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Aquaman e il regno perduto: Uniti per salvare la nostra Terra

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Born To Be Wild, la storica canzone degli Steppenwolf, risuona nell’aria mentre scorrono le prime immagini di Aquaman e il regno perduto, secondo film dedicato al re di Atlantide, al cinema dal 20 dicembre. Il nostro Arthur Curry, alias Aquaman, è diventato papà, è il re di Atlantide, eppure è uno nato per essere selvaggio, per nuotare in mare, parlare con i pesci e combattere con il suo tridente. Si troverà di nuovo a farlo, altrimenti non avremmo un action movie. Ma c’è qualcos’altro di selvaggio che merita di essere tutelato: la vita selvaggia, wildlife, come chiamano gli anglosassoni la natura. E questo film ne parla tanto: il messaggio ambientalista è forse la nota più lieta di un prodotto che si muove in un solco ormai collaudato e prevedibile.

Non riuscendo a sconfiggere Aquaman (Jason Momoa) la prima volta, Black Manta (Yahya Abdul-Mateen), ancora spinto dal bisogno di vendicare la morte di suo padre, non si fermerà davanti a nulla pur di annientare Aquaman una volta per tutte. Questa volta Black Manta, in possesso del potere del mitico Tridente Nero, che scatena una forza antica e malevola, è più temibile che mai. Per sconfiggerlo Aquaman si rivolgerà al fratello imprigionato Orm (Patrick Wilson), l’ex re di Atlantide, per forgiare un’improbabile alleanza. Insieme dovranno mettere da parte le loro divergenze per proteggere il loro regno e salvare la famiglia di Aquaman, e il mondo intero, da una distruzione irreversibile.

C’è un forte messaggio ambientalista al centro di Aquaman e il regno perduto, ed è la cosa che ci piace di più di questo film di supereroi. Il cattivo del film, Black Manta, ha trovato una vecchia nave atlantidea sepolta nei ghiacci, e insieme ad essa un antico carburante che, se disperso nell’ambiente, è estremamente tossico e dannoso. Così assistiamo a una serie di notizie che ci dicono che, nel giro di pochi mesi, la temperatura della Terra si è alzata di vari gradi, e che il nostro pianeta è in pericolo. Nel frattempo, vediamo Aquaman, in quanto re di Atlantide, dire ai suoi che non è più possibile che il suo popolo resti nascosto: vuole che si palesino, e che aiutino gli umani a risolvere questo problema vitale. La metafora è evidente: tutta l’umanità deve unirsi e andare in una sola direzione per risolvere la crisi climatica, il riscaldamento globale. Ma guardate bene il messaggio da tutte le direzioni: in questa storia c’è un cattivo che, con le sue azioni, sta innalzando pericolosamente la temperatura del globo. Nella realtà quelli che stanno facendo il male del pianeta, i cattivi, siamo noi.

Da un lato, allora, Aquaman e il regno perduto lancia questo importante tema. Dall’altro lo banalizza un po’, perché se per farci vedere gli effetti negativi di quel dannato carburante ci infila una sequenza con le formiche giganti, con le piante carnivore e le api geneticamente modificate finisce per farci sorridere e buttare via un po’ dell’accoramento che avevamo avuto per questo tema. È il momento in cui il film diventa quel cinema d’avventura degli Anni Trenta – Quaranta, però in 4K e con i colori vivissimi. Quello di cambiare stile, e tono, è qualcosa che il nuovo film di Aquaman fa spesso. C’è il momento della lotta con i robot, che fa pensare a Transformers, e c’è il momento del Tridente Nero, che scatena una forza oscura in chi lo prende, che non può non far andare la mente a Il Signore degli Anelli. C’è il momento alla Star Wars, con quella strana banda che suona come quella della taverna di Mos Eisley. Il rapporto tra Aquaman e suo fratello, poi, finisce per ricalcare quello tra Thor e Loki: ma questo è un gioco esplicito, perché è lo stesso Aquaman che lo chiama così. E potremmo andare avanti a lungo. È un peccato perché un film come questo, che vive in un mondo ben preciso, con una sua identità visiva, finisce per essere derivativo, di rifarsi continuamente ad altri immaginari. E, ma questo è un altro discorso, ad annoiare anche un po’.

E così, con il secondo Aquaman, si chiude un’era. Il primo era stato il più grande successo dei film DC Comics. Ma erano altri tempi: era il prepandemia e i film di supereroi andavano alla grande. E, soprattutto, il DC Expanded Universe sembrava ancora in piedi. Ora, come sappiamo, la saga così come la conosciamo, è finita. Ripartirà da zero, con gli eroi in età più giovane, da James Gunn, il regista di Guardiani della Galassia. E così questo è davvero l’ultimo atto di un gruppo di supereroi che, seppur con meno successo rispetto agli Avengers, ci ha fatto compagnia in questi anni. Ed è difficile non pensare a come era iniziato tutto: con Man Of Steel, il film su Superman di Zack Snyder. Il DCEU doveva essere così, cupo, fatto di ombre e chiaroscuri. Ha cambiato più volte faccia, toni e stile. Per finire in un film coloratissimo e ironico. Ma, per ora, va bene così. Ci vedremo tra due anni con Superman: Legacy.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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