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La casa di carta 5: Lisbona, Stoccolma e Tokyo, le Tre Grazie che sanno decidere e imporsi

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Entrano in scena a piedi nudi, con la tuta rossa slacciata, una maglietta nera attillata e il volto scoperto. E sono abbracciate. Tre Grazie che decidono di prendere in mano la situazione e metterci la faccia. È quello che accade nel primo episodio della quinta stagione de La casa di carta, la serie spagnola di Netflix che è arrivata alla sua stagione finale divisa in due parti: la Parte 5 Volume 1 è in streaming dal 3 settembre (il volume 2 arriverà a fine anno). Lisbona, Stoccolma, Tokyo, ma potete chiamarle anche Raquel, Monica, Silene. In questa nuova stagione de La casa di carta i protagonisti si chiamano sempre più spesso con i loro nomi, e non solo con i nomi di città. Segno che hanno raggiunto tra loro una certa intimità. Come quella che abbiamo ormai noi con loro. Ma in quell’abbraccio, quell’atto di coraggio che le tre donne hanno avuto nell’uscire allo scoperto, per trattare con la polizia, ci abbiamo visto tante cose.

Sì, perché, dopo aver visto le altre serie create per Netflix da Álex Pina, in particolare Sky Rojo, ci siamo interrogati sul ruolo delle donne nelle sue opere. Una delle famose frasi de La casa di carta era “Inizia il matriarcato”, pronunciata da Nairobi. In Sky Rojo, una serie incentrata su tre donne che dovrebbe sposare il loro punto di vista, ci aveva lasciato perplessi quel reiterato, forse compiaciuto uso della violenza che sembrava davvero mancare di rispetto alle donne. Per fortuna, tornando a vedere La casa di carta nella prima parte di quella che è la stagione finale, ritroviamo quella vicinanza alle donne che era stato uno dei punti di forza della serie. Ogni volta che Alex Pina indossa la tuta rossa e la maschera di Dalì torna ad essere quell’uomo che amava le donne che ci aveva colpito nelle prime stagioni della serie. E così, continua il matriarcato.

Quella a cui assistiamo, nei primi episodi della stagione 5 de La casa di carta, è una sorta di “sorellanza”, di solidarietà femminile. Nel momento in cui Lisbona (Itziar Ituño), rientrata nella Banca, incontra Tokyo (Ursula Corberò), sembra scontrarsi con lei, che sospetta della sua fedeltà alla causa. Ma, subito dopo, complice un bagno caldo per la nuova arrivata, le due si avvicinano. Cominciano le confessioni. Lisbona è innamorata del suo uomo, il Professore (Álvaro Morte). Dice che è molto romantico il fatto che lui abbia scavato per lei un tunnel di 12 metri, e che le abbia fatto fare un giro della città in elicottero. Tokyo invece le confessa un segreto, il suo primo grande, amore, che ancora rimpiange: René (Miguel Ángel Silvestre, visto in Sky Rojo), che ha perso la vita durante una rapina. “Durante le rapine l’amore diventa più forte. Perché ogni minuto può essere l’ultimo” confessa. Più tardi, la vedremo comunque dedicarsi al suo amore attuale, Rio, e flirtare con lui. “Tu da qui non esci senza di me”. “Vuoi tagliare l’acciaio o provarci con me?” “Posso fare le due cose insieme, e provare a fare anche una terza”. È questo il dialogo tra Tokyo e Rio. Questa è la risposta di Tokyo. Sì, le donne sono più forti, sono multitasking, possono fare tante cose insieme. Ecco un altro segnale di come, almeno qui, Álex Pina ami le sue donne.

Ma fate attenzione a un altro momento. Con il Professore sotto scacco, dopo che Alicia Sierra, alla fine della stagione 4, aveva in qualche modo scoperto il suo covo, è proprio Lisbona, nel momento in cui, insieme alle altre due ragazze esce a trattare con la polizia, a notare un particolare, qualcosa che la polizia non dice, durante le trattative. Lisbona è la compagna del Professore, e sembra avere il suo acume, le sue intuizioni. Quello che Álex Pina vuole dirci in questa quinta stagione è che Lisbona, una donna, può essere una leader. Può fare il capo – grazie alla sua intelligenza e al suo carisma – come, e forse meglio di un uomo. C’è una certa dolcezza con cui, durante quel bagno caldo, la regia accarezza il corpo di quella donna matura, ancora sensuale, grazie alla sua bellezza, ma anche alla sua intelligenza.

E poi c’è Monica (Esther Acebo). Ora si chiama Stoccolma, non a caso. Era la segretaria dei Arturo Roman, Arturito, alla Zecca di Stato. Poi è stata preda di una Sindrome di Stoccolma, da ostaggio si è innamorata del suo sequestratore, Denver. E così ha preso il nuovo nome. Tra tutte sembra la più fragile. C’è chi le dice che non è adatta a questa nuova vita, che ha sbagliato a lasciare da solo il figlio che ha appena avuto. Chi le dice “sarai sempre e solo una segretaria”. Con quel viso preraffaellita, botticelliano, ci sembra sempre una dama da proteggere. E invece vedremo che, anche lei, saprà trovare il suo spazio, senza permettere a nessuno di definirla, di determinarla. Anche questo, se ci pensate, è molto attuale. E così torniamo a quell’immagine iniziale. Monica, Raquel e Silene, chiamiamole così, sono a piedi nudi, sono strette in un abbraccio e rivolte verso chi guarda. Come le Tre Grazie del Canova. Un’immagine classica (anzi, neoclassica) e allo stesso tempo moderna. In ogni caso, potentissima.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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