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Slices of life. 52 recipes from 31 perfect strangers presentato al Circolo Marras

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Il cook-book arriva in Italia sotto una nuova veste presso il Circolo di Antonio Marras

Slices of life è un cook-book particolare. La traduzione letterale non rende giustizia a ciò che un “cook-book” ha significato sino ad ora però, nè cosa questo libro di Elia Romanelli, Pero Vereni ed Ottavia Castellina hanno aggiunto alla definizione; basti sapere che mentre i giovani che si occupano di nuovi media ed informatica lo sanno, molti non sanno ciò che viene definito comunemente “cookbook” non è un libro di ricette, ma una raccolta di informazioni su files e pratiche informatiche, illegali e non. Forse proprio partendo da questa connotazione di pratica collettiva, è però nato il progetto presentato per la prima volta in Italia al Circolo Marras di Milano il 15 febbraio 2016.

Il libro presenta sotto forma di ricettario-guida turistica, un abstract a cura di Elia Romanelli e Piero Verni appunto che, con le avvincenti fotografie di Ottavia Castellina, si è sviluppato dal lavoro di “ricerca on the road” tra le strade di Londra di personaggi-persone che, come nei cookbook informatici, chiunque, leggendolo, potrà trovare la suggestione di un luogo londinese in una ricetta “donata” da un personaggio-persona. Attraverso il contributo dei curatori, i quali hanno deciso poi se pubblicare le storie di ricette oppure no, facendo parlare quindi le varie “storie raccontate” esattamente come nei cookbook informatici, durante la presentazione milanese si è cercato di dare vita ad una sorta di “flash mob” culinario presso lo spazio “Nonostantemarras”. Il rito del dono di storie e ricette di perfetti sconosciuti inglesi (o della vivisezione della vita degli altri?) ha inizio. Durante la serata, di fronte ad un nutrito gruppo di amici, simpatizzanti, semplici curiosi ed appassionati di glamour fashion ecco gli autori con la loro creatura in una presentazione, seguita poi dal reading con la voce di Mattia Berto e che, proprio grazie alla serie di ritratti fotografici proiettati sul muro, declina e sviluppa l’obbiettivo antropologico: far trovare al pubblico quel poco (o molto di sè) che appartiene ad un altro.

Una sorta di “cannibalismo” che gli autori definiscono “antropofagia urbana”. Attraverso l’espediente del cibo insomma, non è il suo senso di nutrimento a interessare, ma quello di convivio relazionale attraverso le storie che, come i protagonisti delle foto, racconta prima di tutto della vita. Come dicono gli autori: “[..] un libro che non parla di cibo, ma parla di persone da conoscere. Si viene, si prende un aperitivo, si sgranocchia qualcosa preparato dagli autori del libro, con l’intento esplicito di conoscere altre persone. Si viene da soli, si viene in compagnia, ma si va via con un patto: ho conosciuto a quell’aperitivo almeno una persona che voglio vedere, con cui mi sono scambiato il cellulare e il nome Fb non solo per consuetudine o cortesia, ma perché mi riprometto di riverderla da qui a una settimana.Chi non rispetta la regola paga i prosecchi bevuti a sbafo.Non c’è altro programma.E’ tutto un programma.”

di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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