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Summertime. Se Babi e Step diventano Summer e Ale. Su Netflix

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Si chiama Summer perché il padre, un musicista, amava quella canzone, Summertime, cantata da Billie Holiday ed Ella Fitzgerald. Ma, come recita un’altra famosa canzone di tanti anni fa, Summer odia l’estate. Forse perché tutti si divertono e lei deve lavorare. Forse perché durante l’estate quel padre che fa il musicista lavora e non c’è mai. Forse perché, come dice all’amica Sofia, d’estate arrivano tutti gli sfigati del mondo in vacanza. Siamo sulla Riviera Romagnola, a Cesenatico, un posto che sembra lontanissimo dalle tante Rimini Rimini degli anni Ottanta, ma anche da altri litorali che abbiamo visto al cinema e in tv. È quei che è ambientata Summertime, la nuova serie originale italiana Netflix (è la quarta, dopo Suburra, Baby e Luna nera, in attesa di Curon) prodotta da Cattleya e disponibile dal 29 aprile 2020. Dalla nota stampa leggiamo che è ispirata a Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia. Ma se non ce l’avessero detto non avremmo riconosciuto la storia di Babi e Step in quella di Summer e Ale.

Di quella storia, probabilmente, rimane l’incontro tra due mondi diversi, ceti diversi, atteggiamenti diversi nei confronti della vita. Ale (Ludovico Tersigni, SKAM Italia) è un campione di moto, ribelle e deciso a riprendere in mano le redini della sua vita. Arriva da Roma, il padre ha lasciato tutto per lui, e il team ci punta molto: ma lui, reduce da un incidente, ha paura a riprendere, e non sopporta più le pressioni. Summer (l’esordiente Coco Rebecca Edogamhe) è una ragazza che rifiuta di omologarsi alla massa e sogna di volare lontano ma sa di essere il collante della sua famiglia. Mentre la scuola finisce, e i primi ombrelloni si aprono sulla spiaggia, i due si conoscono, si attraggono e si respingono, ma tra loro c’è un’inevitabile reazione chimica: sembrano destinati a innamorarsi. Insieme a loro ci sono Edo (Giovanni Maini) e Sofia (Amanda Campana), i migliori amici di Summer, e Dario (Andrea Lattanzi, Sulla mia pelle), amico fraterno di Ale.

Summertime è il secondo teen drama italiano di Netflix, e arriva un anno e mezzo dopo Baby, che era più urbano, dark, intimista. Summertime è più leggero, spensierato, anche superficiale, come una vacanza estiva quando hai sedici anni. Coloratissimo, e ritmatissimo sui beat della musica più attuale possibile, come la trap, è un racconto fatto di corpi e volti giovani e belli, e il più possibile veri e non patinati. Non ha paura di far vedere i ragazzi di oggi per come sono, i loro divertimenti anche scorretti (su cui forse indugia troppo), tra alcool a tutte le ore e altre storie di vite spericolate (la corsa in moto su un molo verso il nulla ricorda quella delle macchine verso il burrone di Gioventù bruciata). Accanto alla musica in voga oggi c’è, in ogni puntata, un salto nel passato, una canzone classica, di cui un estratto del testo dà il titolo alla puntata: Odio l’estate, Il cielo in una stanza, Il mondo.

E poi, a sorpresa, entrano in scena anche delle canzoni degli anni Ottanta, I Like Chopin di Gazebo e Tainted Love dei Soft Cell. Come mai? È presto detto, sono le canzoni dei genitori, roba da vecchi, da mettere su in certi baretti sul mare la sera, dove i ragazzi ovviamente si annoiano. Ecco, a guardare Summertime, molto più che rispetto ad altri teen drama recenti, ci si sente vecchi. Forse è perché riesce a raccontare davvero il mondo degli adolescenti nei loro riti e svaghi, e a renderlo esclusivo, staccandolo dal resto. O forse perché, a livello di scrittura, è un racconto piuttosto superficiale e non riesce ad essere universale in modo da raggiungere tutti. Di fronte alla frase (due personaggi parlano mentre uno sta mandando un messaggio) “le parole non contano, le faccine sono importanti” è chiaro che siamo di fronte a un gap generazionale. In ogni caso è un mondo dove solo gli adolescenti sembrano essere in grado di amare veramente. E gli adulti sono tutti separati, assenti, divorziati, complicati.

Insomma, se il pregio di Summertime è nella sua leggerezza e freschezza, l’altro lato della medaglia è in una certa ingenuità. Che è anche quella di molti attori ancora acerbi, incerti nella recitazione. Ma è il prezzo da pagare per aver trovato volti nuovi, davvero inediti e interessanti. Come quello di Coco Rebecca Edogamhe, che è Summer, la protagonista, giovane di colore con dei magnifici capelli alla Jimi Hendrix, occhi neri profondissimi e il fisico slanciato, o quello di Amanda Campana, occhi luminosi e curiosi, e un’aria sbarazzina e irresistibile. E quello, umanissimo e tenero di Giovanni Maini, con la sua impacciata avvenenza. Tra i protagonisti, hanno più esperienza e un passo in più Ludovico Tersigni, il protagonista, Ale, e Andrea Lattanzi, il suo amico Dario, personaggio molto particolare, timidissimo e ritroso al di là del suo aspetto fisico.

Sono proprio i due protagonisti, e i due personaggi principali, a marcare la differenza con Tre metri sopra il cielo di Federico Moccia e il film da cui è tratto. Ludovico Tersigni ha l’occhio azzurro, ma un piglio completamente diverso da Riccardo Scamarcio e dal suo Step, che era più scostante e tenebroso. Il suo Ale ha l’aria dolce, tenera, e una certa ironia a un modo di scherzare che conquistano. Così anche Summer è completamente diversa da Babi: più determinata, risolta, uno specchio delle giovani donne di oggi, rispetto a come si potevano immaginare più di vent’anni fa. Se lo schema dello scontro tra mondi diversi viene riproposto, Summertime mescola le carte: stavolta è Ale, il protagonista maschile, a venire da un mondo più agiato, anche se rimane il personaggio più tormentato tra i due. Mentre è Summer, come detto, che viene da una famiglia più umile, e tra i due rimane il personaggio meno complicato. A proposito di famiglie, la madre di Summer è interpretata da Thony, la cantautrice protagonista di Tutti i santi giorni di Virzì. Se lo ricordate, in quel film cercava in tutti i modi di mettere al mondo un bambino. Ora la vediamo mamma di due figlie adolescenti, ed è una sensazione strana. Non è facile, per gli adulti, nel mondo di Summertime. Un mondo che vediamo spesso dall’alto, in perfetto stile Netflix. Perché anche se è una serie italiana, Summertime vive nel mondo, ormai globalizzato, del colosso dello streaming. Ed è l’esempio che Netflix crede nel nostro paese. Quando le produzioni potranno riprendere, speriamo che la storia d’amore continui. Quella tra Summer e Ale. Ma anche quella tra Netflix e l’Italia.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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