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Tiziano Fratus, l’intervista. Il concetto di Homo Radix

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Dicono di lui che “conosce gli alberi”. Ed a dire il vero, Tiziano Fratus, classe 1975, gli alberi non solo li cerca sia per i boschi e le foreste, ma quando li trova e li conosce (non li ri-conosce, li conosce proprio) ecco che li studia, li ascolta e poi, li racconta. E’ grazie infatti al suo lavoro che si è coniato il termine di “homo radix” e forse anche a quel suo essere poeta, ha pubblicato diversi libri in lingua sia italiana e all’estero, ha fatto assaporare ai lettori quello spirito di “visione e di volo” (obliquo forse?) che lo porta ad immergersi ed ad affondare le radici della vita, proprio come solo chi fa esperienza del “camminare con spirito di pace” può fare. Ma essere “abitanti di una vita diversa”  nel rispetto della natura e di sé stessi, è possibile? Lo chiediamo direttamente a lui.

Buongiorno e grazie per averci concesso questa intervista. Lei nei suoi libri parla spesso di alberi ma non si limita mai a descrivere solo l’ambiente, ma spesso crea percorsi per far capire che tutto si regge su rapporti reciproci. Parla spesso infatti di sentieri e punti di fuga. E’ quindi quello con la natura, un gioco di castelli di carte interdipendenti tra di loro?

Grazie a voi. Non parlerei di gioco. Si tratta piuttosto di conoscere, di sentire e di capire. Il mondo che ci circonda offre un’ampia scelta di situazioni ed è il frutto della storia, anzi delle storie che ci precedono. Siamo abituati a pensarlo, a darlo per scontato e quando ci pensiamo, “dentro” una città, che sia Firenze, Venezia o Parigi. La piazza ha una storia, le architetture hanno una loro storia, i giardini delle ville hanno una propria, specifica, storia. Quando usciamo nel paesaggio, fuori dalle vecchie mura, c’è la natura, ma la natura può cambiare radicalmente, da campagna a campagna. La stessa campagna agricola, che occupa buona parte della nostra provincia, è stata disegnata, nei secoli, dall’opera di fatica dell’uomo. Proprio come una città. E c’è poi la natura selvatica: le riserve, i boschi, le poche foreste alpine rimaste;che non sono più natura incontaminata, quella in Europa è scomparsa, ma è una natura che è ritornata a seguire ritmi e leggi proprie. Io mi aggiro lì, quasi dentro questi luoghi e cerco di catturare le impressioni che ne emergono.

Lei ha uno stile unico, quasi “germinato” dalle esperienze di viaggi ed incontri che fa,  portato alla luce poi con semplicità nei percorsi che descrive. Come ci riesce?

Prima di tutto è nata la scrittura. Sono vent’anni che dedico tempo alla scrittura. Per anni l’ho fatto pensando al teatro. Poi è subentrata la poesia e in ultimo, la narrativa. Inoltre testimonio quel che faccio (i viaggi, le “alberografie”) con la macchina fotografica, che nel tempo è un modo, unmodo di cogliere la realtà che ha assunto crescente importanza. Quando posso, i libri li accompagno sempre con scatti fotografici, come testimonia la trilogia che ho cucito per Laterza (l’edizione digitale del Manuale del perfetto cercatore d’alberi uscita per Zoom Feltrinelli) e altri libri che ho in cantiere.

Viaggiare per me significa indagare, perlustrare la realtà dei boschi, dei parchi, dei giardini, delle città, e al contempo perlustrare il pensiero, il pensiero mio e il pensiero di altri indagatori, che prima di me si sono occupati di quei luoghi: di taluni aspetti, di certi temi. Sono tutti fili che appartengono alla matrice da cui ottengo quel che chiamiamo libro: natura, ammirazione, meditazione, cultura, esplorazione. Talora lo esprimo in prosa, talora in versi. Talora con la luce che scolpisce le fotografie.

Viviamo in un mondo dove non c’è molto spazio per l’ecologia intesa come descrizione dell’ambiente naturale. Lei invece ha una rubrica su un noto quotidiano, scrive libri di successo. Come fa a portare alla luce questi semi che paiono quasi estinti e renderli così attuali?

Sarei curioso di capire come mai lei dica questo: a mio parere l’ecologia oggi, al contrario, è al centro di molta attenzione. Ci sarebbe da delimitare il campo semantico di questo termine, cosa intendiamo per ecologia. Ma accogliendo un’accezione ampia ed elastica e quindi riferendolo a qualsiasi cosa riguardi la natura e la naturalezza, direi che oggi l’ecologia è ovunque: nei cibi naturali, nel km zero, nello sviluppo delle economie locali, nella lotta fra rispetto dell’ambiente e inquinamento e sfruttamento delle risorse. Le riviste ne sono piene. In libreria è un settore, quello legato sia ai viaggi sia alla natura, in netta espansione, e non si tratta più solo di giardinaggio, come pochi anni fa. Per quanto mi riguarda porto avanti alcune idee e il resto è svolto dagli editori, che oggi investono, per quanto possibile, anche in questi settori.

