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The Last Duel: Il duello di Ridley Scott contro il maschilismo tossico

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The Last Duel, il nuovo film di Ridley Scott, in uscita al cinema dal 14 ottobre, è la storia di una violenza sessuale nella Francia del XIV secolo. È una storia realmente accaduta. Quella di Madame De Carrouges (Jodie Comer), che accusa di violenza Jacques Le Gris (Adam Driver). Secondo le leggi del tempo, Le Gris verrà sfidato dal marito di lei, Jean De Carrouges (Matt Damon). Solo vincendo, e manifestando così la volontà di Dio, la moglie verrà creduta. Era un mondo in cui le donne venivano considerate proprietà dei loro mariti, e, se osavano denunciare per difendere la verità, rischiavano di essere condannate a morte – nel caso il proprio marito perdesse il duello – pur non avendo commesso alcun crimine, ed essendo le vittime.

Ti senti in colpa, ma, amore mio, non dirlo a nessuno. Per la tua sicurezza. Tuo marito potrebbe ucciderti”. The Last Duel, come il famoso Rashomon di Kurosawa, è raccontato da diversi punti di vista. Prima quello di Jean De Carrouges, poi quello di Le Gris, e solo alla fine quello di Madame De Carrouges. Le parole che abbiamo appena scritto sono quelle del capitolo 2, la versione di Le Gris, lo stupratore. Leggerle è davvero scioccante, come lo è ascoltare la confessione che, poco dopo, dirà a un prete. “Ho commesso peccato di adulterio verso un uomo che considero un amico”. Le Gris non pensa proprio alla donna a cui ha fatto violenza. Non parla di stupro ma di adulterio. Il problema, per lui, è solo tra uomini.

Assistiamo alla versione di Le Gris dopo aver assistito a quella di De Carrouges, che era stata ancora più scarna. Quello che ci colpisce, nei primi due capitoli di The Last Duel, è che in un film in cui una donna è il personaggio chiave, Madame De Carrouges si veda pochissimo. La scrutiamo ascosta dietro le grate, non ascoltiamo mai la sua voce. Ma, man mano che il film procede, ci rendiamo conto che tutto è perfettamente logico. I primi due capitoli sono i racconti dei due uomini, e come tali ci raccontano la loro visione, il loro mondo. Un mondo dove la donna è qualcosa di secondario, di accessorio.

Ma è nel capitolo III, che Ridley Scott titola esplicitamente “La verità secondo Madame De Carrouges. La verità”, con quel termine ribadito ancora una volta, come se volesse che fossimo sicuri che per lui la verità è quella, che i nodi vengono al pettine. E dove, finalmente, anche quello che avevamo visto fino a qui acquista senso. Narrati dal suo punto di vista, vediamo i tanti aspetti della vita di Madame De Carrouges. Come il fatto che, nel giudicare Le Gris, si attenga al giudizio del marito, che lo ritiene inaffidabile. Come sia fedele al marito, e preoccupata di dargli un erede. Assistiamo alle sue notti d’amore con il marito, che proprio d’amore non sono. E assistiamo a una serie di consigli molto intelligenti su allevamento, agricoltura, e anche sui tributi, dati ai suoi collaboratori quando, in assenza del marito, prende in mano alcune faccende.

Ma, soprattutto, nel terzo capitolo, rivediamo la scena dello stupro dal suo punto di vista. Il girato è lo stesso, ma il montaggio è molto diverso. Qui Ridley Scott, con grande maestria, monta dei dettagli visivi e sonori che prima aveva volutamente omesso. Così sentiamo il pianto, le urla della donna, le sue corse e i tentativi di fuga da quella stanza. Il volto in lacrime. E poi spento, con lo sguardo assente, dopo. Quell’atto sessuale che avevamo visto prima ora ci è mostrato come lo ha percepito la protagonista femminile. Ed è una sensazione completamente diversa. Fa ancora più male la reazione del marito: la prima cosa che pensa è che Le Gris abbia fatto un dispetto a lui.

Ma quello che accade dopo forse è ancora peggiore. Perché Madame De Carrouges, una volta deciso di denunciare l’accaduto, non riceve solidarietà da alcuna donna, né dalla suocera che le dice “non siete diversa dalle contadine prese dai soldati in guerra”, né dalla sua amica che le ricorda “avevate detto che trovavate Le Gris attraente”. Madame De Carrouges è al cento di un vero e proprio processo. Ma non è forse così anche oggi, quando le vittime spesso sono più accusate degli stupratori?

La potenza di un racconto del passato usato per parlare del presente è ogni volta la stessa. È fare il parallelo, vedere che le cose spesso sono ancora così, ancora oggi. E fare un salto in avanti, e poi rifare un salto indietro. Pensare che era il 1386 ed era inaccettabile allora. E poi tornare ancora in avanti, realizzare che sono passati 600 anni e le cose spesso sono ancora così. E questo è ancora più inaccettabile. Non è che ai nostri tempi le cose siano andate meglio. In fondo è solo dal 15 febbraio 1996 che si è affermato il principio per cui lo stupro è un crimine contro la persona e non contro la morale pubblica. Sono solo 25 anni fa.

Jodie Comer, nel ruolo di Madame De Carrouges, svetta su tutto il resto del cast. La sua espressione fiera, gli occhi vispi, il suo volto moderno sono incorniciati da un’immagine incantata, gli abiti eleganti e i lunghi capelli biondi da principessa delle favole, da dama dei romanzi cavallereschi È forse per far risaltare ancora la sua bellezza e la sua statura che gli uomini sembrano tutti goffi, rudi, a volte ridicoli. Forse è qualcosa di voluto per raccontare la loro vacuità, la loro vanagloria. Anche il duello finale, violento e muscolare come una sequenza di Ridley Scott sa essere, sembra avere al centro solo loro, il regolamento di conti tra due uomini accecati dall’odio e presi solo da se stessi, Lei, Madame De Carrouges, sposa in nero a sua volta legata in attesa del giudizio di Dio, non può fare altro che osservare e aspettare. Noi, in platea, non possiamo che tifare per suo marito non perché si meriti qualcosa, ma per sapere lei in salvo.

The Last Duel, visto dall’esterno, è il Ridley Scott epico, quello de Il gladiatore, Robin Hood, Le Crociate. E, si sa, è una cosa che gli riesce bene. I duellanti del suo film d’esordio, che si battevano ai tempi di Napoleone, qui vivono nel Medioevo, e si battono in maniera molto più violenta e ferina. Ridley Scott oggi non può più fare la Storia del cinema perché l’ha già scritta almeno tre volte (con Alien, Blade Runner e Thelma & Louise) se non qualcuna di più. Ma può portare il cinema nella Storia e, ancora meglio, aggiornarlo alla Storia dei nostri tempi. Un regista che ha sempre amato le sue donne, dalla Ripley di Alien fino alle Thelma e Louise del film omonimo non è rimasto indifferente ai movimenti di rivendicazione femminile come il #metoo. E ha deciso di scendere in campo con un suo personale, riuscito, duello contro il maschilismo tossico.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

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