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Torna il mood del fiabesco con Pinocchio ed i suoi costumi

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Già anni fa, su Dailymood.it parlammo del mood del fiabesco come risposta a un mondo sempre più complesso e difficile. Ora, questo magico mood torna al cinema come riflessione della consapevolezza delle proprie azioni attraverso l’alta sartoria cinematografica.
Il regista di Gomorra, infatti, pare essere un amante delle storie a lieto fine, tanto da riproporre sul grande schermo la bellissima storia di Carlo Collodi “Le Avventure di Pinocchio” (anche se in una prima versione la storia si concludeva con l’impiccagione del burattino): film che va ad aggiungersi al patrimonio commemorativo di Collodi insieme al celebre parco situato in provincia di Pescia.

Nel mood di Pinocchio e della storia-fiaba, che da sempre incanta grandi e piccini, è stata inaugurata la bellissima mostra temporanea sui costumi del film creati da Massimo Cantini Parrini al Museo del Tessuto di Prato. Aperta dal 21 dicembre al 22 marzo 2020, la mostra riporta una sezione dedicata alle immagini e agli oggetti di scena provenienti direttamente dal set del film.
Un Museo, quello del Tessuto di Prato, da sempre molto attento al mondo del cinema, tanto che nel 2018 ha ospitato anche la mostra sui costumi del film di Marie Antoniette che si è rivelata un grande successo.

Il “Pinocchio” nei costumi di Massimo Cantini Parrini è strepitoso, così come il suo ideatore (vincitore di 3 David di Donatello consecutivi e di molti altri premi) che quest’anno conquista meritatamente una mostra a lui dedicata in un museo tanto prestigioso.
Il burattino Pinocchio, con i suoi meravigliosi abiti, diventa un bambino vero facendosi portatore di questo “mood del fiabesco”, grazie in particolare al lavoro di Massimo Cantini Parrini sulla storia del costume per i bozzetti e la realizzazione finale dei costumi, che non solo sono di altissima qualità, ma frutto di abile maestria sartoriale ed artigianale. A differenza di altri costumi realizzati per analoghi film, quelli di Pinocchio si distinguono probabilmente per questa sorta di “moodboard” nello storyboard della fiaba più amata di sempre, aggiungendo ad abiti molto semplici (quasi stracci) dettagli davvero complessi (cuciture e drappeggi).
E cosi, a Prato, presso il Museo, si sono dati appuntamento il costumista, Massimo Cantini Parrini e la Storica del costume Cristina Giorgetti, oltre a Francesco Nicola Marini, presidente della Fondazione Museo del Tessuto, Simone Mangani, assessore alla cultura del Comune di Prato, Filippo Guarini e Daniela Degl’Innocenti, direttore e conservatrice del Museo del Tessuto.

Gli oltre 30 abiti presentati rispecchiano molto bene lo spirito del film (che è una coproduzione Italia-Francia) e portano con sé una sorta di “magia” in occasione dell’imminente Natale: la magia di vestire personaggi quali Pinocchio e Geppetto, il Grillo Parlante e la Fata Turchina, Lucignolo e Mangiafuoco, il Gatto e la Volpe e molti altri, dando forma e colore a personaggi tanto celebri ed amati, senza snaturarli, traghettandoli verso il famoso lieto-fine. Anche la scelta della fisicità degli attori è stata determinante e lo si evince proprio dai costumi che ne amplificano la loro caratterizzazione. A solo titolo di esempio cito il binomio Roberto Benigni-Geppetto, Rocco Papaleo e Massimo Ceccherini in Il Gatto con la Volpe e Gigi Proietti che interpreta Mangiafuoco, così come Maria Pia Timo nel ruolo della Lumaca.
Costume e bozzetto sono perfettamente in armonia. Una vera e propria “progettazione” che vanta la collaborazione con grandi sartorie italiane, tra le quali spicca la celebre Sartoria Tirelli di Roma. A questo aggiungiamo l’amore per la moda e l’abbigliamento storico che diventa fonte di ispirazione per un percorso espositivo dei personaggi che, come recita il comunicato stampa è articolato in due sezioni: “la prima dedicata al costumista, alle sue fonti d’ispirazione e al suo lavoro creativo attraverso video, campionature di tessuti, capi d’abbigliamento storici del XVIII e XIX secolo provenienti dalla sua straordinaria collezione personale, utilizzati come fonti di ispirazione diretta per la creazione degli abiti del film. La seconda sezione invece, prevede l’esposizione di oltre trenta costumi dei principali personaggi del film, accompagnati da immagini tratte dal film stesso e da alcuni, simbolici oggetti di scena”.

Concludendo si segnala lo strepitoso lavoro dei truccatori sugli attori, che hanno reso i costumi ancora più belli e, sicuramente, hanno fatto la differenza nel film.
A solo titolo di esempio cito il costume della Lumaca proposto dalla Sartoria Tirelli: personaggio spesso assente nelle trasposizioni cinematografiche del libro di Collodi che nel film di Garrone non solo c’è ma, con un trucco curatissimo ed un costume molto complicato, dà vita a un incredibile effetto scenico.
La Lumaca, interpretata da Maria Pia Timo diventa quasi l’essenza del film attraverso il suo costume elaborato. Il costumista Massimo Cantini Parrini, infatti, è stato in grado di raggiungerne la profondità con un lavoro incredibile nella “stratificazione” dei vari tessuti e strutture utilizzate, rendendolo simile al vero personaggio del libro (è difficile riconoscere la stessa attrice che lo interpreta). Un vero capolavoro di costume come elogio della lentezza e della riflessione che si fa abito-scultura, diventando l’architettura portante dello stesso personaggio. L’abito della Lumaca è “scorza” e guscio insieme, è accogliente e protettivo nel suo significato più profondo, che è poi il tema stesso del libro e del film: la riflessione e la consapevolezza delle proprie azioni. Bentornato Carlo Collodi.

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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