Mood Your Say

Il Mood del sentimento del moderno in Catania Catania di Emilio Calcagno

Published

on

In prima mondiale ha debuttato al Festival Bolzano Danza a Luglio il nuovo lavoro di Emilio Calcagno. Per chi lo conosce, sa che il coreografo e ballerino, naturalizzato francese, ha scelto di descrivere a tinte forti la sua Sicilia, terra d’origine, attraverso molti dei suoi contrasti più tipici e attraverso le sue suggestioni più struggenti. Forse è proprio però in questo passaggio, dal fuori e al dentro di sè che lo spettacolo, dal titolo “Catania Catania” può definirsi un buon esempio di “mood swing” perchè permette alla danza dei singoli ballerini di farsi specchio l’uno dell’altra, in repentini cambi di ritmo in scena, alla costante scoperta di un lato che non è performance ma ascolto della società attraverso il ritmo, in quell’ottica, spesso più fragile ed oscura, di renderne visibili i temi, da gesti particolari a ritmi di danza più universali attraverso i corpi, come se fossero la “pulsazione” danzante, il ritmo della vita stessa, in questo caso di una comunità che si fa mondo.

DailyMood – Benvenuto e grazie per aver accettato questa intervista, prima domanda quasi scontata: ci parli della compagnia francese ECO che ha fondato e del perchè ha deciso di vivere la sua carriera di ballerino e di coreografo poi, oltr’Alpe , da ben oltre 20 anni, oramai. Anche Lei un cervello (ed un corpo) in fuga?
Emilio Calcagno – La Francia sicuramente fa parte di me. Mi sono formato presso il Centro nazionale della danza Contemporaray di Angers guidato da Joëlle Bouvier e Régis Obadia e sono stato ballerino del Ballet Preljocaj nel 1995. Nel 2006 nasce Compagnie ECO (Dance Company ECO www.compagnie-eco.com) presso “La Faïencerie – Théatre de Creil“, un teatro pubblico in Piccardia. In fuga direi sicuramente, anche se all’inizio, era il 1989, non era previsto che lasciassi l’Italia definitivamente, é stato tutto molto improvvisato a dire il vero. Partii per la Francia senza rifletterci molto, fu quasi un vero e proprio impulso, una scelta azzardata forse ma che si è rivelata vincente per la mia carriera.

DM – Lei ama molto però anche la sua terra d’origine, la Sicilia, ed il suo legame con il Teatro Biondo di Palermo nella creazione del suo ultimo lavoro è noto. A molti ha ricordato che 30 anni prima, ci fu proprio al Biondo lo spettacolo “Palermo Palermo” di Pina Bausch. Esiste forse un legame tra il suo “Catania Catania” e “Palermo Palermo”?
EC – Certo, indubbiamente. Ed il legame é nato proprio con questa occasione di creazione con molti dello staff protagonisti trent’anni fa di Palermo Palermo. Per me il Teatro Biondo inoltre ha un valore del tutto particolare in sè. Era però di enorme importanza che tutta la gestazione dello spettacolo “Catania Catania” avvenisse proprio lì e con quelle persone.Siamo stati accolti in modo molto bello, affettuoso. E’ un teatro incredibile dove esiste un’energia incredibile. Solo in questo modo il legame particolare che si è venuto a creare ha proseguito sul solco di Pina Bausch. Il valore simbolico è per me enorme e rafforzato dal fatto che si apprezzava il mio lavoro e quello dei miei ballerini. E tutto questo con una grande generosità, nonostante un momento non florido per il teatro.

DM –  Lo spettacolo, diceva Pina Bausch, si può mostrare come solo un frammento, una porzione molto piccola di quello che è la vicenda nell’insieme. Quanto è stata profonda la sua ricerca del “suo” frammento, ovvero la sua ricerca sulla “sua” città, Catania? Cosa sentiva il bisogno di dire  al mondo nel “suo” spettacolo sulla sua città?
EC – Concordo con questa frase. Perchè è vero, è impossibile raccontare un’intera storia in un’ora e mezza di spettacolo. Bisogna sicuramente fare delle scelte, mostrare appunto dei frammenti. La creazione di “Catania Catania” é stato per me questo. Accresciuto dal fatto che essendo la mia città sentivo il bisogno di dire molte cose. Che spesso mi venivano fuori accellerate, quasi come come un vero e proprio conato di “vomito” , uso volutamente un termine forte, per rendere l’idea di questo passaggio creativo indispensabile. Erano quelle le cose che volevo fare vedere nel mio spettacolo. Quelle erano le cose che sentivo di dover dire, che era necessario far vedere, che non potevano non essere messe in scene. In questo senso ho scelto cosa mostrare in modo diretto. Senza filtri. Proprio perchè rappresentava qualcosa di cosi personale ero sempre coscente della realtà che volevo esprimere. Ho osato molto. Ho fatto cose che non avevo mai fatto prima in altri spettacoli che ho realizzato. Ho sentito il desierio di parlare di un sentimento, di parlare di una –“sicilianità” che va oltre ma attraverso una parte di me. Un fuori e dentro di me che interagiva con il mio modo di essere alla fine un “isolano” e che sicuramente anch’io ho voluto esprimere dopo un lungo periodo di latenza, perchè ho messo da parte per tanti anni al fine di integrarmi meglio. Chi proviene da un’isola non è come quelli del “continente”, si esprime in modo differente. E’ una parte misteriosa che si cela ai piu’ ma che abbiamo. Per questo non credo di aver finito di raccontare la storia cominciata con “Catania Catania” che sicuramente avrà un seguito. Che forse chiamerà “Isola dei Fumosi ” e sempre con lo stesso gruppo di danzatori ma in un contesto totalmente differente, meno popolare forse, più aristocratico, chissà. Far rivivere e ritrovare gli stessi personaggi di Catania Catania permetterà ai danzatori di ampliare il lavoro svolto, svilupparlo su altri piani narrativi e coreografici ed in un modo nuovo. Mi piacerebbe poter raccontare la storia nella sua totalità. Attraverso storie e leggende, uomini illustri e storici come Giuseppe Garibaldi, mettere la storia più al centro dell’azione, chissà.

