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Intervista ad Elia Festa, il fotografo del talento in movimento

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Elia Festa è un fotografo che difficilmente passa inosservato. Colto, essenziale, preciso e alla ricerca di ciò che è più recondito e nascosto, scruta come uno zoom con le sue fotografie il micro ed il macro mondo alla ricerca di ciò che è davvero “essenziale allo sguardo”.

Nato nel 1956 a Milano, collaboratore agli esordi del pittore I.Kodra, frequentandone il suo studio, lavora poi come free lance per l’agenzia Young&Rubicam a fianco di nomi come Scheichenbauer, Noble e molti altri. La sua ricerca fotografica sviluppa temi che diventano spesso pensiero, a volte riflessioni fino a diventare ritratti di design. Partecipa ad importanti mostre nazionali ed internazionali a New York, Basilea, Amburgo. Approdato all’arte visuale in movimento, negli anni si dedica anche a temi importanti con video-installazioni ed i progetti di Photosophy tra cui “the art carpet collection” .

Lo incontriamo durante il fuori salone milanese per Dailymood, alla vigilia della presentazione del suo nuovo percorso narrativo nel progetto dal titolo “contamiNation“: fotografie come specchio di una ricerca sempre nuova e sempre uguale insieme che, come un’onda che va coglie ed abbraccia espressività a tratti nascoste ed a tratti palesi, ma sempre nuove.

Benvenuto da Dailymood e grazie per aver accettato il nostro invito. Il suo lavoro non ha bisogno di presentazioni. Ma ci racconti chi è ora Elia Festa e come vede il futuro?

Il mondo è ovviamente andato avanti molto dai miei esordi. Sono cambiate le macchine fotografiche e lo sviluppo dalla pellicola al digitale. Sicuramente sono uno che però continua a voler vedere grazie ad un lavoro in continua trasformazione, guardare a fondo, nella realtà delle cose, forse, in grado di coglierne anche il significato recondito, chissà.

E’ quindi qualcosa di diverso rispetto al suo modo di intendere la fotografia?

E’ un “andare oltre”. Basta guardare i bozzetti e i lavori che presento in galleria in questo bel progetto collettivo. Aggiornando strumenti di lavoro, i linguaggi ma mai mettendo da parte nulla. Come l’andare e venire di un’onda. Anche se rimane l’animo di quel bambino che a 8 anni vendeva gelati al cinema e a 9 voleva fare l’attore, perché il futuro si deve vedere sempre con occhi nuovi.

Ci racconti come mai la scelta di essere presente in una collettiva all’interno la settimana del design milanese?

Sono molto felice di questa esperienza presso il Matteo Fantoni Studio ed il Pau Design Container. Perché è importante per gli artisti vedere oltre il proprio lavoro, allargare gli orizzonti. Codificando percezioni nuove in grado poi di trasmetterle. In estrema sintesi è questa l’essenza del mio ultimo lavoro. Avere una visione, un punto di vista e poi poterla allargare o rimpicciolire.

Quindi qualcosa di più rispetto al suo lavoro di fotografo?

Il mio è sempre un occhio fotografico, ovvero quello abituato ad osservare. Ma dalle fotografie che si sviluppavano in camera oscura, è cambiato tutto il mondo fotografico. Ed è giusto che sia così. Io ho preso poi la mia strada, fatta di tematiche astratte, ma proprio per questo estremamente realistiche. Le mie fotografie presenti nella collettiva, sono molto grandi ma offrono visioni quasi raccolte.

Come quasi l’occhio del fotografo si abituasse ad un nuovo obiettivo fotografico?

Il punto di partenza della mia attuale esplorazione fotografica non è quella dello sviluppo della fotografia in generale. Le risorse a cui attingo sono mie ricerche personali che mi portano a sviluppare anche nuovi linguaggi (tanto che ora sto pensando anche ad un progetto di suoni e visioni insieme) e cominciano con una sempre nuova ricerca rispetto al mio lavoro di fotografo e che trovo cosi molto più’ che gratificante, sempre nuova. Come si può’ infatti notare in questi miei lavori esposti e che esprimono periodi differenti della mia ricerca insieme ai bozzetti che ho deciso di esporre.

Concludendo, cosa trova gratificante in quello che sta facendo in questo momento? E cosa trova impegnativo in questo momento nel suo lavoro?

Sicuramente tutto. Dal cogliere “quel” senso di realtà’ per riuscire a vedere il mondo con occhi diversi. Seguo l’onda del mio moto interiore. Qui ci sono tanti esempi: la fase espressa dalla grande fotografia in bianco e nero, dove è la precisione ad essere esaltata; allo zoom del colore che è voluto come una macchia, più grande e più piccola, fino ad arrivare quasi nel mio ultimo lavoro ( qui presentato ma in fieri) un vero e proprio riprodursi all’infinito di colori e forme, ma mai in una serie di ripetizioni uguali. Un micromondo che diventa grande e viceversa. Si dilata nel Macrocosmo e si amplifica nel microcosmo insieme.

Fusione da un bianco e nero brillante fino alla luce? Chissà. Un talento in movimento, quello di Elia Festa, ovvero di chi possiede un’abilità innata nel muoversi tranquillamente tra i vari moti dell’anima e, forse, della fotografia artistica contemporanea in un mood perenne tra realtà ed apparenza.

 di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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