Dai suoi libri emerge che la natura si regge su di una serie di rapporti reciproci proprio come un castello di carte, un esempio molto intenso è bello è il suo concetto di “homo radix”, parafrasando un noto filosofo quindi “da soli siamo una carta, insieme siamo il castello di carta” e se togliamo anche solo una carta, l’intera struttura cade?

Non direi. Vedo che ha una passione per le carte. La natura è semplice. Il pensiero meno. Homo radix è un concetto di cittadinanza. Chi si sente uomo o donna radice tende a considerare la possibilità di stabilire rapporti con altre forme di esistenza e non solo con i propri simili. Ho maturato questo concetto in un momento difficile della mia esistenza, quando la mia famiglia naturale si era dissolta. Così mi sono venuti a sostegno gli alberi e le foreste, hanno iniziato a rappresentare una alternativa, anche alle regole bizzarre e talora non propriamente edificanti del mondo degli adulti, compresi i micromondi della poesia e dell’editoria. Ho iniziato a meditare in natura. Siamo portati, da secoli di educazione e di ricerca scientifica, a considerarci distinti dalla natura: noi da una parte, la natura dall’altra. Quando chiaramente non è così. Noi apparteniamo alla natura, ne siamo figli, senza di lei non possiamo nemmeno esistere. Se l’uomo venisse a mancare il pianeta procederebbe lo stesso nella sua storia, se fosse il pianeta a mancare non è detto che noi, al momento, saremmo in grado di sopravvivere. Ma come poter immaginare la nostra vita anche soltanto senza alberi, senza boschi, senza foreste? L’ossigeno che respiriamo ci è donato da loro…

La bellezza della natura, i diritti naturali degli alberi, di un bosco o di una foresta, pare quasi una bellezza estinta, che pochi rispettano, eppure nei suoi libri che partono sempre da una semplice descrizione, si arriva sempre alla generazione di qualcosa di nuovo, nuovi sentieri sempre percorribili, addirittura di nuove parole, nomi e neologismi su piante e situazioni, intrisi di bellezza. Come fa?

Seguo un percorso iniziato diversi anni orsono. Mi inoltro negli spazi naturali per capire meglio me stesso e il senso ultimo, se c’è, dell’esistere. Il mio percorso si snoda attraverso incontri, conoscenze – la lettura dei mistici e dei viaggiatori delle epoche passate è un importante sorgente del mio lavoro e della mia scrittura – e neologismi, che rappresentano punti di svolta. Oltre al concetto di Homo radix, ho sviluppato ad esempio il concetto di alberografia, che sarebbe la pratica dello studio del paesaggio per andare a identificare alberi notevoli e le loro specifiche storie, e quello della dendrosofia, ossia la conoscenza di tutto quel che riguarda la natura di un albero, da nozioni botaniche e di arboricoltura, agli usi dei legni – mio padre era un falegname – alla vasta letteratura che ne parla. Alcuni libri ripropongono questo mio indagare, questa inchiesta sul significato che svolgo attraverso il viaggio, il cammino, la meditazione e la scrittura. Penso ad esempio alle raccolte poetiche, come Un quaderno di radici (Feltrinelli) e Musica per le foreste (Mondadori). E penso a due romanzi che ho terminato, che hanno per protagonista uomini che abbandonano la società degli uomini per ritrovare sé stessi in natura. O al libro che sto terminando in questi giorni, e che è tutto dedicato alla “meditazione in natura”. Altri invece sono più descrittivi, vengono costruiti per offrire ai lettori anche dei percorsi da seguire, da rivivere. E penso a L’Italia è un bosco, a Il libro delle foreste scolpite, al recente L’Italia è un giardino, usciti tutti per Laterza. O a Il sussurro degli alberi (Ediciclo).

Concludendo, secondo la sua personale esperienza, noi uomini, se e cosa rappresentiamo per un albero? Esiste forse anche un “summo ligno” che tutto vede, giudica e poi alla fine tirerà su di noi le somme?

E’ una domanda a cui non mi è ancora possibile scrivere. Talora credo che loro ci osservino, talora credo che ci ignorino. Mi viene in mente una frase di Andrea Emo, un filosofo italiano riscoperto di recente, ha vissuto tutta la vita senza pubblicare un rigo dei suoi preziosi quaderni metafisici: «Le cose in sé sono mostruose perché sono e non sanno di essere; ignorano la loro solitudine e la nostra».

di Cristina Chiochia per DailyMood.it

Credit Photo: http://www.homoradix.com/

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