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Oppenheimer: Il moderno Prometeo che sfidò gli Dei raccontato da Christopher Nolan

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“E ora sono diventato la morte. Il distruttore di mondi”. J. Robert Oppenheimer legge queste parole, quelle del Bhagavadgītā, testo sacro dell’induismo, durante un amplesso con la sua amante Joan. Le pronuncerà ancora, durante il Trinity Test, venti giorni prima che la bomba atomica venisse sganciata, per la prima volta, su Hiroshima, in Giappone. È una delle frasi chiave di Oppenheimer, l’attesissimo film di Christopher Nolan in uscita in Italia il 23 agosto. Il film si basa sul libro vincitore del Premio Pulitzer Robert Oppenheimer – Il Padre della Bomba Atomica di Kai Bird e di Martin J. Sherwin. Quel libro, nella sua edizione originale, è intitolato American Prometheus: The Triumph and Tragedy of J. Robert Oppenheimer. E il film di Christopher Nolan è questo, la storia di un moderno Prometeo che sfidò gli Dei e portò all’umanità un fuoco enorme e distruttivo. E portò la morte sulla terra come nessuno prima. Prometeo fu punito dagli Dei. J. Robert Oppenheimer sarebbe stato punito dall’uomo, con un’inchiesta e con l’emarginazione. Ma la vera punizione sarebbe stato un infinito senso di colpa. La sensazione di avere le mani coperte di sangue, come avrebbe dichiarato al presidente Truman. Nelle mani di Christopher Nolan Oppenheimer diventa un film enorme, maestoso, complesso, il ritratto di una figura controversa, con mille sfaccettature, un film che si prende il tempo e lo spazio per raccontarle tutte. È anche un film duro con un’America che, già allora, sognava una pace duratura e pensava di ottenerla con una prova di forza e portando morte come l’uomo non aveva mai fatto prima.

  1. Robert Oppenheimer, il padre della bomba atomica

Oppenheimer è un thriller storico che catapulta il pubblico nell’adrenalinico paradosso dell’enigmatico uomo che per salvare il mondo è costretto a metterlo a rischio. J. Robert Oppenheimer, noto a tutti come il padre della bomba atomica, è il brillante scienziato dietro all’invenzione che ha sconvolto il mondo, un’invenzione che avrebbe potuto rimodellare il concetto di civiltà come minacciare definitivamente il futuro dell’umanità. È stata un’invenzione, spiega il film, che sotto l’egida di Oppenheimer ha visto lavorare centinaia di persone. La bomba atomica ha preso vita dalle sue idee, ma è nata attraverso il lavoro e le scelte di tante persone, scienziati e poi politici. La storia è raccontata su vari spazi temporali, partendo dai suoi studi di fisica in Europa e introducendo una serie di personaggi che all’inizio ci stordiscono e ci confondono. Ma che non sono altro che quei legami tra elementi che porteranno a quella “reazione a catena” che è stata la nascita della bomba atomica. Un’impresa fatta sì di teorie ed esperimenti, ma anche di rapporti umani, relazioni, scelte e dubbi amletici.

Una visione da incubo

L’esplosione atomica a Hiroshima e Nagasaki nel film non si vede mai. Ma quelle deflagrazioni devastanti sono ovunque. Immaginate, sognate, evocate. E poi portate per sempre dentro di sé come un incubo, un fantasma. In questo senso è emblematica la scena in cui Oppenheimer annuncia alle persone che vivono a Los Alamos (la cittadina costruita appositamente per gli esperimenti sulla bomba) dell’attacco alle due città dei Giappone. Oppenheimer viene accolto con battimani e battipiedi, nell’aria c’è euforia. Ma, mentre parla al pubblico, in sottofondo cominciamo ad avvertire i rumori sinistri dell’esplosione, il crepitio delle fiamme. Poi nella stanza arriva il bagliore accecante creato dal fuoco e le ustioni cominciano ad apparire sulla pelle dei presenti. È una visione da incubo in cui le conseguenze della bomba passano per la mente dello scienziato e arrivano ai nostri occhi. Non sappiamo se, nel momento di fare quel discorso, Oppenheimer sapesse già degli effetti precisi della bomba. O se li avrebbe saputi poco dopo. Quella sequenza vuole raccontarci che, anche lontano da Hiroshima e Nagasaki, anche stando dalla parte dei vincitori, Oppenheimer sarebbe stato tormentato da quelle immagini, dai sensi di colpa. E quelle immagini sarebbero arrivate in tutto l’Occidente, in tutto il mondo. Sarebbero state fissate nella memoria, a mò di monito e come esempio di barbarie, studiate nelle scuole.

Christopher Nolan: vedere e non vedere

Quelle immagini le avrebbero viste solo dopo, ovviamente, i creatori di quel mostro che è stata la bomba atomica. Le avrebbero viste, a cosa fatte, i cittadini di tutto il mondo. Il cinema di Christopher Nolan è stato sempre centrato sul vedere e sul non vedere: non vedere nel proprio passato (Memento), non vedere – letteralmente – il presente, il mondo davanti a sé (Insomnia), non vedere l’artificio, il trucco che c’è dietro l’arte, e quindi il cinema (The Prestige). Oppenheimer è la storia di un uomo che voleva provare a vedere nel futuro, sognando un’arma che potesse mettere fine a tutte le guerre, ma che non riuscì a vedere completamente le conseguenze. “Immaginiamo un futuro e le nostre visioni ci fanno paura”, dice a un certo punto del film.  A proposito di vedere e non vedere, una delle scene chiave è l’esplosione della bomba atomica. Non quella delle città giapponesi, ma la prima in assoluto, quella del test Trinity, a Los Alamos, nel deserto. A parte un attimo, la vediamo prima negli occhi di chi guarda, le persone presenti al test. Vediamo il loro stupore, la meraviglia, l’euforia. Si sono messi gli occhiali scuri, i vetri oscurati davanti agli occhi, si sono nascosti dietro le finestre i dietro un parabrezza. Ma non riescono a non guardare. Solo dopo averla vista attraverso i loro volti vediamo l’esplosione, il fuoco indimenticabile. Altissimo, denso, montante. Inarrestabile.

