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Juliet, Naked: il libro di Nick Hornby diventa un film con Ethan Hawke

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Avevamo viaggiato dall’America a Minneapolis per visitare dei gabinetti”. Inizia così Tutta un’altra musica, il romanzo di Nick Hornby che arriva finalmente, come tutti i suoi libri, al cinema, con il titolo Juliet, Naked – Tutta un’altra musica, che è anche il titolo originale del libro. Il film inizia invece con un video di Duncan, professore universitario di cinema e fan di un misterioso artista, Tucker Crowe, che si rivolge all’appassionata community dei suoi fan. Sono poco più di duecento, ma sono ossessionati da Tucker: oltre vent’anni prima era scomparso nel nulla, nel bel mezzo di un concerto, proprio dopo essere andato in bagno in quel locale. E quel disco di culto, Juliet, nato dalla rottura con la donna di cui era innamorato, era rimasto il suo ultimo lavoro. Un po’ come un J.D. Salinger della musica indie, o come un Jeff Buckley senza quel finale tragico. Duncan vive con Annie da 15 anni. Non hanno figli. E lei è consapevole di aver vissuto tutto questo tempo con qualcuno che è innamorato di un altro uomo. Quell’uomo, ovviamente, è il fantomatico Tucker Crowe.

Juliet, Naked è uno di quei film che partono già con un grande vantaggio. Si chiama, ovviamente, Nick Hornby. Ogni libro dello scrittore di Alta fedeltà e Febbre a 90° è diventato un film, e la scrittura dell’autore inglese è perfetta per diventare cinema. È brillante, avvincente, pop, e riesce a cogliere negli esseri umani quelle piccole debolezze che fanno parte di ognuno di noi. Il che permette, se non di identificarci, di essere in qualche modo vicini ai protagonisti. Quelli di Hornby sono un po’ indolenti, un po’ stronzi, passionali e maniacali per alcune cose, distratti e poco impegnati per molte altre. Anche Duncan (Chris O’Dowd) è uno di questi. In più, per chi di noi è un fan di qualche band o qualche artista, riesce a ricordarci qualcosa di noi, quel pizzico di follia e ossessione che abbiamo nel rapportarci con il nostro idolo, e di vedere cose che solo noi vediamo. Nella curiosa storia di Juliet, Naked il tranquillo (noioso?) menage di Duncan ed Annie (Rose Byrne) viene sconvolto dall’arrivo di un demo. Si chiama Juliet, Naked (da qui il titolo del film) ed è la versione spogliata (solo voce e piano o chitarra) di quel mitico disco di vent’anni prima. Accade così che Duncan lo ascolti e lo recensisca sul suo blog. E che Annie, evidentemente esasperata, o solamente sincera, nei commenti scriva una recensione negativa del disco. E che venga contattata via e-mail da Tucker Crowe (Ethan Hawke) in persona, e che questo le dia ragione. Da lì è destinata a nascere una corrispondenza epistolare dagli esisti sorprendenti.

Abbiamo detto che un film tratto da un libro di Nick Hornby parte già in vantaggio. Però poi una pellicola ha il compito di tradurre in immagini tutto quello che abbiamo immaginato. Jesse Peretz prima di essere un regista è stato un musicista, ha suonato nei Lemonheads, una band che ha fatto parte di quella scena rock anni Novanta che qui viene evocata. E ha il pregio di aver costruito intorno a Tucker una sovrastruttura musicale, fatta di immagini e canzoni, che rende credibile la storia. Il suo team è riuscito anche a mettere in scena quella cittadina inglese sul mare (così diversa dalle metropoli che di solito frequenta il cinema) narrata da Hornby alla perfezione. E di aver dato un background a Tucker, mostrando la sua vita e la sua famiglia in America, mentre nel libro tutto è evocato solo dalle sue parole nelle e-mail. Ne viene fuori un film estremamente fedele al libro di Hornby, eppure anche nuovo, più movimentato, con grandi gag (vedi la ricerca delle batterie, o l’incontro in spiaggia tra Tucker e Duncan), con un’attenzione diversa al rapporto tra Tucker e i suoi figli, e un bilanciamento maggiore tra i tre protagonisti: nel libro tutto è più spostato verso Duncan, che è il personaggio in cui Hornby, chiaramente, si identifica.

I tre protagonisti ci appaiono leggermente diversi da come ce li eravamo immaginati. Duncan è più buffo, più comico di quello che traspare dalle pagine, e gran merito va all’espressività di Chris O’Dowd. Annie è più attraente, più giovane, più vitale. È un vero piacere vederla con le fattezze di Rose Byrne, bellezza dolce e garbata, attrice espressiva che è adorabile anche quando, come spesso accade qui, è acida. Quanto a Tucker Crowe: beh, è Ethan Hawke, e basterebbe dire questo. Più giovane, più affascinante del Crowe del libro, riesce a dare un’anima particolare al personaggio e, di fatto, a tutto il film. Per sua stessa ammissione, è come se il Troy di Giovani, carini e disoccupati, che cantava in una band, fosse scomparso per vent’anni e ricomparso in questo film. Con lui nel cast, anche la storia di Hornby trova una luce nuova.

Juliet, Naked è una storia di pieni e vuoti. Chi non ha figli e vorrebbe, come Annie, e chi ne ha troppi e non riesce ad avere un rapporto con loro, come Tucker. Chi ha una compagna, come Duncan, ma in fondo non è interessato alla sua vita, e chi, come Tucker, è solo ma con questa persona ha una sintonia particolare. Juliet, Naked è un film delizioso, stratificato, a più facce: potreste vederlo come una commedia romantica, ma quelle di Hornby non sono mai commedie romantiche, sono pezzi di vita in cui l’amore si mescola a molte altre cose. Potreste vederlo come un film sulla musica, e le passioni che scatena. Juliet, Naked è anche questo. E ci dice che i nostri miti invecchiano e cambiano. E che loro stessi non si vedono assolutamente come li vediamo noi.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

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