Serie TV
Sense8 finale: e tutti (i fan) vissero per sempre felici e contenti
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6 anni agoon
Ci siamo. Un anno dopo l’annuncio della cancellazione da parte di Netflix, il finale di Sense8 è arrivato l’8 giugno, per la gioia dei fan. Gli stessi fan che dodici mesi orsono erano stati colpiti come un fulmine a ciel sereno dalla decisione di interrompere bruscamente la serie con la seconda stagione, nonostante il progetto iniziale fosse quello di produrne almeno cinque.
Cosa non ha funzionato allora in Sense8? Quando si parla di creatività, concetti come botteghino o share fanno sempre storcere un po’ il naso, ma in questo caso si può dire che Netflix abbia dovuto guardare ai numeri, molto alti a livello produttivo (circa 9 milioni ad episodio a causa delle numerose location utilizzate) e troppo bassi a livello di ascolti. I fan della serie però hanno dimostrato di essere pochi ma buoni, e grazie alle rivolte scatenatesi sui social per salvare lo show, sono riusciti ad ottenere un finale che potesse almeno concludere le questioni rimaste in sospeso.
Non appena gli otto protagonisti iniziano a conoscersi e a capire la loro vera natura, scoprono di essere ricercati da Whispers, una figura misteriosa che lavora per il centro di ricerca multinazionale BPO (Biologic Preservation Organization), il cui scopo è quello di catturare, lobotomizzare e sfruttare i “poteri” dei sensates per scovare tutti i loro simili sparsi per il mondo, considerati una minaccia. Quello dei protagonisti infatti non è l’unico cluster esistente, e dovranno trovare negli altri degli alleati per poter sconfiggere per sempre la BPO.
Una fabula avvincente, su questo non c’è dubbio, se non fosse che per svilupparla ci siano voluti 22 episodi dalla durata media di 55 minuti, un episodio natalizio di due ore e il tanto agognato finale di ben due ore e 30 minuti. Quello che ha scoraggiato i più a proseguire la visione di Sense8 infatti è stato proprio l’eccessivo dilungamento della narrazione, con una forte disparità tra il minutaggio riservato alle dinamiche personali dei protagonisti (privilegiandone alcuni, soprattutto nei primi episodi) e quello dedicato allo sviluppo della trama principale.
Sembra poi assurdo affermare che i main characters – la cui caratteristica principale è l’empatia – non riescano a creare una connessione diretta con il pubblico, rendendo difficile l’immedesimazione; il tentativo di dare spessore ai personaggi risulta essere spesso confuso e un po’ approssimativo, e laddove risulti convincente, distoglie l’attenzione dalla storia centrale che smette così di essere interessante. È un vero peccato notare come l’ineccepibile (non è un’esagerazione) bellezza della fotografia, delle scenografie (merito delle location mozzafiato, tra cui risalta anche l’Italia) e dei movimenti della macchina da presa non sia stata supportata da altrettanta maestria nella gestione dell’intreccio.
Tuttavia, è doveroso riconoscere a Sense8 il grandissimo pregio di essersi fatta portatrice di nobili ideali come nessun altro prodotto (né televisivo né cinematografico) ha fatto finora. Non solo una rappresentazione aldilà di ogni retorica e cliché della comunità LGBT ma anche la libertà di essere sé stessi, la necessità di capirsi e di entrare in contatto con gli altri, l’accettazione, l’inclusione e soprattutto l’amore in tutte le sue forme, come unico sentimento che supera ogni pregiudizio e difficoltà. D’altronde, lo dice anche il titolo del finale, Amor Vincit Omnia, e questo Sense8 è riuscito a dimostrarlo più di chiunque altro.
di Marta Nozza Bielli per DailyMood.it
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