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L’incredibile storia dell’Isola delle Rose: Un posto per naufraghi, disertori e reietti, su Netflix

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Dite la verità. Chi di voi, in un momento come questo, non ha voglia di evadere, di uscire dalle quattro mura di casa e da quei pochi luoghi che ormai ci è permesso frequentare? Da oggi, in streaming su Netflix, potete farlo. È infatti finalmente disponibile L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, il nuovo film di Sydney Sibilia. Un film che vi trasporterà indietro nel tempo, e lontano – ma non troppo – nello spazio, in un’isola utopica fuori dalle acque territoriali italiane. L’incredibile storia è vera: è quella di Giorgio Rosa (Elio Germano), un ingegnere che è sempre stato fuori dagli schemi. E, alla fine degli anni Sessanta, stanco di dover obbedire alle regole, decide di creare il suo mondo fuori dallo Stato e dalle sue leggi: costruisce la sua isola, con i tubi d’acciaio delle piattaforme petrolifere, fuori dalle acque territoriali italiane. All’inizio sono lui e il suo amico Maurizio (Leonardo Lidi), ma presto a loro si uniscono tante altre persone. Proveranno a dichiararsi indipendenti dallo Stato italiano. Che, però, in qualche modo, dovrà rispondere alla sfida lanciata.

C’è sempre un che di anarchico nei film di Sydney Sibilia, che arriva a L’incredibile storia dell’Isola delle Rose dopo il grande successo della trilogia di Smetto quando voglio. I suoi sono sempre degli eroi (o antieroi, se preferite) contro il sistema, pronti a prendersi, in ogni modo, quello che è loro o che credono di meritare. Come un posto di lavoro, una sicurezza economica, in qualche modo una “posizione”, per i laureati precari di Smetto quando voglio, una libertà da leggi e costrizioni per i protagonisti di questo film. Gli eroi di Sibilia sono un po’ cialtroni, dei ragazzi mai cresciuti, delle simpatiche canaglie. Ma, attenzione, sono anche e soprattutto dei sognatori, dei puri, degli utopisti. E allora è naturale immedesimarsi, empatizzare, fare il tifo per loro. I personaggi di Sibilia ci conquistano già dai primi minuti della visione. Per questo ci piace questa isola, un posto per naufraghi, disertori e reietti. Perché è uno stato libero, perché, come cantava Gianni Morandi, è un mondo d’amore. Senza il prato verde, ma con una piattaforma di legno e acciaio in mezzo al mare.

Il cinema di Sydney Sibilia è, al solito, esplosivo. Ci piace perché, pur raccontando storie e personaggi tipicamente italiani, si allontana da un certo cinema italiano, da una commedia più facile e immediata, per raccontare con un certo humour di tipo anglosassone, più leggero, più sospeso (guardate la sequenza dell’incidente automobilistico dovuto all’errore di Giorgio, in secondo piano, mentre il primo piano è su di lui, e vedrete un modo molto particolare di stemperare una gag, lasciandola sullo sfondo, facendo sorridere ma senza sovrastare quello che è il vero cuore del film). Che in tutta la prima parte funziona quasi come una commedia romantica, raccontando l’amore tra Giorgio e Gabriella (Matilda De Angelis), che avrà poi una parte importante verso la fine del film. Per poi entrare nel cuore della storia, che parla di leggi giuste e leggi vigenti, di anelito di libertà, del bisogno di trovare, come in Smetto quando voglio, ma stavolta proprio letteralmente, il proprio posto nel mondo.

Sibilia passa dai più pesanti e marcati accenti romani – ormai un classico della nostra commedia – di Smetto quando voglio al più insolito bolognese del Giorgio di Elio Germano e di altri personaggi. In questo modo il ritmo dei suoi dialoghi si fa più leggero, quasi sincopato. Dai colori acidi e supersaturi, quelli di un viaggio di Lsd, della sua trilogia precedente vira su toni più tenui, seppiati, quelli che associamo alle vecchie foto degli anni Settanta, quelle di quando eravamo bambini. Il cinema di Sibilia non assomiglia a nessun cinema in particolare, si possono trovare giusto alcuni echi di altre opere. Se Smetto quando voglio era una sorta di Breaking Bad mescolato a Santa Maradona, con Quentin Tarantino come nume tutelare, qui siamo dalle parti di I Love Radio Rock, brillante film inglese di qualche anno fa sulle radio libere, un’altra storia fuori dalle acque territoriali. Ma in entrambi i film di Sibilia i personaggi sembrano essere forti della loro cultura e della loro capacità, i mondi che costruiscono si basano sulle leggi della chimica (Smetto quando voglio) o sulle leggi della fisica e dell’ingegneria (L’incredibile storia dell’Isola delle Rose)

Quello di Sibilia è un cinema che valorizza al massimo gli attori. Elio Germano è perfetto per dare vita a questo personaggio, e come al solito fa un lavoro perfetto sui dialetti. Matilda De Angelis fa un lavoro eccezionale sulla voce, che acquista toni bassi, si fa roca, pacata e fa da contraltare a quella di Germano. Tra gli antagonisti, i politici del governo Leone, spiccano Luca Zingaretti nel ruolo del Presidente del Consiglio, e un eccezionale Fabrizio Bentivoglio nei panni del ministro Franco Restivo. Qualche anno fa abbiamo imparato a conoscere e ad amare una nuova generazione di registi come Gabriele Mainetti, Matteo Rovere, Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, e i cui c’è anche, a pieno titolo, Sydney Sibilia. Una generazione di autori che fa cinema in Italia senza che sia il classico cinema italiano, ma riscoprendo i generi e puntando a un respiro internazionale. Era una generazione di promesse, che promesse non lo sono più. Perché la hanno mantenute.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

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