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Da Fondazione Prada il mood dello sguardo altrove nei sipari di Liu Ye

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Ci sono storie personali, come quelle narrate dal pittore cinese Liu Ye, che hanno la capacità di creare quella “quarta parete” immaginaria, abbattendo quel muro fittizio tra il palcoscenico e il pubblico che osserva la performance, in questo caso artistica.
Con “Storytelling” a cura di Udo Kittelmann, in mostra dal 30 Gennaio al 28 settembre 2020 presso la Fondazione Prada di Milano, il mood dello sguardo altrove si fonde appieno nei sipari di Liu Ye e nella sua pittura.

A Milano questa quarta parete si trasforma: a differenza di Shangai, dove le opere del pittore interagivano anche con i colori e l’armonia degli arredi, la Galleria Nord di Milano diventa palcoscenico a tutto tondo, dove immaginare, grazie ai quadri esposti su muri scarni ed essenziali, palco e teatro, pubblico ed opera, attraversando quella “porta immaginaria” su altri mondi.

L’arte drammatica delle opere offre storie a tutto e tutti: una estetica “del proprio pensiero personale” che, come ha dichiarato Udo Kittelmann, si sviluppa sulla percezione: “Percepisco l’opera di Liu Ye come un messaggio pittorico sensibile che passa tra due mondi spesso considerati contraddittori: cultura occidentale e tradizione orientale. La sua pittura ha subito suscitato in me un grande interesse perché esprime una costellazione dialettica. Crea una relazione non solo con i complessi sviluppi della cultura in Cina, ma si fa testimone di una profonda conoscenza della storia culturale e pittorica europea. Le sue immagini affondano le proprie radici nei movimenti artistici ed intellettuali tanto occidentali quanto orientali, facendo convergere le forze del passato e del futuro“.
Una quarta parete quindi, che si dilata e diventa punto immaginario tra questi due mondi, cosi vicini ma allo stesso tempo cosi lontani.

La bellezza dell’allestimento della mostra sta nelle sedute, che richiamano la semplicità del materiale, catturando la direzione dello sguardo, esaltando il principio del bello e della voglia di osservare.
Sia che si tratti di uno spettatore distratto, sia che si tratti di un estimatore del genere, Liu Ye, classe 1964, offre nei suoi lavori esposti in “Storytelling” il suo modo di essere e di sentirsi vivo nell’incontro con persone che “sappiano raccontare qualcosa”, alle quali si ispira nella sua pittura.

Concludendo, la mostra di Liu Ye presso la Fondazione Prada, parla di un incontro, di tante lingue e viaggi in giro per il mondo, dai tratti tipici della cultura cinese contemporanea, ma con quel tocco capace di “svelare” qualcosa in più. Prima di abbandonare lo spazio espositivo, infatti, lo spettatore viene posto di fronte a una scelta: “sbirciare” dietro al sipario allestito accanto all’uscita o lasciarlo li, senza mai scoprire cosa c’è dietro.

L’occasione di uno sguardo “altrove”, come quello del pittore, rappresenta la grande verità dell’uomo universale. Come insegna “L’uomo senza Qualità” di Musil “l’uomo ha due stati di vita, due di coscienza e due di pensiero, e si difende dalla paura morale che ciò dovrebbe incutergli, prendendo gli uni per la vacanza degli altri”. Accessibile, quindi, ma impenetrabile, come appunto la pittura di Liu Ye.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

 

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