a rifugiare quando ne ha bisogno. Per il resto non vedo l’ora ci sia data la possibilità di lavorare insieme ad un progetto a tutto tondo.

Reciti al cinema, al teatro e in TV, ma sei anche regista e autrice. Puoi dirci qualcosa sul tuo imminente esordio alla regia nel lungometraggio?
Ho da poco vinto il MIC per lo sviluppo della sceneggiatura di AMA’, l’opera con cui vorrei debuttare alla regia di un lungo. La definisco un coming of age pop/rock sul tema dell’abuso, ambientato negli anni ’80. Sto partecipando allo sviluppo della produzione e nel frattempo cerco soldi privati per poterlo realizzare al più presto. 

Fortunatamente gli “sguardi femminili” al cinema stanno aumentando anno dopo anno – anche se ancora sono troppo pochi in confronti a quelli maschili. C’è una regista dalla quale ti piacerebbe essere diretta?
Ho un progetto con Kymberly Harris di New York e mi piacerebbe fosse una donna anche a dirigere un film sulla Magnani che ancora non è stato fatto. Ellen Kuras è una di quelle con cui mi piacerebbe lavorare.

Il tuo volto, come attrice, è inevitabilmente legato a quello di Anna Magnani, che hai interpretare con grande successo a teatro. Che eredità ha lasciato quest’attrice straordinaria? Ti vedremo nuovamente nei suoi panni?
Diciamo che Anna è più moderna che mai: le sue lotte per ottenere le stesse paghe degli uomini, la sua posizione di madre single e lavoratrice, il suo coraggio di esporsi e la sua capacità di vivere senza mezzi termini la propria ‘verità’…

Recentemente ti abbiamo vista in diversi film e serie TV, da Luna Park a Ghiaccio, fino ad Esterno notte. Cosa puoi dirci sui prossimi progetti? Quali sono i film in cui potremo apprezzarti nei prossimi mesi?
Sta per uscire, ancora non sappiamo quando, Ti magio il cuore di Pippo Mezzapesa prodotto da Indigo, dove recito a fianco di Elodie e Francesco Patanè. È stato un bel progetto e i personaggi femminili in questo caso sono stati davvero ben sviluppati dalla sapiente penna di Antonella Gaeta.

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Serena Gamberoni, da La Scala, al Covent Garden di Londra e il New National Theatre di Tokyo.

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Oggi parliamo con la bellissima Serena Gamberoni, soprano che ha calcato i palcoscenici di teatri come La Scala, il Covent Garden di Londra e il New national Theatre di Tokyo.

Domanda: Serena, parlaci della tua ultima esperienza alla Scala l’anno scorso dove hai interpretato il ruolo di Olga nell’opera di Umberto Giordano “Fedora”
Risposta:
Questa bellissima produzione fatta al teatro alla scala nell’ultima stagione, vedeva come regista Mario Martone nominato agli oscar durante le nostre prove. Lavorare con un regista cinematografico di così alto calibro è sempre bellissimo, il taglio che dà all’opera è sempre molto moderno. Le scenografie si rifacevano a dei quadri di Magritte che rendevano ancora più speciale la nostra presenza in scena, animando dei quadri che di soliti vediamo statici.

I bellissimi costumi erano di Ursula Patzak, già vincitrice di quattro David di Donatello. Il mio personaggio era Olga appunto, una donna russa molto viziata, amante estrema della vita, sempre sopra le righe, vogliosa di primeggiare e di emergere in ogni momento. Proprio per questo il costume è stato creato per mettere in mostra tutte le curve femminili, nero e lucido, con tutta la schiena nuda e un grandissimo spacco sul davanti. Olga entra in scena e ruba la scena alla vera protagonista dell’Opera Fedora, diventando la padrona di casa del bellissimo quadro L’impero delle luci. Un costume così asciutto ha bisogno di una gestualità attuale tipicamente cinematografica e poco leziosa e più vera. Un costume di questo genere non ti permette di mettere su nemmeno un etto! Quindi ho dovuto stare molto attenta alla dieta in quei giorni…

D.: Ben diverso invece era il costume di scena di Alice, tuo personaggio nell’opera di Verdi “Falstaff” andato in scena a Piacenza e nel Circuito Emiliano, giusto?
R: “Esatto, al contrario di Fedora, FALSTAFF a cura del giovanissimo attore LEONARDO LIDI, è stato un insieme di costumi classici, sognanti. I costumi che sogni fin da piccola, quelli ampi che quando ti muovi per il palcoscenico frusciano a contatto con il legno. Sono i costumi che ti aiutano a riempiere la scena, che hanno bisogno di movimenti lenti perché il costume ti segue e ha bisogno del suo spazio e del suo tempo per prendere vita. Si può giocare a creare una danza in cui il costume diventa il tuo partner e diventa parte di te!

