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Gangs of London. Londra brucia, su Sky Atlantic e Now Tv

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È una città sottosopra quella che vediamo nella prima scena di Gangs Of London, la nuova serie Sky Original in onda dal 6 luglio alle 21.15 su Sky Atlantic e NOW TV (e disponibile on demand). È una città sottosopra perché la vediamo con gli occhi di un ragazzo appeso a testa in giù in cima a un grattacielo. Ma è sottosopra perché, nell’affresco nerissimo della serie prodotta dagli Studios di Sky con Pulse Films e Sister Pictures, la capitale d’Albione sembra davvero essere ribaltata: le istituzioni e i simboli che siamo soliti associarle scompaiono, e a governare sembrano esserci solo le spietate gang criminali che, provenienti da tutte le parti del mondo, sembrano essersi date appuntamento a Londra per fondersi in un infuocato crogiuolo del crimine. Gangs Of London è firmata dal maestro dell’action-fighting Gareth Evans (The Raid), che dirige i 9 episodi con Xavier Gens e Corin Hardy. Il loro lavoro è strepitoso, e Gangs Of London ridefinisce i canoni del gangster movie e della violenza nelle serie tv. La seconda stagione è stata già annunciata. E di questa serie se ne parlerà a lungo.

Siamo nella zona di Londra definita “little Albania”, dove Finn Wallace (Colm Meaney, Hell on Wheels), potentissimo boss della mala di origini irlandesi, che con il suo carisma tiene insieme bande da ogni angolo del mondo, viene ucciso da due ragazzini “traveller”. Il figlio di Finn, Sean Wallace (Joe Cole, Peaky Blinders) si candida a prendere il suo posto: oltre a gestire i suoi affari intende scoprire chi e perché lo ha ucciso. Accanto a lui c’è la madre Marian (Michelle Fairley, Il Trono di Spade). E c’è la famiglia Dumani, di origini nigeriane, considerata da tutti come parte della famiglia Wallace. Ed Dumani (Lucian Msamati, His Dark Materials  – Queste oscure materie, Il Trono di Spade) è sempre stato come un fratello per Finn Wallace. Fin da ragazzi si sono trovati uniti da quella città a porte chiuse che era Londra, e che diceva “no black, no irish”, nessun nero e nessun irlandese. Per loro non c’era posto, e così se lo sono preso con il crimine. Ed è diventato il braccio destro di Finn e ha portato figlio Alexander (Paapa Essiedu) nell’organizzazione, dove fa rendere le sue qualità da mago della finanza. Nella successione al trono di Finn Wallace, oltre a Sean, ci sono anche loro. E in scena entra anche Elliot Finch (Sope Dirisu, Black Mirror), uno scagnozzo dei Wallace, considerato un perdente e ansioso di rifarsi. Ma loro sono solo il centro di un universo nel quale gravitano bande di origine pakistana, albanese, curda.

London’s Burning, Londra brucia, cantavano i Clash. E la Londra di Gangs Of London è costantemente messa a ferro e fuoco da bande potentissime in cerca della loro fetta di potere e denaro. Il Big Ben, il numero 10 di Downing Street, Buckingham Palace e Trafalgar Square sono lontanissimi. Quella che vediamo è una Londra impersonale e quasi metafisica. I protagonisti si muovono in un mondo che va da quello delle torri altissime e luminose della City ai bassifondi più sordidi della città. Luoghi opposti, distintissimi fra loro, ma inesorabilmente collegati, come ci ha raccontato, parlando di Roma, la nostra Suburra. Questa Londra dei margini, disperata e violentissima, ci ricorda in parte quella raccontata da alcune storie scritte da Steven Night, come Piccoli affari sporchi e La promessa dell’assassino, e in parte quella dei film di Guy Ritchie, che con il suo RocknRolla ci aveva raccontato le nuove mafie straniere che si insinuavano nella capitale inglese.

Ma nella violenza di Gangs Of London non c’è quell’ironia, quella giocosità che era insita nel cinema di Guy Ritchie, figlio di quello di Tarantino, e quel distacco che questi aspetti comportavano. Per questo la violenza di Gangs Of London ci sembra più disperata, senza speranza, senza appello. La serie di Gareth Evans spinge oltre i limiti l’action, e lo fa a ogni puntata in modo diverso. Le scene d’azione (risse, combattimenti corpo a corpo, sparatorie, agguati, torture, esecuzioni, riti di iniziazione) sono girate in maniera magistrale. Il gangster movie sconfina spesso nel war movie, nel western metropolitano. Quella di Gangs Of London è una violenza iperrealista che ridefinisce il concetto stesso della violenza in tv, e riscrive i codici del genere. Un maestro come Alfred Hitchcock costruiva le trame dei suoi film attorno a quelle scene madri, vere e proprie visioni, che la sua mente immaginava. E, guardando Gangs Of London, e pur restando agganciati dalla trama avvincente, ci viene in mente che, soprattutto nell’economia delle singole puntate, le storie siano costruite per arrivare a quei momenti clou, a quelle scene che stordiscono e lasciano senza fiato, e sono costruite e coreografate alla perfezione.

Ma Gangs Of London non è solo questo. Se la serie funziona è perché disegna delle storie e dei personaggi che sono archetipi, che fanno parte della storia dell’uomo dalla notte dei tempi. Il re tradito, il principe ambizioso che intende prenderne il posto e l’altro erede, non adatto e dimenticato; la regina dolente e solo apparentemente fuori dai giochi di potere; il generale, che non è il successore secondo i legami di sangue, ma è quello che ha con sé le truppe e che tiene le fila del gioco; il giovane “delfino” del re, che non è il figlio, ma secondo lui è il successore perfetto. Potremmo essere in una tragedia di Shakespeare, in una tragedia greca, in una tragedia elisabettiana. Potrebbe essere Il Padrino aggiornato al nuovo millennio, in una Londra multietnica e irriconoscibile. Potrebbe essere l’Inferno.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

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