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Il mood degli scrittori nella moda: Memos della Camera della Moda Italiana

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La moda come opera aperta ed atteggiamento scientifico.
Il mood degli scrittori torna come invito a guardare il mondo della moda con occhi nuovi. Arriva al Museo Poldi Pezzoli di MilanoMemos – a proposito della moda di questo millennio“, mostra temporanea fortemente voluta dalla Camera della Moda Italiana, ideata e curata da Maria Luisa Frisa. Dal 21 Febbraio 2020 al 4 Maggio 2020 le sale della casa museo del palazzo, offrono spunti per richiamare “Memos”, appunti della moda in questo millennio. Si tratta di una mostra che va ad inserirsi nel solco di quel “mood degli scrittori” già descritto dalla recente mostra su Kafka presso Fondazione Prada (e che già nel 2013 aprì il mondo della moda all’arte della scrittura con un concorso letterario con Feltrinelli Editore).

La mostra di moda “Memos” al Poldi Pezzoli è una proposta interessante, che fa riflettere sulla moda da un punto di vista contemporaneo, partendo dalle “Lezioni

Fausto Puglisi_∏coppibarbieri

Americane” dello scrittore italiano Italo Calvino, che chiamò appunto i suoi interventi “Six Memos for the next Millenium”. Insomma, mai come in questo periodo il mood degli scrittori offre, come se fosse una sorta di “mood board fatto di parole”, domande fondamentali per il mondo della moda.
Come recita il comunicato stampa “può la moda, nel suo essere industria culturale, sistema di comunicazione, territorio ricco, ibrido e problematico, essere considerata pratica scientifica e poetica, e quindi naturalmente letteraria? La mostra utilizza le parole di Calvino come dispositivi per riflettere sulle trasformazioni e le permanenze della moda. Memos evoca anche le note dattiloscritte da Diana Vreeland ai tempi della sua direzione di «Vogue America». Appunti, rivolti alla redazione, che trattengono sinteticamente la rapidità immaginifica di Vreeland. Note, che funzionano come mood board fatti di parole“.

Un discorso di metodo quello della mostra al museo Poldi Pezzoli, che evoca, offre e segmenta la moda come capacità di gestire “i diversi prodotti della moda stessa: non solo gli oggetti, ma anche le immagini e le parole. Maria Luisa Frisa riflette sulla pratica del fashion curating e concepisce la mostra coinvolgendo Judith Clark per l’exhibition making e Stefano Tonchi con un progetto visuale. Discorso sul metodo che vede come interlocutori necessari la scrittrice Chiara Valerio e la regista Roberta Torre, a cui viene chiesto di dare voce ad alcuni dei materiali in mostra. Voci autoriali che descrivono l’oggetto assecondando le rispettive immaginazioni”. Basta quindi semplicemente addentrarsi tra le sale del museo, divenuto set scenico o palcoscenico di questa rappresentazione, per comprendere fino in fondo la mostra, realizzata dalla Camera della Moda Italiana, in collaborazione con il Museo Poldi Pezzoli, il supporto del Ministero degli Affari Esteri, della Cooperazione Internazionale, dell’Agenzia ICEA e del Comune di Milano. È stata proprio quest’ultima preziosa collaborazione che ha permesso di riproporre alcuni abiti di una mostra precedentemente allestita, oltre che la partecipazione di Tendercapital.

Si tratta, insomma, di una riflessione, di un “memos”, sul lungo dialogo con quello che la moda è, è stata e sarà. Non a caso la scelta del Museo Poldi Pezzoli, luogo di una lunga serie di importanti mostre di moda, tra cui la celebre “1922-1943, venti anni di storia italiana” curata da Grazietta Butazzi, i cui abiti sono nuovamente presenti nel percorso dell’attuale mostra. Questi abiti sono esposti con un allestimento che li mette in relazione l’uno con l’altro e che sfrutta dei pannelli per dar vita a un vero e proprio percorso emozionale.

Concludendo, la mostra offre la chiara consapevolezza di come molti marchi di moda abbiano elaborato un preciso orientamento sull’uso dell’archivio e delle parole e che nessuno meglio degli scrittori possono aiutare a condividerlo. L’archivio, come strumento per preservare l’identità del brand e “come luogo necessario all’immaginazione”, si trasforma in un luogo di condivisione, grazie ai modelli in mostra, e rivelatore di quello che la moda è ed è sempre stata (dagli abiti, agli accessori alle cartelle stampa) attraverso un inedito processo creativo che mostra che anche la moda, ora più che mai, ha bisogno di arte, respiro e condivisione. Non a caso, infatti, sono nate fondazioni, gallerie e musei che propongono questo genere di mostre, sempre meno indirizzate ad addetti del settore ma che permettono, in una sorta di circuito di buone pratiche del taglio e cucito, di diventare osservatorio di abiti e modelli realizzati dalle maison, esaltati dal mood degli scrittori che trasformano gli abiti stessi in “autori” della moda, attraverso la poetica e la narrativa delle parole scritte, come punto di riferimento.

La moda diventa sempre più connessa, insomma, alle altre arti. Dalle parole di Anna Poggi per una sfilata della collezione autunno inverno 1994/95 di Prada, a quelle di Francesco Risso, direttore creativo di Marni, fino alla rivoluzione di Giorgio Armani (e la nascita nella moda dell’uso della parola” genderless“), il mood degli scrittori affascina più che mai il mondo della moda, quasi come una sorta di seconda pelle, ed offre una nuova interpretazione della “letteratura” della moda.
Basta addentrarsi nelle sale di questa mostra per scoprirne il senso.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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