D.: E in ultimo, parlaci della piccola Despina, personaggio piccantino in “Così fan tutte” di Mozart alla Royal Opera House di Londra
R.:
Questa produzione è una delle più difficili che io abbia mai fatto, il mio personaggio ha nel primo atto 7 cambi fra costumi e parrucche, ogni volta che esco di scena è una corsa contro il tempo per trasformarsi e tornare in scena. Si passa dai costumi settecenteschi a quelli di una barista bionda e super truccata con pantaloni neri attillati e camicetta semi trasparente. Forse è la produzione dove mi sono divertita di più, la mia aria era diventata come un numero di musical con tanto di ballerini che mi facevano volare giù da un bancone di un bar!”

D.: Grazie Serena! Dove ti possiamo venire ad ascoltare prossimamente?
R.:
“Ho in programma dei concerti in tour con Andrea Bocelli in estate e tornerò a Tokyo nell’Opera “Così fan tutte”, stavolta nel ruolo di Fiordiligi. Sarà interessante interpretare questa donna decisamente meno leggera di Despina”

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Ettore Nicoletti protagonista assoluto della pluripremiata web series “Arthur”.

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L’attore cesenate Ettore Nicoletti è il protagonista assoluto della web series svizzera “Arthur” che ha vinto nel 2016  la Web Series World Cup di Berlino come migliore web serie del mondo con la prima stagione ed ha ottenuto di nuovo lo stesso prestigioso riconoscimento nel 2022 con la sua seconda stagione.

Scritta da Cloe De Souza e con la regia di Nick Rusconi, “Arthur” è una serie svizzera prodotta dalla RSI in cui Ettore interpreta un serial killer che decide di smettere di uccidere. Una black comedy di enorme successo con un tocco di surreale.

Arthur è un antieroe che ammalia il pubblico, che subito sta dalla sua parte, ne sente le emozioni nascoste e i pensieri, capisce come si sente ed empatizza. Il pubblico fa il tifo per lui, vuole che riesca nel suo intento di smettere di uccidere e allo stesso tempo insieme a lui non riesce a resistere alla voglia di vederlo commettere l’ennesimo delitto.

L’amore del pubblico per questo personaggio deriva forse dal fatto che Arthur lotta contro la sua natura, trattenendo i suoi istinti e ogni tanto cedendovi.

Arthur è affascinante e divertente, fissato con la precisione, metodico e maniaco del controllo ma non sa resistere al suo vizio e alla sua impulsività in alcuni momenti.

La serie gioca sul delicato equilibrio tra due componenti, una oscura, seria e drammatica, e una più luminosa e leggera, in un mix molto ben calibrato che conquista credibilità e l’empatia del pubblico.

Oltre ai numerosi riconoscimenti ricevuti dalla serie in tutto il mondo, Ettore ha ottenuto numerosi premi a livello internazionale come miglior attore per il ruolo di Arthur, tra cui recentemente al Bilbao Series Land – Bilbao International Digital Festival, oltre che ai Rome Web Awards , Sicily Web Fest, Bilbao Web Fest , Web Serie Mag France, Maverick Awards.

Arthur”, nata come web series, è poi approdata nelle TV svizzere sul canale RSI e su PlaySuisse ed è in fase di lavorazione lo sbarco su una piattaforma di streaming in Italia. Al momento è possibile vedere su YouTube le prime due stagioni complete, ciascuna composta da 10 episodi della durata di 4-5 minuti ognuno.
( https://www.youtube.com/playlist?list=PLSuaY-S1aMaCq8hZyEDnC1160Hy23dV5n ).

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SIMEN JOHAN—the third monograph from a pioneer in digital image-making

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“Johan’s photographs underscore the importance of the creative act in photography, not as an act in itself, but as a means towards a conceptual and narrative goal.”

— David E. Little, Executive Director of the International Center of Photography

Simen Johan—an award-winning, internationally exhibiting artist, and a pioneer in digital image-making—is publishing his third monograph. Representing 15 years of the artist’s career, and gathered here for the very first time in this deluxe volume, are his uncanny animal portraits, otherworldly landscapes, and psychologically-charged narrative natural scenes.

With a unique creative process that combines candid wildlife photography with digital manipulation, cinematic drama, and a painterly approach, Simen Johan summons a metaphorically dense world into being where human fantasy and nature collide.

Traveling both near and far to photograph his source material, Johan can find inspiration anywhere from the local zoo to the jungles of Costa Rica or the lava fields of Iceland. He then spends countless hours assembling his images captured in these far-flung locations into a unifying whole. The result is an often-unsettling sense of placelessness.

We see in this collection images of pigeons flocking toward light like moths (or angels); stripes on a dazzle of Grévy’s zebras mesh with the fronds of geographically incongruent palms; two hapless caribou glazed with ice, frozen in a scene that is both tranquil and brutal.

Each image reveals poetic and often unexpected relationships that speak to the illusory and multifaceted nature of existence. Tensions between what is revealed and what is concealed, what is alluring and what is menacing, what is fact and what is fiction, both shape and unsettle the scenes. Johan presents us with paradoxical photographic worlds that echo uncanny versions of our own.

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