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Intervista a Vittoria Frua

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Tutte le posture di base delo yoga a portata di mano. Ecco in estrema sintesi il libro di Vittoria Frua edito dalla Vallardi Editore e presentato in anteprima a Milano, Yoga: posizioni facili ed efficaci per l’equilibrio del corpo e della mente“. Giovedì 18 maggio alle ore 18.30 presso Spazio Open di Viale Monte Nero, 6 – Milano ; Vittoria Frua ha dialogato con Guido Gabrielli, direttore di Yoga Journal Italia, in occasione dell’uscita del suo nuovo libro dando spunti interessanti non solo per la pratica, ma anche per la lettura.

Domanda 1. Benvenuta.Ci racconti di Lei e della sua pratica.
Risposta:
Buongiorno,  Io sono arrivata allo yoga ormai quasi 20anni fa e quella prima lezione me la ricordo ancora al giorno oggi! Sono uscita piena di energia, con un corpo che sentivo molto più vivo e con il quale sentivo di essere molto più in contatto. I benefici nelle settimane e mesi a seguire sono andati ben oltre quelle prime sensazioni.  Ho iniziato con l’iyengar un po per caso. Mi sono trovata bene, la pratica mi ricordava la precisione delle lezioni di danza/ginnastica che facevo da piccola. Negli anni, però mi sono resa conto di quanto questo approccio alla pratica enfatizzava una mia tendenza al perfezionismo.  Ho letto molti articoli che appunto mettevano a confronto come un approccio dava delle istruzione per raggiungere una postura, e altri approcci davano istruzioni diversissime per la stessa postura…   La mia pratica fisica negli anni è indubbiamente cambiata come sono cambiata anch’io.  Grazie all’incontro con maestri che rimettevano questa pratica fisica nel loro contesto più ampio della disciplina /filosofia dello Yoga mi sono avvicinata ad un modo di praticare che è un’ascolto, un’esplorazione e riequilibrio di corpo, mente e respiro invece che dare priorità esclusivamente all’esecuzione di un asana o un’altra. È questo approccio basato su insegnamenti ricevuti da molti maestri ma in particolare di Leslie Kaminoff, che riporto nel libro.

Domanda 2 Come è arrivata a scegliere per la sua esplorazione del corpo attraverso il respiro , un mood pratico con una versione  pocket del suo libro: segno dei tempi o della sua pratica sempre a portata di mano?
R:
Il fatto che sia un libro tascabile è merito della Vallardi che ha/sta pubblicando una collana intera di libri ‘in tasca’ su varie discipline.  Sono felice che sia così pratico, leggero e facile da portarsi sempre appresso. Spero incoraggi tutti a praticare ovunque siano! Il mio desiderio nel scrivere questo libro era che in contenuti parlassero di una pratica alla portata di tutti nelle parole ma, in particolare, nei fatti. Vedo spessissimo libri e riviste che esaltano l’esecuzione di posture acrobatiche bellissime ma che purtroppo possono creare l’idea, sbagliata, che lo yoga non sia per tutti. Le acrobazie sono una bellissima sfida con se stessi, ma che non è certo il fatto di riuscire a sedersi nella posizione del loto che fa la differenza. Anche in questo senso volevo ricollegare la pratica delle posture alla filosofia dello Yoga, ovvero ricordare che le asana (le posizioni) sono uno strumento e non fine a se stesse.

Domanda 3 spesso nel libro Lei parte da una in spirazione. Cosa significa per lei osservare l’effetto del movimento nel corpo attraverso la respirazione?
R:
Osservare il respiro è un invito a vivere il momento presente, per uscire dallo scorrere costante dei pensieri e richiamarci al corpo. Su di me il fatto di fermarmi e osservare il mio respiro è anche molto calmante.  Quando respiriamo possiamo notare cosa si muove o cosa invece rimane fermo, quanto sia lungo/corto, se ci sono dei mini singhiozzi nel suo scorrere, se ci sono delle pause. Il nostro respiro cambia sempre in base alla nostra situazione fisica e/o emotiva. Chi non è consapevole di trattenere il proprio respiro in certe situazione o fare una profondo inspiro di fronte ad uno spettacolare tramonto. Anche il linguaggio parla del nostro respiro per descrivere stati d’animo: un sospiro di sollievo, un tramonto mozza-fiato! Se il nostro stato d’animo ha un effetto così notevole sul nostro respiro la filosofia dello yoga spiega come sia vero anche il contrario: il modo in cui respiro ha un effetto sul mio stato d’animo. In questo percorso uno può sperare di arrivare a scegliere il modo in cui interagire con le situazione della nostra vita invece che essere vittime delle nostre emozioni e conoscere il proprio respiro osservandolo è il punto di partenza di questo percorso.

Domanda 4 Cosa sono le varianti “restorative”?
R:
Molto semplicemente io posso scegliere di fare qualcosa grazie ad un’attivazione muscolare o in un modo più passivo. Ad esempio, posso inarcare la colonna mettendomi a fare un ponte o posso mettere la colonna in una posizione inarcata mettendo un cuscino sotto la parte alta della mia schiena. Questa seconda è la versione ‘restorative’ della postura. Nel metodo Iyengar, c’erano delle settimane dedicate ad una pratica meno dinamica, più di riposo, rigenerazione. Queste lezioni includevano l’utilizzo di blocchi, cuscini (bolster) coperte, sedie (cumulativamente chiamati ‘props’) ed il corpo veniva messo in delle posizioni sostenute da i props in modo che il corpo non dovesse essere sotto sforzo muscolare per rimanere nella posizione.  Visto che ci sono dei giorni o momenti in cui non sarebbe benefico fare grandi sforzi ma non vogliamo negarci i benefici di una pratica ho voluto includere nel libro la descrizione di come uno potesse fare le asana in questo modo più passivo. Sempre più studi dimostrano l’effetto benefico a livello di psiche e sistema nervoso di questo tipo di pratica “restorative”.

