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Sonia Patrizia Catena, l’intervista. Una nuova estetica del gioiello

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Chi ha avuto la fortuna di vedersi regalare un gioiello “pezzo unico” sa bene che a renderlo tale sono tanti fattori e forse meglio lo sanno le nostre nonne: il fatto che sia stato disegnato appositamente per un’occasione, che un orafo l’abbia realizzato dal disegno iniziale, l’incastonatore vi abbia incastonato la pietra ed il gioielliere ne abbia curato tutta la realizzazione. Ma oggi, ha ancora senso parlare di mood per il “luxury tale” o luxury fashion per i gioielli? O esistono solo i bijoux fini a se stessi, che partono da qualche euro a svariati milioni? E soprattutto, in questo mondo ai tempi dell’EXPO, cos’è un gioiello e come va portato? Perchè se ne sceglie uno prezioso o semiprezioso? Parafrasando Munari che diceva che il bello è figlio di ciascuna epoca, a modo suo, intervistiamo quindi Sonia Patrizia Catena che dal 2010 ha come obiettivo il diffondere una nuova idea di “estetica del gioiello” attraverso quello che ha chiamato “circuiti dinamici”.

Domanda 1. Cos’è “Ri Definire il Gioiello” e com’è nato?

Ridefinire il Gioiello nasce nel 2007 durante la scrittura della mia tesi di laurea in semiotica, ma vede la luce ufficialmente nel 2010 quando lo spazio d’arte Circuiti Dinamici di Milano mi chiese di proporre un progetto sul design. L’obiettivo? Dimostrare come i materiali alternativi e di ricerca possono avere un potenziale da esprimere, comportando soluzioni e forme rinnovate, diventando oggetti preziosi e di tendenza per l’idea che portano con sé. Il progetto Ridefinire il gioiello si è posto negli anni l’obiettivo di diffondere una nuova estetica del gioiello contemporaneo, finalizzato alla valorizzazione dell’artigianato e della creatività come processo d’innovazione che implica progettazione, ricerca e soluzioni originali.

Domanda 2. Questa edizione di “ridefinire il gioiello” ha come titolo “Il gioiello dell’Altrove” e si è aperta e si chiuderà in concomitanza di EXPO 2015 e Lei si è sempre dimostrata molto attenta al tema ambientale. Cosa significa per Lei eco-gioiello?

Sono sempre stata attenta a tematiche ambientali sia nel lavoro che nella vita personale, quindi penso che il passo verso un eco-gioiello sia stato per me molto naturale. Il recupero dei materiali, può essere una delle strade da intraprendere oggi, è una via alternativa e a basso impatto ambientale. L’eco design permette un abbattimento dei costi, un ritorno alla manifattura artigianale italiana e paradossalmente un ritorno al vero made in Italy, senza passaggi in altri paesi. Oggi l’eco-sostenibilità è sicuramente un nuovo lusso collegato a valori etici e filantropici, ove il riciclo diviene fonte di ispirazione di materiali e idee, catalizzatore di storie in oggetti già appartenuti a qualcuno. Inoltre penso che alla base di questo progetto ci sia una mia vera e propria passione per i materiali, che in questi anni, sono stati molti dalla carta ai supporti elettrici, dal legno agli smalti, passando per plastica, gesso, cuoio e porcellana, ma anche banana, riso e caffè….la creatività non ha avuto confini.

Domanda 3. Il tema del “Ri Definire” rimanda necessariamente ad un qualcosa che va cambiato, ma è così? Per questo il Suo progetto è necessariamente anche un concorso?

Più che cambiare o rivoluzionare un sistema preesistente il mio obiettivo è far conoscere un nuovo modo di creare e progettare un gioiello, solitamente “definito” dai vocabolari italiani come un oggetto ornamentale da indossare, per lo più di metallo prezioso con gemme o diamanti. Il mio progetto vuole dare visibilità anche a un altro mondo, sostenere l’esistenza del gioiello contemporaneo e promuoverlo per ridefinire i confini di questo territorio. Non esiste un solo gioiello, ma tanti linguaggi diversi, nessuno esclude l’altro, possono sussistere nello stesso ecosistema come in un ambiente di biodiversità, una certa variabilità all’interno di una singola categoria quella del gioiello. Metodi e materie, concorrono a trasformare la configurazione e il concetto stesso di gioiello: da immodificabile a processuale, da oggetto di ornamento a oggetto di partecipazione e di emozione. Ridefinire il Gioiello è un concorso perché penso sia un buon punto di partenza per rivolgersi a una moltitudine di persone collocate nei posti più disparati d’Italia e di cui magari non si conosce la produzione. Ci sono moltissimi creativi che hanno bisogno di dar voce alla loro particolare ricerca e penso che trovino in Ridefinire il Gioiello questa possibilità.

Domanda 4. Al fuoriexpo del padiglione Francia abbiamo avuto modo di vedere cosa significa rendere “indossabile” qualcosa che non lo è. Lei cosa ne pensa di Expo e di questa idea alla luce dell’idea del gioiello non come bene prezioso o di “luxury tale”, ma come un documento di fenomeno di costume di un popolo?

