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Da 5 Bloods. Black Lives Matter, dal vietnam agli usa. Da Spike Lee su Netflix

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Black Lives Matter, le vite dei neri hanno importanza. Oggi come ieri, negli Stati Uniti d’America come in Vietnam. Proprio nei giorni in cui il caso di George Floyd porta alla ribalta l’assurda condizione in cui vivono ancora oggi gli afroamericani in USA, arriva su Netflix (disponibile dal 12 giugno) il nuovo film di Spike Lee, Da 5 Bloods Come fratelli, un film che sarebbe stato presentato al Festival di Cannes e che arriva direttamente sulle nostre tv e i nostri schermi. È un film a suo modo profetico, perché, scritto e girato da mesi, esce in questi giorni e coglie proprio lo spirito dei giorni che stiamo vivendo.

Da 5 Bloods sta per “i cinque fratelli”. Parliamo di una gruppo di soldati afroamericani che, 50 anni fa, avevano combattuto insieme in Vietnam, in una guerra che, dicono, non era la loro, una guerra dalla quale pensavano sarebbero tornati e si sarebbero visti riconoscere dei diritti. Così oggi Eddie, Malvin, Paul e Otis (il quinto fratello, Norman, il leader, aveva perso la vita in Vietnam) tornano in Vietnam, a Ho Chi Minh City, la città che un tempo era Saigon. È una città molto diversa: ci sono i McDonald’s; nei locali, in dj set a tema Apocalypse Now, si balla la musica disco americana; gli ex vietcong offrono da bere agli ex militari americani. I quattro amici hanno una missione: recarsi in una delle foreste per recuperare le spoglie del loro amico Norman, che sono rimaste lì dai giorni della guerra. Ma c’è un’altra cosa: un “tesoro”, un baule pieno di lingotti d’oro. Il loro intento è recuperarlo per assicurarsi una vecchiaia tranquilla, per riprendersi quel qualcosa che, al rientro dal Vietnam come in tutta la loro vita, gli è stato negato.

E così parte un film che ne contiene dentro un altro e un altro  ancora, che mescola generi e toni. Si parte con una di quelle commedie “senili” che oggi vanno di moda a Hollywood, per poi svoltare in un film picaresco, con i nostri eroi che sono come quattro moderni e attempati pirati alla ricerca di un tesoro, e diventare, in alcune scene, anche un war movie a tutti gli effetti. Il Vietnam visto ex post, molti anni dopo, con i protagonisti maturi, era stato già raccontato da Richard Linklater in Last Flag Flyng, ma quel film era malinconico e rassicurante come una sbornia tra vecchi amici, qui siamo nel mondo di Spike Lee, e Da 5 Bloods – Come fratelli, è a suo modo un film militante e politico.

Il cambio di tono arriva anche piuttosto bruscamente, e il film “esplode” letteralmente dopo un’ora di racconto. Quello che credevamo un tranquillo weekend diventa a tutti gli effetti un tranquillo weekend di paura per i nostri eroi, il Vietnam mostrerà quel suo cuore di tenebra che, una volta entrato nelle vite di chi c’è stato, non riesce ad andarsene più. Le citazioni Apocalypse Now ci sembravano uno scherzo: avevamo visto il poster del film come sfondo a un dj set, avevamo sentito la Cavalcata delle Valchirie di Wagner accompagnarsi a un giro in barca invece che accostate a un attacco con gli elicotteri. Invece erano un presagio. La propria, personale, apocalisse, in Vietnam c’è sempre.

Spike Lee confeziona tutto questo in un film molto particolare. Potremmo parlare di un film remixato, per come il regista americano monta i vari elementi. Nelle immagini della storia principale inserisce, come nella musica hip-hop, una serie di campionamenti, di immagini di repertorio che danno un senso alla storia: eroi della comunità afroamericana, come Martin Luther King, Muhammad Ali, Milton Olive, Edwin Moses, ma anche personaggi che, invece, lavorano di contrasto, come Donald Trump. E alterna il racconto di oggi a quello del 1970, cambiando anche i formati dell’immagine. È come se il cinema e la tivù di allora dialogassero con quelli di oggi, il cinema e la nuova tivù, quello delle piattaforme come Netflix.

Ma c’è un altro espediente curioso nel film di Spike Lee: i nostri eroi, quando appaiono nelle immagini dei flashback, lo fanno con le loro sembianze attuali, non sono sostituiti da attori più giovani né vengono ringiovaniti al computer. Spike Lee può fare anche questo, fregarsene delle regole e delle convenzioni del cinema. Così vediamo quattro settantenni accanto al loro leader, Norman che è giovane. A interpretarlo c’è Chadwick Boseman, il protagonista del film Marvel Black Panther. Mentre, tra i quattro protagonisti, spicca Delroy Lindo nel ruolo di Paul. È lui il protagonista di uno dei grandi momenti del film, un marchio di fabbrica di Spike Lee: il monologo guardando in macchina, come il Monty di Edward Norton ne La 25a Ora. Un altro trademark di Spike Lee, i personaggi che si muovono con la mdp attaccata al corpo, un effetto che dà l’impressione che scivolino sulla scena, arriva verso la fine del film.

Da 5 Bloods Come fratelli è un film imperfetto, in cui non tutto funziona. È un film troppo lungo, prolisso in tutta la prima parte. E non tutti i generi che si amalgamano nel film funzionano: le scene di guerra, lo sappiamo, non sono nelle corde di Spike Lee. È nelle sue corde invece il cinema di lotta e di denuncia a cui lavora dalla fine degli anni Ottanta e di cui, oggi più che mai, c’è bisogno. Il finale ci riporta proprio ai giorni nostri e ci ricorda, come dicevamo in apertura, che Black Lives Matter, le vite dei neri hanno importanza. Spike Lee ce lo racconta accompagnato da numi tutelari come Martin Luther King e Marvin Gaye, che accarezza la storia con la sua voce calda e vellutata. “Che cosa sta succedendo?” canta nella sua canzone più famosa, What’s Going On. E se fosse vivo oggi lo griderebbe ancora.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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