Christopher Nolan: questione di tempo

E ancora una volta, come sapete, il cinema di Nolan ha a che fare con il tempo. In Oppenheimer, in tutta la parte centrale del film, percepiamo la nascita della bomba atomica come una sfinente corsa contro il tempo. Sentiamo continuamente il confronto con i tedeschi, che stanno lavorando a un’arma simile. E così sentiamo spesso quel “siamo in ritardo di 12 mesi, di 18 mesi, di 2 anni. A proposito di tempo, anche se rispetto a Inception, Tenet o Interstellar appare un film quasi lineare, per Oppenheimer Nolan non rinuncia a girare il film su più piani temporali: sono tre, girati con tre stili diversi. La narrazione più lineare, quella che segue Oppenheimer dai suoi studi di gioventù in Europa, in Inghilterra e poi in Germania, grazie alla straordinaria fotografia di Hoyte Van Hoytema, è colorata con colori più ottimistici, quasi dorati e bluastri, per poi desaturarsi man mano che si arriva alla creazione dell’atomica, con i colori brulli del deserto, in attesa che i gialli e i rossi del fuoco prendano il sopravvento. È il racconto principale, seguito dal suo punto di vista. Poi ci sono i momenti successivi al progetto Manhattan, che sono visti da una prospettiva esterna. Quelle con al centro Lewis Strauss, prima suo sostenitore e poi oppositore, un altro dei protagonisti della politica nucleare degli Stati Uniti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Queste scene, che in gran parte si svolgono durante un dibattito pubblico, sono girate in bianco e nero, quello della tv del tempo e delle immagini fotografiche: è come se stessimo assistendo a quelle scene attraverso la documentazione di un media dell’epoca. E poi c’è l’udienza in cui Oppenheimer arriva al cospetto del senatore McCarthy, che lo accusa per le sue passate simpatie comuniste, che è a girata con immagini a colori, ma volutamente grigie, ordinarie. A Oppenheimer non si voleva dare una tribuna, ma un’udienza che sembrasse burocratica.

Come in Inception, nella mente e nei sogni del protagonista

Oppenheimer è un film che non rinuncia a sequenze interiori e oniriche. Come in Inception, in qualche modo ci vuole portare nella mente e nei sogni del protagonista. Che, in questo caso, sono sogni ad occhi aperti, speranze e poi rimpianti. Ci sembra forse il film più classico di Christopher Nolan: a tratti sembra essere uno di quei grandi film anni Quaranta, ed è girato in modo da sfruttare tutta la potenza evocativa del cinema, i grandi spazi, le immagini ad effetto. È un film che vive del contrasto tra la natura selvaggia, brulla, solitaria e la fredda tecnologia, l’acciaio, i macchinari, i fili elettrici. È un biopic senza esserlo, un film storico, un thriller dell’anima.

Un film da vedere al cinema

Oppenheimer è soprattutto un film che va visto al cinema, per apprezzare le immagini stordenti, ma anche per farsi avvolgere da un racconto che distilla una serie di informazioni alle quali solo in sala possiamo dare la giusta attenzione. È un film che, come abbiamo detto, innesca una reazione a catena che nella prima parte prepara alla deflagrazione finale. La seconda parte, oltre a portarci all’esplosione, è anche interessantissima perché ci porta dentro una serie di riflessioni pratiche e politiche. Perché sganciare la bomba lo stesso, anche se la Germania si è arresa? Come scegliere le città giapponesi dove sganciarla? E perché due città?

Grandi attori: Cillian Murphy, Robert Downey Jr., Florence Pugh

Oppenheimer è anche un film di grandi attori. Oppenheimer è Cillian Murphy, attore feticcio di Nolan. Tutto il film gira intorno ai suoi occhi chiari, occhi come sfere di cristallo in grado di vedere il futuro, come credeva lui. Il suo antagonista, Lewis Strauss, è un monumentale Robert Downey Jr., finalmente lontano dagli orpelli di Iron Man e Tony Stark, che vediamo in tutta l’espressività di quel volto maturo, solcato da qualche ruga profonda, e di quegli occhi profondi, intensi. In un cast stellare (Matt Damon, Gary Oldman, Kenneth Branagh, Emily Blunt) a spiccare sono la bellezza sfrontata e i modi bruschi di Florence Pugh, che è l’amante del protagonista, e porta in scena con coraggio il suo corpo tonico in alcune ardite scene di nudo.  Sono tutte particelle che, nel cinema di Nolan, si scontrano dando vita alla reazione a catena che è questo deflagrante film.  Un film sull’ingenuità dell’uomo che, per dare vita a una pace duratura, creò la più terribile arma di distruzione e di morte. “Una volta usata ogni guerra diventa impensabile” era quello che pensavano Oppenheimer e i suoi. È andata in un altro modo.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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