Quando ho pensato al tema di quest’anno non era mia intenzione incappare nel classico “gioiello da mangiare”, ma l’obiettivo era trovare un argomento che potesse generare una riflessione sul viaggio e sulle culture lontane. Il cibo è solo uno degli innumerevoli fattori che raccontano di un mondo diverso dal nostro, l’abbigliamento e i gioielli parlano di luoghi, popoli e raccontano le tonalità, i sapori e i profumi di una nazione. La moda e il costume esprimono la cultura, la tecnica di un popolo e quindi di un determinato periodo storico con una funzione e una valenza soprattutto sociale e antropologica. Nel passato era più facile distinguere una fase storica rispetto a un’altra, oggi è tutto molto più fluido e multiforme, i codici linguistici si sovrappongono e si mescolano.

Expo se visto sotto un punto di vista culturale e non come semplice spettacolo “teatrale” o di divertimento “pop” può essere davvero un’occasione unica per fare il giro del mondo in 12 ore. Può stimolare e dare vita a numerosi mood e trend, rinnovare i codici e i lemmi di ogni cultura, dal confronto e dalla diversità non può che nascere innovazione e linfa nuova per rinnovate soluzioni. Da qui penso che il gioiello, inteso come espressione di un gusto personale possa esprimere altresì una cultura e un popolo. I tessuti, i materiali, i colori, le tecniche di produzione e soprattutto il background culturale di ogni civiltà sono davvero elementi interessanti di studio e permettono di comprendere come uno stesso oggetto, in questo caso il gioiello, possa essere interpretato in differenti modi e non in maniera assoluta o definito secondo precisi dogmi.

Domanda 5. Un gioiello è di per sè un oggetto prezioso, secondo lei, cosa lo rende tale?

Il gioiello è prezioso non tanto per il materiale impiegato, bensì per la sua densità simbolica e per quella “sacralità” relativa ai processi tecnici, alla qualità, alla creatività e al saper fare (abilità tecniche, amore per la bellezza, ingegno e ricerca).

Domanda 6. Avete deciso di dare molto spazio al mood dell’originalità vs portabilità. Perchè?

La portabilità è certamente la base nella progettazione del gioiello tradizionale, così come il saper fare e la tecnica sono i parametri d’analisi nell’arte del passato. Tuttavia dal Novecento, da Duchamp in poi, l’arte visiva si fa con tutto e quindi ritengo che anche il gioiello contemporaneo possa includersi in questo schema evolutivo e assumere le vesti di un’identità instabile, che non segue le “regole” ma sperimenta anche superando i limiti di portabilità. Per i tradizionalisti sembrerà un’eresia, ma io cerco di avere una visione più ampia. Penso che il gioiello possa avere una sua dignità, una sua identità svincolata dal corpo e dall’abito. Ci sono gioielli che se appesi possono “trasfigurarsi” in un’opera d’arte tout court, oppure se indossati diventare micro-sculture da passeggio. Il corpo è magnificato da questa “presenza” e il gioiello può sussistere indipendentemente dall’essere indossato o meno. La libertà operativa dei creativi ha comportato negli anni una particolare sperimentazione, confluita nell’arricchimento di nuove prospettive e soluzioni laddove il gioiello è stato decostruito, decontestualizzato e coinvolto in un nuovo e inatteso impiego, in un’incessante indagine valoriale e di status.

Domanda 7. In conclusione, cosa rende secondo lei un pezzo unico? Parafrasando insomma Munari, secondo lei cosa rende un gioiello prezioso: la rarità del metallo o la sua unicità?

Decisamente l’unicità. Secondo Bruno Munari i materiali accostati non debbono essere necessariamente costosi, ma combinati, formati, assemblati con grande cultura. Un gioiello in effetti emette un messaggio culturale, consente di conoscere la personalità di chi lo crea e lo indossa permettendo “una comunicatività immediata” tra persone che condividono gli stessi valori culturali. Il gioiello unico e speciale permette altresì di distinguerci, di “indossare” personalità straordinarie e, di identificarci nella nostra individualità, di renderci indimenticabili e riconoscibili agli occhi degli altri. Non si può restringere la sua funzione esclusivamente ad abbellimento, compiacimento estetico o mera decorazione, il gioiello sul vestito non regna solo perché è prezioso in sé, ma perché concorre in maniera decisiva a renderlo significante.

La “significatività” di un gioiello, di quell’unico pezzo. Da questo incontro si evincono sicuramente tre cose sul mondo dei gioielli: che il mondo dei gioielli e dei bijoux non sono più mondi distinti anche se i materiali, evocativi e carichi di messaggi e di accostamenti rimangono importanti. Che esistono evocazioni che solo mani esperte di artisti ed artigiani veri possono creare e non necessariamente costosissimi e come disse Munari: “combinati, formati, assemblati con grande cultura. Un gioiello giusto emana il suo messaggio culturale, di sensibilità, di pensiero, di comunicatività immediata tra persone della stessa tribù”. Come non concordare?

Di Cristina T. Chiochia per DailyMood.it

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