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La moda del gioiello come arditezza sociale nel solco di Italo Calvino

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Una mostra da visitare dalla fine quella di Van Cleef & Arpels che, dal 30 novembre 2019 al 23 febbraio 2020, ci ha accompagnati attraverso il Tempo, la Natura e l’Amore, tra le stanze di Palazzo Reale a Milano.
La mostra, visitabile gratuitamente sia via app che con un gruppo, è stata promossa dal Comune di Milano Direzione Cultura, Palazzo Reale e prodotta da Van Cleef & Arpels e Fondazione Cologni: si tratta di un piccolo miracolo di Alba Cappellieri, professore di Design del Gioiello e dell’Accessorio al Politecnico di Milano e direttore del Museo del Gioiello di Vicenza.

Il percorso – si diceva – partiva dall’ultimo immenso salone, passando dalle varie stanze dell’appartamento dei principi, fino alla sala degli arazzi, non tanto per apprezzare meglio i pezzi di alta gioielleria esposti, ma per vivere il percorso attraverso le parole del celebre Italo Calvino, esposte sui pannelli alle pareti, scelte ad arte dalla curatrice.
Grazie poi all’uso autonomo dell’app, la mostra ha permesso di comprendere meglio la storia dei gioielli, esposti in bellissime teche luminose, passando attraverso quella dei suoi personaggi, della società e della famiglia a cui appartenevano.

Ecco quindi, tra i tre concetti espressi nel titolo della mostra internazionale – per questo lasciati in lingua inglese – del Tempo, della Natura e dell’Amore, proprio la scelta (di chi scrive, ovvio) di parlarvi dall’amore. Perché la storia di Van Cleef & Arpels è prima di tutto una storia romantica che vede protagonisti un uomo e una donna di inizio novecento, che si incontrano e si amano come in un vero e proprio romanzo di fine secolo: ecco quindi esposte le foto del figlio di un tagliatore di pietre e la figlia di un mercante di pietre preziose, uniti in matrimonio e pronti a realizzare gioielli, per vivere felici e contenti.

A questo amore, nel percorso ufficiale della mostra, fa da sfondo la città più romantica del mondo: una Parigi in subbuglio per la “Belle Epoque” di quegli anni, cornice unica ed esclusiva non solo per tanta creatività (davvero molto ben evidenziata e realizzata nelle prime sale della mostra), ma che spazia da arditezze visionarie nei tagli dei gioielli (grazie all’esposizione anche dei celebri appunti e taccuini nelle stanze successive), a quella curiosità innata per gemme uniche, spesso opache e colorate, trasformate in iconici gioielli sconosciuti e brillanti per quei tempi, tanto da diventare di gran moda.

Ecco in estrema sintesi il cuore della mostra: la moda del gioiello come arditezza sociale.
Si tratta, infatti, di una mostra che accomuna “la moda” del gioiello e che la descrive e la interpreta in modo meraviglioso e mai banale – grazie sicuramente anche agli oltre 400 pezzi esposti dal 1906 (anno della fondazione del brand) e in un allestimento molto curato dove la bellezza e la cura per i dettagli (pezzi esotici o inediti) diventano piano piano iconici.
Ne è uno splendido esempio la sala che racconta la storia della famosa collana “a zip” che unisce in una dimensione leggendaria di amore, tempo e natura, una delle pietre miliari della gioielleria perché “trasformabile”. Ed è proprio attorno a questa trasformazione che la mostra di concentra, declinandola in tutte le sue forme, sottolineando come, in quel tempo e per mano di Renée Puissant, fu addirittura Wallis Simpson, l’allora duchessa di Windsor, a richiederne la realizzazione per via del suo grande amore per i gioielli (anche se fu Elsa Schiaparelli per prima a realizzarla nel mondo della moda, sempre dall’alto verso il basso).
Fu proprio la natura del gioiello, la sua capacità di muoversi in quella direzione, a permettergli di cambiare forma, allargandosi o addirittura accorciandosi, diventando un braccialetto che cambia nei materiali e nelle pietre preziose.
La complessità del lusso, insomma, in mostra: dalle sue origini sino ad oggi, in una location resa, grazie al concept della scenografia di J. Grawunder, ancora più liquida e surreale.

Da segnalare, infine, questo nuovo mood che ultimamente si sta sviluppando sempre più all’interno delle mostre di moda, arte ed ora, di gioielleria: il mood degli scrittori. In questa mostra infatti, la sua curatrice, propone un percorso emozionale inedito su Italo Calvino e le sue “lezioni americane”, dove i concetti chiave del libro tra cui la leggerezza, la visibilità e la molteplicità, servono quasi come passe-partout per comprendere e contestualizzare i gioielli in mostra. Grazie anche all’uso di tablet e alla tecnologia, l’idea della leggerezza come “sottrazione di peso”, espressa dal grande scrittore italiano, diventa un modo per descrivere i diamanti, che diventano volti di fatine svolazzanti nelle teche, o il concetto di molteplicità delle composizioni nelle teche delle stesse; quanto a quella frase sulla “visibilità” come luogo poi, diventa arditezza di materiali che sfidano la gravità e si trasformano in spille o accessori (sotto forma di ballerine) in bilico sulle spalle o sui petti dove verranno poi appuntati. La scrittura quindi come nuovo “mood” per comprendere il mondo dei gioielli. E non gioielli qualunque, ma quelli di Van Cleef.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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