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Leonardo DiCaprio, da sex symbol ad attore da Oscar (forse)

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Ormai ha vinto tutto, gli manca solo l’Oscar. E se neanche il prossimo 28 febbraio dovesse riuscire ad ottenerlo, sarebbe probabilmente una delle sorprese più grandi della storia degli Academy Awards. Leonardo DiCaprio ha sfiorato più volte l’ambita statuetta, ma questa sembra essere finalmente la volta buona. Per il ruolo del vendicativo Hugh Glass in The Revenant, l’attore si è già portato a casa tutti i premi possibili, dal Golden Globe al Bafta, spianandosi la strada per il premio che attende da più di vent’anni. Esattamente dal 1993 quando, dopo un inizio di carriera da enfant prodige dal volto angelico, ottiene la sua prima nomination per la parte del ragazzo ritardato in Buon compleanno, Mr. Grape.

Da lì inizia la sua rapida ascesa verso l’eden hollywoodiano, diventando il nome più importante del giovane star system degli anni Novanta, un’icona da poster per tutte le ragazzine di quel decennio. Nonostante abbia già dimostrato di essere un attore, oltre che un ragazzo dal primo piano impeccabile, è quest’ultimo aspetto a caratterizzare i primi anni della sua carriera, facendolo diventare lo stereotipo di una bellezza romantica ed innocente. A contribuire alla creazione di questa immagine sono senza dubbio i ruoli che gli vengono affidati. Prima il Romeo scespiriano nell’adattamento (post)moderno di Romeo e Giulietta da parte di Baz Luhrmann (Romeo + Giulietta), poi lo spiantato sognatore Jack Dawson in uno dei più grandi successi della storia del cinema: Titanic. Poco importa se il giovane Leo si è già messo alla prova con ruoli complicati e controversi come il Jim Carroll di Ritorno dal nulla o il Rimbaud di Poeti dall’inferno, e che per il suo Romeo abbia vinto l’Orso d’Argento come miglior attore ad un festival cinematografico come quello di Berlino, votato da sempre all’impegno e alla cinefilia pura.

C’è poco da fare: DiCaprio rimane ingabbiato nell’immagine di sex symbol che gli è stata cucita addosso e che, in fondo, gli sta un po’ stretta. Un’immagine che tra l’altro sembra non piacere molto neanche all’Academy, con la quale, proprio da Titanic in poi, inizia una sfida a distanza, una “guerra fredda” che quest’anno – speriamo – possa definirsi conclusa. Nel ’98, infatti, il kolossal di Cameron vince 11 Oscar, le attrici Kate Winslet e Gloria Stuart ottengono la nomination e l’unico a rimanere fuori dai giochi è proprio il “povero Leo” (come verrà ribattezzato qualche anno dopo).

I suoi bei lineamenti continuano a mettere in secondo piano le sue doti di attore, il suo volto delicato da bambino sembra precludergli ruoli che non lo vedano romantico amatore. Ma lui sa quello che vuole: mettere da parte il ragazzino che abbraccia la sua Rose sulla prua del Titanic ed urla “Sono il re del mondo”. Sui tabloid imperversano i gossip sui suoi continui cambi di partner, da Gisele Bündchen a Bar Rafaeli, ma lui prosegue per la sua strada: porta avanti le cause ambientaliste, con aste benefiche di cui è promotore e primo finanziatore, dimostrando di avere a cuore il destino del pianeta, e parallelamente raggiunge il suo obiettivo professionale, anche grazie all’aiuto di quei registi che gli affidano i ruoli giusti. Su tutti, il vero mentore della sua rinnovata carriera d’attore è Martin Scorsese. Da Gangs of New York a The Wolf of Wall Street, passando per The Departed, The Aviator e Shutter Island, Leo prende il posto di DeNiro nel cinema del regista di Toro scatenato, e il mondo si accorge del suo talento. Recita per Steven Spielberg (Prova a prendermi), Ridley Scott (Nessuna verità), Sam Mendes (Revolutionary Road), Quentin Tarantino (Django Unchained), Christopher Nolan (Inception). E ottiene altre quattro nomination agli Oscar, ma la vittoria gli sfugge sempre per un soffio.

Penso che chiunque va in giro a raccontare che non gli importa di venire riconosciuto racconta falsità. La verità è che il lavoro deve parlare per te e non c’è niente che puoi fare per convincere la gente in una direzione o nell’altra. Non ho rimpianti: so di avere sempre dato il mio meglio”: così DiCaprio risponde a chi gli chiede costantemente dei suoi mancati Oscar. La delusione, dunque, è un sentimento che la star di Titanic non rinnega, ma che di certo non gli ha fatto passare notti insonni. L’Academy in questi anni l’ha fatto sudare, e non poco. Ma il prossimo 28 febbraio dovrebbe ripagarlo di tutte le sue fatiche. Lui lo spera. E in fondo lo speriamo un po’ tutti.

di Antonio Valerio Spera per Dailymood.it

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