DM – Ma Catania Catania racconta della Sicilia dal punto di vista di un quasi estraneo, me lo conceda, essendo Lei in Francia da oltre 20 anni: una Sicilia fatta dalla tradizione della sua infanzia o anche della sua esperanza a distanza?
EC – Mi creda. Questa “doppia cultura”, francese ed italiana, è ciò che mi ha permesso di realizzare lo spettacolo, di avere quel distacco necessario che in altro modo sarebbe stato impossibile creare. Un pò straniero, un pò siciliano, non solo italiano. Ecco il segreto. E poi non dimentichiamo che i siciliani, per antonomasia sono un popolo di una regione italiana che ha subito tante dominazioni differenti. Quasi una schizzofrenia esistenziale che li ha resi ciò che sono: una forza della natura, dove la natura spesso è madre e matrigna , che può baciare o uccidere.

DM –  Ma Catania Catania racconta della Sicilia dal punto di vista di un quasi estraneo, me lo conceda, essendo Lei in Francia da oltre 20 anni: una Sicilia fatta dalla tradizione della sua infanzia o anche della sua esperanza a distanza?
EC – Spero di aver capito bene la domanda sul mio modo di vedere la danza. Perchè mi viene spesso posta nel senso del mio essere siciliano e francese insieme e, sinceramente un pò mi infastidisce. Io mi sento cittadino del mono. Tanto basta. E se per esserlo devo far emergere ciò che sono fuori e dentro di me, ben venga, perchè’ non posso fare altro. Io non ho mai chiesto la nazionalità francese ed in questo quindi sono profondamente italiano. Ma in me convive tutto questo ed emerge a tempo debito. Fuori ho appreso in Francia un metodo di lavoro, la loro discrezione ed il silenzio. Ovviamente dell’Italia conservo la gioia e follia. Che questo emerga attraverso uno swing mood non so. So solo che “Catania Catania” è una dichiarazione d’amore per una città che considero la mia città e cosi la considerero’ per sempre.

DM – Cercherò di essere più precisa:s pesso cercare un “mood” nella danza è stile,maniera. Spettacoli che esplorano per concetti chiave passando attraverso o l’individualita’ piu’ assoluta o la coralità piu’ vuota.In questo senso “swing”. Perchè sono specchio, sono pulsazione viva. Questo secondo Lei avviene per le nuove generazioni di danzatori o per le nuove generazioni di coreografi?
EC – La danza é un linguaggio e sicuramente è spessoil linguaggio che maggiormente offre un riflesso di una società e del suo cambiamento. Sicuramente quindi si. Perchè siamo alla fine di un percorso artistico che si sta esaurendo e all’inizio di un altro in arrivo. Sicuramente il “mood” è dato dall’introduzione massiccia delle nuove tecnologie che hanno cambiato in modo drastico il modo di fare spettacolo dal vivo. Come pure la vita di tutti i giorni, la società. Vero è che non esistono una nuova generezione di danzatori in generle non ce n’è una e basta. Perchè ogni paese ha la sua storia. Per esempio è difficilissimo paragonare il mondo della danza italiano e quello francese. Quindi difficile dirlo.

DM – Cosa pensa di quello che avviene nella danza contemporanea in Italia ed in Francia e perchè sono mondi così difficili da paragonare?
EC – Dipende. Gli italiani per esempio amano la danza ma la conoscono poco. Pensano sia o opera lirica o balletto classico.Tutto è invece migliorabile. Fino a quando i teatri però non faranno un vero lavoro di formazione con (e per) il pubblico , la danza rimarrà in Italia per me poco conosciuta. Bisogna creare dei nuovi luoghi di lavoro, dei posti di lavoro nei Teatri nelle pubbliche relazioni. Posti strategici che permettano alla danza contemporanea di “democratizzarla”, renderla accessibile dal suo interno. Divulgare, far conoscere,invogliare la gente a venire in teatro ma partendo dai teatri.

DM – Concludendo, ci dica, ora, si sente più ballerino o coreografo?
EC – Né l’uno né l’altro perchè sarebbe riduttivo, preferisco “metteur en scene” , si, ho l’impressione che mi corrisponda di più .

di Cristina T.Chiochia per DailyMood.it

0 Users (0 voti)
Criterion 10
What people say... Leave your rating
Ordina per:

Sii il primo a lasciare una recensione.

Verificato
{{{ review.rating_title }}}
{{{review.rating_comment | nl2br}}}

Di Più
{{ pageNumber+1 }}
Leave your rating

Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.

Click to comment

Trending