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Il mood della moda come sintesi artistica: la mostra le Signore dell’Arte a Palazzo Reale a Milano

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A Milano si sta svolgendo una mostra del tutto speciale, dal titolo “Le signore dell’arte” e visitabile dal 2 marzo al 25 luglio 2021; mostra a tratti inedita sull’arte e le donne. Una mostra di 130 opere di 34 artiste che affascina sicuramente perchè parla tutta “al femminile”, partendo dalle artiste esposte, ma sintetizza appieno il valore ed il significato di vedere il mondo dal punto di vista di Venere ed in un secolo, prevalentemente il 1600 che fu sicuramente dettato da grandi cambiamenti sociali, in particolare per il ruolo della donna, partecipandolo in chiave moderna. Un altro aspetto interessante della mostra è sicuramente la moda contemporanea alle pittrici che rappresenta negli abiti dipinti. La grande ed inedita possibilità di poter vedere con occhi femminili e non maschili (a cui si è praticamente sempre abituati essendo i pittori e scultori famosi uomini) il mondo, le altre donne, gli uomini di potere nel solco del mood della moda di quei secoli a cavallo tra 1500 e 1600.
Ecco che “Le Signore dell’Arte” nelle sale di Palazzo Reale, curata da Anna Maria Bava con Gioia Mori e Alain Tapiè, offrono capolavori che provengono da ben 67 diverse gallerie e musei, nazionali ed internazionali.

E tutto questo nel mood della moda come segno di un cambiamento sociale; dove dipingere un anello o presentare un gioiello o un abito, non è mai fine a se stesso, come nei quadri dipinti da uomini, ma diventano veri e propri esercizi di stile per segnalare un tratto della personalità, cura della persona, ceto sociale, contestualizzazione o influenza sugli altri. Un viaggio quindi nelle cinque sezioni della mostra, che diventano anche introspezione severa sul secolo del 1500  appena concluso ( ovvero l’austerità portata dalla controriforma cattolica e l’uso spagnolo della moda dove il corpo è praticamente annullato da abiti rigidi e dove le forme diventano quasi impalpabili sotto i vestiti ), fino a narrare storie di successo e formazione personale al femminile nel ‘600 mettendo in mostra il libro del Vasari che nella prima edizione delle “Vite de’ più eccellenti pittori scultori et architettori” (edito nel 1550), parò per la prima volta di una donna. E per di più una scultrice vissuta in quella Bologna che ai tempi era sinonimo di emancipazione femminile e talento: Properzia de’ Rossi, che come lui stesso scrive non disdegnò “di mettersi con le tenere e bianchissime mani nelle cose meccaniche e fra la ruvidezza de’ marmi e l’asprezza del ferro”. Una donna di ferro. In un cantiere di uomini. Messa a dialogare nella sala con i fini ricami della Cantoni dove i colori della moda del tempo diventano fili dorati con il vantaggio di far risaltare gli orli dei ricami (non si dimentichi che ai tempi, i ricamatori erano tutti uomini). Scelte cromatiche continuamente a confronto quelle in mostra, dove la predilezione di una tinta, diventa “vantaggio” per far risaltare altro: la pelle, l’incarnato, i gioielli. Spesso dettando la scelta come valore morale. Dove le “tinture” diventano con il pennello lacche e quasi smalti lucenti, specchio delle classi più nobili e privilegiate. Basta perdersi nella mostra nei particolari dei quadri proposti per comprendere quanto la moda abbia assorbito della controriforma e quanto gli abiti venissero strutturati come vere e proprie “armature” che dovevano sostenere in modo innaturale un corpo. sin da piccolo (la moda per bambini infatti non esisteva ed in mostra sono presenti esempi di questa particolarità del mood della moda per diverse pittrici).  Corpi imprigionati. Anime in movimento. Che tutte le pittrici in mostra sono riuscite a rendere appieno. Come per esempio Lei. Sofonisba Anguissola. La donna che per anni visse alla corte di Filippo II a Madrid e che ebbe come sorella un’altra pittrice Lucia, morta nel 1565 ed in mostra con il suo lavoro più bello, il celebre autoritratto con le sorelle “la partita a scacchi”. Quasi una sorta d manifesto femminista, dal momento che proprio in quegli anni cambiarono anche le regole del gioco dando al pezzo della regina sulla tastiera, completa libertà di movimento in tutte le direzioni ma che stride, con i particolari degli abiti bellissimi, delle quattro sorelle. Donne che rispecchiano nel mood della moda proposta , anche il loro “status privilegiato”, ma che proprio attraverso il lusso degli accessori o i tessuti degli abiti, evocano quello che è essere donne.  Interessante notare come nel mood ci sia anche la rappresentazione dei colletti e dei copricapi.  La  gorgiera o “duttenkragen”, viene sostituita da preziosi colletti quasi come “testimonial” di uno status sociale e come i panni , resi copricapi, facessero di “semplici donne”, delle eroine.

Inclinazione e virtù  femminili che si esprimono anche negli abiti che vengono dipinti ma che, paradossalmente, diventano testimonianza della loro epoca nelle pittrici provenienti dai monasteri. Antonia Doni, morta nel 1491, figlia del pittore Paolo Uccello, e la domenicana Plautilla Nelli, che all’epoca era priora nel monastero di Santa Caterina da Siena a Firenze senza dimenticare Orsola Maddalena Caccia e Lucrina Fetti, sorella del pittore Domenico. Quadri inasepettati. Ricchi di abiti sfarzosi che non ci si aspetterebbe dipinti in un contesto claustrale ma che, invece, testimoniano così come spesso fossero luogo di arte e cultura, proprio grazie a donne che istruivano altre donne o padri che emancipavano figlie attraverso l’arte.
Tanta severità nel vestire delle monache che nei quadri esprimono invece avvenimenti anche sacri ma calati nella moda del tempo, con abiti che ben esemplificano quello che successe con la moda dettata ai tempi di Luigi XIV, totalmente diversa da quella spagnola. Ed ecco allora che l’arte pittorica di Fede Galizia, figlia del miniaturista trentino Nunzio o di Rosalia Novelli, figlia del pittore Pietro o la più celebre Artemisia Gentileschi diventano esempio del mood della moda stesso: essendo gli abiti tornati di nuovo  scollati, ecco che sia per soggetti sacri o profani approda il decollete, la scoperta della schiena, delle spalle in particolare, l’uso di gioielli alla attaccatura del seno fino ad arrivare ai nudi.

La gorgiera diventa colletto minuscolo e spesso la prospettiva pittorica di alcuni particolari indugia dell’uso dei piccoli colletti e dei colori “inamidati” con la tecnica del tempo del rebatos che diventano ora strascico, ora pizzo, ora trasparenza, come nei bellissimi esempi presentati nella quarta sala. Sfumature cromatiche che diventano sgargianti come gli abiti proposti, dove l’oro prende il posto del bianco e tutto diventa colore. E poi l’irrompere dei tessuti e della loro lavorazione. In particolare i dipinti che presentano broccati e damaschi. Fino ad arrivare alle decorazioni dipinte nella loro complessità e che raggiungono una qualità quasi simmetrica della pittura che è quasi impossibile trovare in un pittore di sesso maschile. Consapevolezza ed identità al femminile. Nel segno del mood della moda.  Una moda molto bella, presentata come una sfilata in veri e propri capolavori artistici. Se si hanno occhi per guardare il talento delle donne pittrici e non solo vederlo, ma parteciparlo anche con questo sguardo “moderno” sul mondo della moda come vero e proprio “mood” ,davvero di tutti i tempi.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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