Curiosamente, forse, è il disordine del desiderio e della soggettività a rendere sia la psicoanalisi lacaniana sia l’arte d’avanguardia notevolmente radicali, ideali per una negoziazione delle bizzarre creazioni dell’haute couture.
Alison Bancroft, “Inspiring Desire: Lacan, Couture, and the Avant-garde”, Fashion Theory, 15:1, p. 71
È possibile celebrare l’haute couture e allo stesso tempo darne una lettura critica? È possibile essere fedeli alle regole ferree dettate dalla Chambre Syndicale de la Haute Couture – “i modelli originali devono essere disegnati dal couturier o dai suoi più stretti collaboratori a tempo pieno; gli abiti sono creati esclusivamente negli atelier…” “that his originals models are exclusively designed by the head of the firm or his permanently employed stylists; that they are executed solely in his own ateliers…“; Didier Grumbach, Dictionnaire de la mode au XXe siècle, Parigi, Regard, 1994 – e allo stesso tempo disintegrarle per dare un nuovo ordine?
Questi sono alcuni degli interrogativi che Maria Grazia Chiuri si è posta, dopo che la grande mostra dedicata a Dior al Musée des Arts Décoratifs ha esaltato le creazioni della couture, rendendo monumento quel luogo sacro e senza tempo che è ancora oggi l’atelier.
Gli atelier sono luoghi che conservano i pensieri. È in questa memoria della couture, in questa sequenza visiva di forme, colori e atteggiamenti che irrompe l’azione della Chiuri. La couture è un’istanza dell’avanguardia, una forma d’arte che si sviluppa dall’immaginazione. Una riflessione che si attiva coltivando l’audacia di ripetere gesti codificati e insieme contraddirli. Perché la couture oggi è prima di tutto un gesto concettuale. Un ready-made duchampiano.
Gli elementi sono collegati gli uni agli altri dal potere prensile di una idea fissa, un arcipelago speculativo che corrisponde a un’immagine centrale. Quella classica, tramandata nei libri di moda. Un gruppo stilizzato, una sequenza di oggetti perfetti, in rapporto solitario l’uno con l’altro. Oggetti assoluti che non hanno bisogno di descrizione. In una sequenza astratta e precisa allo stesso tempo.
A volte a guidare il progetto sono i tessuti, lavorati in manifatture antiche che possono sopportare una produzione di pochi metri alla volta e a cui viene chiesto di introdurre un elemento estraneo, una procedura nuova che si insinua nel tracciato delle regole. Nulla è come sembra, e ogni materiale subisce mutazioni che ne accrescono le prestazioni in maniera smisurata, amplificando ogni apparizione.
Altre volte è il desiderio di ricostruire la ritualità vestimentaria nel susseguirsi delle occasioni che scandiscono la giornata. L’haute couture è la possibilità di indossare capi di una qualità unica, di adattare un’opera perfetta al proprio corpo, mai stabile e perciò imperfetto. Ecco perché Maria Grazia Chiuri torna alle origini e disegna cappotti che diventano simboli del loro significato, ali di pipistrello a mo’ di maniche per la giacca Bar dei tailleur, abiti che sono purissimi incastri di forme diverse. La vera trasgressione è il ritorno alla grammatica sovvertendo la sintassi.
La teoria delle tonalità polverose nel mattone, verde, rosa e arancio dialogano con il nude, il colore della pelle (non solo degli abiti ma anche degli accessori, della preziosissima Costume Jewelry, delle velette e dei cappelli), a ribadire la complementarietà del corpo, quello di cui la couture si prende cura. In una sequenza, gli abiti da sera si esprimono attraverso variazioni virtuosistiche su diverse tipologie di pieghe, oppure sulle sovrapposizioni, a contrastare bustier asciutti che formano un’inaspettata contrapposizione nella nuova interpretazione della forma della canottiera. Ma è nella scultorea silhouette di un abito di seta double rossa cucito in un unico pezzo, apripista di una serie di creazioni maestose e intime, trattenute ed esplose insieme, che la couture diventa luogo psicologico di resistenza femminile: nella sua capacità di porre in relazione il corpo singolo e mutevole alla creazione con dignità di opera.
Alison Bancroft assimila in senso lacaniano la couture alla modalità espressiva delle avanguardie: negazione del positivismo maschile, riappropriazione di pratiche secolari rigettate dalla smania per il nuovo e considerate perdute, riattivazione della tradizione con significato e valenza pienamente contemporanei. Nell’incontro fra sistemi di regole e invenzione sbrigliata, la couture per Chiuri diventa ribellione, una sorta di guerriglia ideologica che esplode sui confini di una tradizione consolidata, senza mai valicarli del tutto.
“Deauville is where everything started for the House. 1912, the creation of her hat shop and then very quickly the first clothes with their visionary, radical style. It’s where it all began for Gabrielle Chanel. This story is very close to my heart,” confides Virginie Viard. On the racecourse, on the seaside, at the gaming table, in restaurants and palaces, on the “Planches” boardwalk: everything is about elegance and self-staging.
“For this collection, we recreated the Deauville boardwalk, she adds. Giant screens on which long, romantic silhouettes stroll in the light from dawn to dusk.” Shrouded in mystery, the models walk along the beach. The 1920s and 70s cross paths and intertwine.
Androgynous and cinematic, the CHANEL Fall-Winter 2024/25 Ready-to-Wear collection imagined by Virginie Viard draws its femininity from Gabrielle Chanel’s own wardrobe and its masculinity from the subtle elegance of winter sojourns by the sea. Broad-shouldered peacoats and long dressing-gown-style belted coats are worn over tweed suits – box-pleated skirts, culottes or cropped trousers –, drop-front trousers or trousers with tabs at the back.
Chunky sailor sweaters and knits featuring the landscapes of Deauville alternate with silk blouses with middy collars, herringbone prints, low-cut tops with flounces, jumpsuits and negligees whose delicacy evokes gentle waves breaking and a soft wind blowing.
The palette takes its vibrant or pastel shades of pink, mauve, orange and pale blue from the ever-changing colours of the Deauville sky, along with brown and gold lamé. 35mm film and cinema tickets: prints refer to the town’s connection with the 7th art, its American Film Festival and Claude Lelouch’s A Man and a Woman, to which Inez and Vinoodh’s film opening the show pays tribute.
“The silhouette of David Bowie, the magnetism of film stars walking on the sand, like Anouk Aimée, a great friend of Gabrielle Chanel… this collection pays homage to these familiar figures.”
The iconic bags are omnipresent, as are the pastel-hued wide-brimmed hats, colourful silk scarves, heeled knee-high boots and thigh-high boots in sheepskin, a direct nod to Anouk Aimée’s coat in A Man and a Woman.
“It’s a very warm collection, with layers of materials, colours and volumes. It pays tribute to Deauville, the legendary place where Gabrielle Chanel’s destiny changed forever.”
The collection follows spontaneous effortlessness with further emphasis on a defined silhouette. From the iconic graphic knitwear to the brand’s elevated streetwear with technical materials; paloma wool’s collection exudes a sense of sophistication and versatility. Velvet pieces imbue femininity and elevate the overall aesthetic with a touch of luxury, while multiposition pieces offer various styling options. The inclusion of silk garments facilitates effortless layering, and argyle-printed knitwear sets a distinctive tone throughout the collection.
The show was led by a performance directed by Carlota Guerrero, in which a group of women carried out an experimental pétanque game, and styled by Emilie Kareh.