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Intervista a Gabriella Mizerak della Istvan Mizeran Foundation

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Un fotoreporter appassionato. Un uomo in primis e fotografo d’arte che per l’Ungheria del tempo, la seconda metà del secolo scorso, rappresentò un unicum concettuale in cui non tanto identificarsi ma rispecchiarsi amabilmente.
Incontriamo la curatrice dei suoi lavori, Gabriella Mizerak, figlia del Maestro, allo spazio allestito a MIA Fair a Milano, dove quel gusto raffinato di fotografo d’arte di István Mizerák continua a vivere come cuore pulsante della sua fondazione.
Le foto, volutamente al femminile per questo allestimento, scelta dettata anche dalla concomitanza con la Festa Internazionale della Donna, rappresentano le donne ungheresi durante il periodo comunista del tempo, rievocando non patriottismo di regime ma “occhi in ascolto“, con un talento che nette a nudo le donne ritratte in quadri espressivi di integrità e dignità personale, come lui stesso era.

DailyMoo.it: Grazie di questo tempo concesso e prima di tutto, chi era Istvan Mizerak ?

Gabriella Mizerak. Mio padre, István Mizerák era un fotoreporter appassionato: nacque a Ózd, Ungheria, il 19 dicembre 1942. Quando la loro città natale fu annessa alla Cecoslovacchia, lasciò con la famiglia le montagne natie per stabilirsi in Sajóvárkony. Nella sua vita fu anche regista e promotore culturale, la sua carriera come fotografo cominciò nel 1966 ad un concorso, quando (con lo pseudonimo di “Finita”), vinse il secondo premio. Nel 1968, István Mizerák divenne corrispondente per l’agenzia nazionale dell’informazione (MTI). Da allora divenne il suo lavoro, la sua vocazione per tutta la vita.

DM: E perchè la scelta di una Fondazione a Lui dedicata?

GM: La Fondazione è nata per questo. Per preservarne l’archivio dei lavori e la memoria storica che rappresenta. Non solo per onorarne la memoria con la promozione e l’organizzazione di mostre, pubblicazioni o eventi. Gestire direttamente il suo archivio fotografico (catalogazione, organizzazione, cura e preservazione delle stampe originali e dei negativi), permette di aiutare, sostenere e incoraggiare il dialogo sui temi, che le foto stesse propongono. Per esempio come in questo caso, sul tema delle donne.

DM. Che tipo di immagine femminile propone questo itinerario?

GM: Non saprei. Sicuramente ne cattura l’essenza. Era un fotoreporter. Descriveva la realtà come la vedeva. La sua verità sulle donne era semplice, di ascolto attivo. Fatto di sguardi, volti e scatti di una femminilità mai ostentata ma che c’è, sempre. Donne capaci di fatiche indicibili, ma nello stesso tempo, nel profondo dei particolari che le foto riescono a catturare nell’istante dello scatto, femminili e sbarazzine, entusiaste anche se provate dalle fatiche.

DM: Per esempio?

GM: Questa dove una donna durante un’esercitazione di salvataggio, indossa i tacchi o la suora che chiede l’elemosina sulla scalinata della chiesa dove Papa Woytyla era vescovo, mentre una ragazzina passa con espressione buffa. Tante donne, tanti modi di declinarle, tanti momenti descritti in attimi fotografici unici . E essendo in bianco e nero catturandone, se possibile, ancor più la luce.

Un’affascinante “giro del mondo” al femminile, a bordo di una raffinata macchina del tempo dove la curatrice, Mizerak-figlia, accompagna mano nella mano il visitatore nel’allestimento delle opere del grande fotografo ungherese Mizerak, fotoreporter in anni, sì di regime ma come si diceva, con gli “occhi in ascolto“, con un talento che nette a nudo in quadri espressivi di integrità e dignità personale,i soggetti fotografici in maniera eccellente.

di Cristina T.Chiochia per DailyMood.it

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