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Sulla mia pelle: Alessandro Borghi è Stefano Cucchi nel film di Venezia 75
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6 anni agoon
Quando a fine luglio il titolo Sulla mia pelle venne pronunciato durante la conferenza stampa ufficiale di Venezia 75 come film di apertura della sezione Orizzonti non mancò di destare stupore. Non solo perché un film prodotto da Netflix (il secondo in terra nostrana, dopo Rimetti a noi i nostri debiti) ma soprattutto per la storia raccontata: gli ultimi sette giorni di vita di Stefano Cucchi. Una vicenda di cui oggi non se ne parla più tanto ma che indubbiamente è una ferita ancora aperta per il nostro paese.
Le indagini svolte sulla vicenda – derivanti dal fatto che Stefano era in buona salute prima del fermo – vedevano inizialmente accusati tre dei cinque carabinieri che si occuparono dell’arresto, le guardie carcerarie che lo presero in custodia e i medici che lo visitarono durante il ricovero. Tutti vennero assolti e ad oggi, in seguito a due processi, sotto inchiesta ci sono tre militari dell’Arma dei Carabinieri per omicidio preterintenzionali e altri due per falsa testimonianza rilasciata durante il processo.
In totale furono 140 le persone con cui Stefano Cucchi entrò in contatto nei sette giorni prima di morire. 140 persone dotate di occhi per guardare, di menti per comprendere e di bocche per parlare, eppure solo in pochi, pochissimi hanno intuito il dramma che il giovane stava vivendo.
Da qui parte Sulla mia pelle, dalla volontà di Alessio Cremonini – il quale si è occupato anche della sceneggiatura insieme a Lisa Nur Sultan – di dare voce a Stefano adesso che non può più farlo. Lo stesso regista infatti ha dichiarato: «di tutta la vicenda, le polemiche, i processi, è l’ovvia ma allo stesso tempo penosa impossibilità di difendersi, di spiegarsi, da parte della vittima ad avermi toccato profondamente: tutti possono parlare di lui, tranne lui. Ecco, Sulla mia pelle nasce dal desiderio di strappare Stefano alla drammatica fissità delle terribili foto che tutti noi conosciamo, quelle che lo ritraggono morto sul lettino autoptico, e ridargli vita».
Nel portare sullo schermo questa toccante ricostruzione dei fatti, Cremonini si affida ad un grandissimo cast. Jasmine Trinca interpreta Ilaria, la sorella di Stefano che da subito ha chiesto giustizia sulla morte del fratello e mai ha smesso di esporre la sua verità, Max Tortora e Milvia Marigliano sono invece i genitori, ed entrambi gli attori donano due interpretazioni contenute ma al contempo forti e credibili.
Stefano Cucchi rivive però grazie alla straordinaria performance di Alessandro Borghi. L’attore romano, che conta già nella sua carriera ottime interpretazioni come quelle in Non essere cattivo, Suburra e Napoli Velata, offre qui un lavoro viscerale, come rarissime volte se ne sono visti nel cinema italiano. La perdita di peso (18 chili in totale), il portamento e in modo particolare la voce (da brividi la somiglianza con la vera voce di Cucchi che si sente all’inizio dei titoli di coda) dimostrano non solo il talento di Borghi ma anche quanto l’attore abbia creduto insieme a tutto il resto della produzione all’importanza del progetto.
Un progetto che punta la lente d’ingrandimento su un fenomeno che va aldilà della storia di Stefano e ha coinvolto negli anni centinaia di persone. Nello stesso 2009 infatti sono stati ben 176 i decessi registrati durante situazioni di arresto e detenzioni. Una realtà che non può essere accettata, una negligenza e una superficialità che non devono accadere quando ad essere coinvolto è lo Stato.
Dopo la presentazione al Festival del cinema di Venezia – dove il film è stato accolto con grande plauso dalla critica – la pellicola è uscita in contemporanea sia su Netflix che in una release limitata al cinema, dove si è già ottenuto un ottimo riscontro d’incassi. Sintomo che il cinema italiano può e deve rischiare perché ha ancora tantissimo da dire.
di Marta Nozza Bielli per DailyMood.it
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