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Tra arte e moda. Alla scoperta del progetto Ferragamo

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La dicotomia che per tanti anni ha caratterizzato arte e moda è da considerarsi ormai superata. A dimostrazione di quanto detto, nel “Museo del tessuto di Prato” si tiene una mostra dal nome: “Tra arte e moda. Nostalgia del futuro nei tessuti d’artista del dopoguerra”, con data d’inizio prevista per il 21 maggio e prosegue fino al 19 febbraio 2017. Essa fa riferimento al progetto denominato “tra arte e moda” ideato e promosso dal Museo Salvatore Ferragamo di Firenze in collaborazione con la Fondazione Salvatore Ferragamo. Il progetto espositivo è proposto su più sedi da un’idea di Stefania Ricci, che coinvolge sedi dislocate in: Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze; Galleria degli Uffizi; Galleria d’arte moderna e Galleria del Costume di Palazzo Pitti Firenze; Museo del Tessuto di Prato e Museo Marino Marini Firenze.

Il contesto da cui è partita l’idea di effettuare una mostra tra arte e moda è quello novecentesco, che vede protagonista l’Italia del Dopoguerra: parliamo degli anni ’50, dove la nazione investe le proprie risorse nel rilancio di un’industria che valuta la qualità non solo attraverso i canoni classici economici ma anche in base alla componente creativa posta al fine di migliorare il livello di vita spirituale e pratico del cittadino all’interno della società. Periodo di grandi cambiamenti, quello del Novecento, che mettono a confronto arte e moda con numerose innovazioni: da qui nasce una collaborazione e contaminazione tra le due.

SEZIONE 1

Rosa Genoni, Manto da corte “Pisanello”, 1906, velluto di seta con ricamo ad applicazione di merletto, filati metallici, canutiglia, cannucce e perle. Firenze, Gallerie degli Uffizi, Galleria del Costume di Palazzo Pitti. Il manto, ispirato a un acquerello di Pisanello (Un homme et une femme en habits de cour, 1450 circa, Chantilly, Musée Condé) fu presentato all’Esposizione Internazionale di Milano del 1906 insieme all’abito della Primavera.

La moda può essere arte? Domanda lecita considerando che essa è normalmente volta alla funzionalità e tende a riferirsi concretamente alla vita reale, sembra essere lontana dall’Art por l’art, concetto non sempre rappresentativo nemmeno per l’arte stessa. La prima a promuovere negli anni ’50 il concetto di moda come arte è stata l’istituzione Triennale di Milano che, con varie edizioni, ha reso possibile la sperimentazione da parte degli artisti all’interno di questo campo.

È ancora possibile parlare di arte e moda come organi opposti? Il progetto è volto ad analizzare le contaminazioni, sovrapposizioni e collaborazioni instaurate tra le due. Da esperienze preraffaelliti a quelle del Futurismo, Surrealismo, fino ad arrivare al Radical Fashion, si vuole concentrare l’attenzione anche sull’importante figura di Salvatore Ferragamo, che affascinato e ispirato dalle Avanguardie artistiche, cerca di porre in dialogo arte e moda. A lui e alle sue calzature viene dedicata la prima sezione della mostra, che vennero giudicate già dagli anni ’30 “manufatti di valore artistico”, facendo riferimento all’arte come punto di incontro tra tecnica e creatività concettuale. Le videoinstallazioni chiariscono come le calzature si confrontino con la loro fonte d’ispirazione, il mondo classico, l’oriente, le Avanguardie e via dicendo. Nella sala sono esposti anche i bozzetti pubblicitari originali.

SEZIONE 3

La moda s’ispirò all’arte già nei primissimi anni del Novecento. In primo luogo furono gli artisti a dedicare molto spazio agli abiti e ai loro dettagli all’interno dei quadri, tramandando così gli usi e costumi delle varie epoche; successivamente a partire dall’Ottocento la moda dilagò nelle città grazie al contributo svolto dalle imprese tessili che si lanciarono nella grande distribuzione. Questo mise in atto una rivoluzione mai vista prima d’ora e permise il dialogo tra moda e arte.

Molti artisti hanno iniziato a lavorare per il mondo della moda. Uno dei più celebri e ricordati è Andy Warhol, che nacque come artista dal mondo della moda degli anni ’50, poiché fu uno dei celebri disegnatori di “Glamour”, “Vogue” e “Harper’s Bazaar”. Celebre il vestito di carta dal nome “The Souper Dress”, presentato in mostra come un concentrato tra moda, arte e logica industriale. Originalità del vestito, oltre al materiale di cui è composto ovvero cellulosa, è il motivo stampato su di esso: la celebre Campbell Soup, immagine ripetuta in sequenza stampata in serigrafia dalla lattina della zuppa.

