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Red Sparrow. Che nostalgia della cara, vecchia Guerra Fredda…

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Da Young Adult ad Adult, with young people. Si potrebbe riassumere così, in un titolo, il senso di Red Sparrow, l’ultimo film di Jennifer Lawrence, diretta da quel Francis Lawrence che era già stato il regista degli ultimi Hunger Games. Sì, Red Sparrow è un film per adulti, violento, spinto, senza sconti, una di quelle storie in cui nessuno è un personaggio senza macchia, nemmeno l’eroina protagonista, Dominika. Che vediamo dall’inizio, in un montaggio alternato, mentre balla al Bolshoi di Mosca. Nell’altra scena vediamo un uomo, americano, in fuga. La fuga si interromperà, con l’uomo che viene catturato. E si interromperà anche il sogno di Dominika, che si romperà una gamba durante il balletto. A questo punto a Dominika, non più ballerina e non più tutelata dallo Stato, con una madre disabile a carico, non resta che una via: diventare una spia, ed entrare nel programma speciale Red Sparrow.

Red Sparrow è un film che conferma una serie di tendenze. Quella dell’amore di Hollywood per le eroine d’azione, e per film sempre più declinati al femminile in generi dove una volta gli eroi erano solo uomini. E una certa nostalgia per la Guerra Fredda: oggi che nel mondo i pericoli sono più fluidi e sfuggenti, la cara vecchia Russia, allora Unione Sovietica, ha tutto un altro fascino, ambientale, iconico, storico. Red Sparrow arriva sui nostri schermi qualche mese dopo Atomica bionda, e il confronto scatta immediatamente. Il film con Charlize Theron era ambientato nella Berlino del 1989. Qui siamo nella Russia dei giorni nostri, ma tutto ricorda quella di ieri, quella che al cinema ci manca tanto.

Atomica bionda e Red Sparrow sono due film completamente diversi: stilizzato, estetizzante ed esagerato il primo (è tratto da una graphic novel), realistico e compassato il secondo; ritmato come un disco post punk (grazie alla strepitosa colonna sonora con il rock dell’epoca) il primo, solenne come certe canzoni di musica classica il secondo; visto dal punto di vista occidentale uno, da quello orientale l’altro. Se Atomica Bionda inizia in medias res, con l’eroina che è già una micidiale arma di morte, Red Sparrow vede la protagonista muovere i primi passi nel suo nuovo mondo, prima incerta, poi più sicura. C’è molto sesso in entrambi i film. Ma se nel film con Charlize Theron il sesso è “a parte” dal lavoro, una piacevole e imprevista trasgressione, nel film con J. Law è “parte” del lavoro, un aspetto chiave di queste spie, addestrate per sedurre e manipolare. Che nelle spy story il sesso fosse un’arma strategica lo avevamo sempre saputo, fin dai tempi dei primi James Bond. Ma qui vediamo come sia qualcosa di pianificato, studiato a tavolino e materia di addestramento. È una piccola grande novità.

Red Sparrow vive del corpo e dell’anima della sua protagonista, una Jennifer Lawrence mai così sexy e consapevole del proprio fascino, coraggiosa nel mettersi a nudo, metaforicamente e letteralmente. È lei il tocco attuale in un film che in fondo è una spy story vecchio stile, solo aggiornata alla violenza post 24 (intesa come la serie tv), visto il livello di torture che fanno sembrare Jack Bauer uno studente alla prime armi. È una storia che potrebbe essere stata scritta da John Le Carrè. Guardandola, magari si sente la mancanza del ritmo rock e dei colori al neon di Atomica bionda, perché qui è tutto tra il rosso cupo e il marrone monotono. Ma, alla fine, si scopre di essersi affezionati di più ai personaggi, e di aver temuto di più per la loro sorte. Alla fine, ci sentiamo di consigliare la visione di entrambi. Come si ha bisogno di leggere sia un fumetto che un buon libro. E come si può godere di un balletto classico come di un concerto rock.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

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