Domanda 5 Nella sua pratica lei parla spesso del rimanere fermo per qualche respiro. Si rifà al qui ed ora della mindfulness o della pratica yoga classica?
R:
L’invito di rimanere fermi nella posa ha vari benefici, a livello fisico crea uno sforzo muscolare diverso rispetto a quando siamo in movimento.  Imparare a ‘stare/essere’ sia fisicamente che a livello mentale è importante in particolare in un mondo dove viene data così tanta importanza al fare. Mi viene in mente una barca a vela. Per risalire il vento deve fare delle virate (girare la barca). Presa questa nuova direzione ci vuole un po di tempo per aggiustare le vele in modo che su questa nuova rotta possano cogliere al meglio il vento. Questo è analogo a entrare nel asana: aggiusto e affino la mia posizione come aggiusto e affino le vele di una barca. Ma poi, perché questa nuova direzione possa portarmi dove voglio andare, devo rimanere per un po su questa rotta. Volendo possiamo immaginare ogni asana come un’antenna, ha una sua vibrazione. Com per la barca, forse ci metto un po a sintonizzarmi su una frequenza, ma trovata la frequenza per sentire quella vibrazione devo non muover più, e così nella posa “sto”.  Questo concetto di essere presenti al qui e ora si trova nello Yoga come nella mindfulness.  Richiama anche un’altro insegnamento dello Yoga, quello che nella vita ci sono cose che non possiamo cambiare, ma che invece dobbiamo accettare ed imparare a stare in quella situazione. Come anche con la barca a vela la scelta della mia rotta non è spericolata, lo scopo non è di mettersi fisicamente in posizioni precarie, fuori dalla mia portata o pericolose, digrignare i denti e soffrire. Ma lo stare nelle posizioni è un modo fisico che ci insegna anche emotivamente a stare in situazioni anche se a volte possono risultare un po’ scomode.

Domanda 6 Come è possibile lasciare completamente il peso nelle varie asana? E’ utile per la pratica?
R:
La definizione di quello che spesso semplicisticamente viene trascritto dal sanscrito come ‘posizione’ in realtà è “quella seduta dove c’e equilibrio tra sforzo e rilassatezza”.  L’invito di lasciare il peso è per trovare quella rilassatezza. Siamo circondati da forze esterne come quella della gravita, la forza di reazione del terreno e quelle che possiamo creare noi stessi con i nostri movimenti e sforzi. Il nostri organi, muscoli ed ossa sono come i vari strumenti (cacciaviti, chiavi inglesi, bulloni ecc.) che si possono trovare nell’officina di un meccanico. Ognuno di questi strumenti ha una funzione diversa e anche i diversi ‘sistemi’ del nostro corpo hanno funzioni diversi. Le ossa sorreggono il nostro peso. I muscoli ci muovono nello spazio e stabilizzano le nostre articolazione. Come non useresti una chiave inglese al posto di una cacciavite, non volgiamo fare con i muscoli il lavoro delle ossa. L’invito di lasciare il peso è in realtà un invito a trovare il modo di sentire che le ossa ti sorreggono con il minimo impegno muscolare. Se impegno i muscoli al posto delle ossa tendo a irrigidirmi dallo sforzo muscolare, lo sforzo muscolare richiede più aria ma dovuta alla rigidità faccio più fatica a respirare… Diventa un circolo vizioso. Perché fare qualcosa facendo tanta fatica quando posso farla facendone meno?

Domanda 7 Esplorare il proprio corpo e le proprie possibilità. Limiti compresi, è possibile per tutti?
R: Assolutamente si! Può sembrare un concetto astratto ma è molto semplice. Ad esempio mentre leggi,  riesci ad alzare un dito, riesci farlo piu lentamente, o più svelto,  o fluidamente? Riesci a notare quando inspiri, riesci ad allungare la tua inspirazione, quanti secondi riesci a fare durare la tua inspirazione, quante volte riesci a fare un’inspirazione di quella lunghezza, allungare l’inspirazione ha avuto un’effetto sulla tua espirazione? Questi sono tutti modi di esplorare il corpo ed i suoi limiti. Il risultato dell’esplorazione (se o meno tu possa allungare l’inspirazione o quanto riesci ad allungarla ecc.) è, di perse irrilevante. Coltivare la capacità di essere presente e conoscere le proprie capacita, abitudini e limiti è quello che ci interessa.  Il vantaggio dello yoga è che ci da degli spazi, dei parametri nel quale esplorare. Le asana sono semplicemente quello, lo spazio, il contenitore nel quale fare queste esplorazioni. Conoscere i nostri limiti ci insegna l’accettazione, o come con perseveranza quello che tempo fa era un limite oggi non lo è più.  Queste “lezioni” rimangono con noi oltre il tappetino della pratica. Imparare a superare o accettare ostacoli, o notare come i nostri limiti si mutano nel tempo ci invita a riconoscer come tutto è temporaneo e ci riconduce all’insegnamento delle Yoga del non-attaccamento. Per riconoscere fino a dove siamo arrivati dobbiamo prima esplorare il nostro corpo/mente per conoscere quali sono i nostri limiti e le nostre possibilità.

Un mondo , quello della pratica dello yoga, molto “dinamico” e in questi anni,  ricco di nuove proposte editoriali semplici ma attuali, proprio come questa. Maneggevole, versatile, che permetta la pratica anche autonomamente, illustrato passo passo, facile da usare per eseguire le posizioni anche da soli, appena svegli o in ufficio, per rilassarsi o da fare in un qualsiasi momento di relax.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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