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Il Signore del narcotraffico. La serie tv Narcos

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El Magico. Il Re della Cocaina. Il criminale più ricco della storia. Dalla sua morte, nel 1993, Pablo Escobar ha ispirato biografie, film (Traffic, Blow, Killing Pablo, per dirne alcuni), documentari, serie Tv. L’ultima è quella prodotta da Netflix che con Narcos racconta la storia di Pablo Escobar e degli agenti della che indagano su di lui.

Creata da Chris Brancato e diretta dal brasiliano José Padilha, rievoca la storia del re del narcotraffico colombiano che spadroneggiò in tutto il continente americano negli anni ‘80. Ripercorre la sua ascesa e il suo regno, ma lo fa da un punto di vista esterno, quello di un agente speciale della che da Miami si trasferisce a Bogotà per fermare il boss. La storia ha una potenza innegabile: Escobar è un personaggio di grande fascino. Narcos è una serie complessa, con tante cose da raccontare e diversi piani narrativi che si incastrano alla perfezione: c’è la vita di Pablo Escobar e la sua trasformazione da contrabbandiere di merci a grande capo dello smercio di droga; c’è la vicenda dell’agente Murphy, che a Miami si trova a vivere in parallelo le conseguenze del cambio di vita di Escobar, passando dall’arrestare fricchettoni in infradito pieni di erba a ricevere sventagliate di mitra da parte degli spacciatori di coca del giro di Escobar. Queste due parti del racconto si incontrano già nel secondo episodio, quando Murphy prende moglie e bagagli e si sposta in Colombia, per essere in prima linea nella guerra alla droga lanciata dal suo presidente, Ronald Reagan.

L’ambientazione rende la vicenda ancora più avvincente. La Colombia, terra del realismo magico, ha dato i natali a Gabriel Garcia Marquez e Pablo Escobar. Il primo è diventato uno degli scrittori più importanti del Novecento. Il secondo è diventato il Re della cocaina. Il romanzo criminale di Escobar si dipana in dieci puntate, seguendo le tappe dell’ascesa di Escobar: da criminale con una visione, capace di guardare lo scenario internazionale con mente lucida e imprenditoriale, a narcotrafficante dai business internazionali, uno dei criminali più ricchi di sempre, con Forbes che stimò il suo patrimonio intorno ai 30 miliardi di dollari negli anni Novanta.

La serie mostra inoltre in che termini gli Stati Uniti guidati da Ronald Reagan hanno provato ad arginare il potere di Escobar. Ci sono poche luci e tante ombre nell’operato a stelle e strisce. In una totale assenza di retorica. Questa è una serie sul potere che inebria gli uomini, sulle paure che sovrastano il destino di un popolo, sull’indifferenza complice che domina le scelte di una nazione. Si conoscono tanto i buoni quanto i cattivi, se queste due definizioni in un mondo di grigi possono ancora valere, ma è assente il peso del giudizio. Allo spettatore la facoltà di osservare, valutare e comprendere la complessità della Storia e delle storie dei personaggi chiamati in causa. Un particolare che farà impazzire di gioia il pubblico più esigente: la storia è girata in lingua spagnola e inglese, un mix perfetto che restituisce fedeltà assoluta al mood di quegli anni. Un difetto però c’è. L’utilizzo massiccio della voice over, una costante della narrazione, che spesso disturba il libero incedere della vicenda.

Con “Narcos” salgono a quota 18, le serie prodotte da Netflix che vanno ad aggiungersi alle cinque comprate in corso d’opera, tra cui la quarta stagione di “The Killing”, salvata in calcio d’angolo dopo la cancellazione di Amc. Solo l’ultima delle tante dimostrazioni di forza del colosso americano. Già presente in oltre 50 Paesi e con l’obiettivo di raggiungerne 200 entro la fine del 2016, Netflix punta a un pubblico internazionale.

In ogni caso, la serie, accolta con critiche molto favorevoli negli Stati Uniti, scomodando paragoni eccellenti, da “The Wire” al meglio della produzione di Martin Scorsese fino a “Scarface”, è già pronta per il secondo capitolo.

di Valeria Ventrella per Dailymood.it

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