SEZIONE 4

Una sezione è dedicata a Germana Marucelli: porta all’interno della mostra un luogo di incontro tra operatori della moda, artisti e intellettuali uniti nella ricerca di nuove forme espressive in grado di interpretare il proprio tempo. La sezione comprende le opere di Pietro Zuffi, getulio Alviani, Paolo Scheggi, esposte alle pareti e, in più, gli abiti che furono sodalizio tra questi artisti.

Si passa dall’atelier al mood board, dove l’immaginario dei fashion designer è improntato sullo storytelling per immagini dal flusso di informazioni, basato su due qualità: attirare attenzione e innescare la memoria.

Nella mostra viene reso evidente il modo in cui Yinka Shonibare usa la moda per plasmare il linguaggio critico dell’arte. Con le sue installazioni propone una riflessione sulla multiculturalità, analizzando principalmente la questione coloniale. Le figure che animano le sue opere sono composte da manichini in pose teatrali e drammatiche vestite con abiti di stoffe batik richiamando le fogge tratte da dipinti del XVIII e XIX secolo.

SEZIONE 5

La mostra è impostata interamente sui giochi di ruolo che intercorrono, a partire dal Novecento, tra moda e arte e volti a dimostrare come la distanza sia del tutto svanita col passare del tempo. Durante il periodo novecentesco è emerso il settore del tessuto stampato per arredamento da cui, successivamente, è nato un altro nucleo di tessuti stampati considerati vera e propria “arte da indossare”: foulard di seta stampata su disegno d’autore, idea ben lontana da quella della triennale di Milano ma rivoluzionaria che crea ancor di più legame tra arte e moda. Da citare, come presenti all’interno della mostra, alcuni dei più importanti foulard disegnati da Edmondo Bacci, Franco Gentilini, Roberto Crippa, Giuseppe Capogrossi.

Non finisce qui, presente in esposizione opere del gruppo MAC (Movimento Arte Concreta) che trovano nell’arazzo, considerato il linguaggio maggiormente vicino alla pittura, una materia d’ispirazione su cui lavorare. All’interno della Scuola degli Arazzi di Esino Lario, manifattura lombarda fondata nel 1936, gli artisti lavoravano su disegni preparatori per lo più di stampo astratto, mentre l’organo della manifattura si dedica alla creazione di un nuovo tessuto per rendere maggiormente fedele il risultato ottenuto sull’arazzo rispetto agli originali proposti dagli artisti.

SEZIONE 7

In mostra si trovano esposti arazzi importanti tra cui quello di: Atanasio Soldati, entrato in contatto con il movimento “abstraction –creation” a Parigi nel 1933 e considerato uno dei primi esponenti italiani ad aderire all’arte astratta; Alfredo Chighine, promotore di un’arte astratta fatta di linee e colori rappresentanti l’essenza vitale della natura.

Oltre ad arazzi e foulard sono presenti materiali di manifattura pratese, proveniente dall’esperienza di Guido Pugi, che presenta tappeti realizzati con disegni e tecniche di tradizione centro asiatica, europea e moderna. Nel 1956 il tappeto denominato “jungla”, realizzato dalla ditta Figli di Guido Pugi seguendo il disegno di Giuseppe Ajmone, ha vinto il prestigioso premio del compasso d’oro, e venne presentato l’anno successivo presso la Fiera mondiale di New York.

SEZIONE 8

Esposte inoltre importanti esclusive mondiali come: inedite collezioni per tessuti stampati, manufatti tessili, opere d’arte create da artisti italiani importanti del periodo, prestate per l’occasione al museo. Tra queste si ricordano le opere di: Gio Ponti, Bruno Manari, Gio Pomodoro e tanti altri.

La mostra vanta diversi collaboratori al suo interno, tra cui: curatori, in cui si trovano nomi di Maria Luisa Frisa, Enrica Morini, Stefania Ricci e Alberto Salvadori; per la parte delle installazioni artistiche e videoinstallazioni si trovano rispettivamente: Riccardo Benassi e Karmachina; nel progetto di allestimento si nominano Silvia Cilembrini e Fabio Leoncini.

Photo Credit: Museo del Tessuto di Prato

NOSTALGIA DEL FUTURO NEI TESSUTI D’ARTISTA DEL DOPOGUERRA

PRATO, MUSEO DEL TESSUTO, 21 MAGGIO 2016 – 19 FEBBRAIO 2017

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