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Fuga di cervelli: cercare radici altrove

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Un albero cresce alto e imponente soltanto se vengono soddisfatte due condizioni fondamentali: se le radici sono salde nel terreno, e se queste trovano nutrimento; più l’albero cresce, più le sue radici dovranno districarsi nella terra, in profondità, per cercarsi da vivere, per alimentare tronco, rami e foglie che nel corso degli anni son diventati belli e maestosi. Perché senza nutrirsi, l’albero muore; perché se le radici non sono ben profonde, l’altezza crea instabilità, e l’albero cade.

Sembrerà forse bizzarro, ma anche l’uomo, per crescere, in ogni aspetto, ha bisogno delle stesse condizioni. Le radici devono essere ben salde nel terreno, perché anche noi abbiamo bisogno di stabilità, nelle no

stre vite; e perché allo stesso tempo abbiamo bisogno di costruire, lasciare un segno della nostra presenza. “E se quest’anno poi passasse in un istante, vedi amico mio, come diventa importante che in questo istante ci sia anche io”, cantava Dalla; è quello che tutti desiderano, che sia importante la propria presenza, il proprio contributo. Per questo è indispensabile costruire, edificare: delle competenze, un titolo di studio, un lavoro e una famiglia. Se si poggia su una base che è in bilico, è tutto più difficile; al minimo soffio di vento, tutto rischia di crollare. Non si può vivere ogni giorno sperando che domani non capiti nulla perché non si è in grado di agire, ma soprattutto di reagire.

Le radici degli alberi devono andare in profondità per non infrangere le leggi della fisica e restare in piedi, ma, abbiamo detto, anche per cercare nutrimento; e questa è una caratteristica che le nostre teste hanno in comune con le piante. Una mente che non si muove, che resta in superficie, resta sterile; se è sterile, non edifica, non ci permette di lasciare quel segno per cui sentiamo che valga la pena ricominciare ogni giorno.

La differenza fondamentale, però, tra un uomo e un vegetale, sta nel fatto che il secondo, dove nasce, rimane; l’uomo, invece, se non trova terreno fertile, può decidere di piantare le proprie radici altrove. Questo fenomeno è diffusissimo tra i giovani italiani: lo chiamano fuga di cervelli. Se il nome italiano già ha un certo effetto, quello inglese anche un po’ di più: human capital flight, letteralmente ‘volo di capitale umano’. Il termine capitale, preso in prestito dall’ambito economico, collocato vicino all’aggettivo umano, denota un qualcosa di molto importante, che vola via, che va perso. L’esigenza che i giovani hanno di volare via, sta nel fatto che dove si trovano non riescono a crearsi una base che permetta loro di costruirsi un futuro all’altezza dei propri sogni. Così, presa con sé la cassettiera dei sogni (dire cassetto, forse, è riduttivo), e quel fardello di esperienze che si sono creati, volano via, che sia per un dottorato, una laurea, un posto di lavoro, l’amore della vita. E volano via come solo gli uomini, liberi, possono fare. Del resto desiderare significa togliere lo sguardo dalle stelle per qualcosa che manca; solo volando le stesse stelle si possono andare a toccare; solo se si hanno radici salde e profonde, si può crescere bene, e infine, fiorire.

di Gian Marco Ragusa per DailyMood.it

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