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Men: Quegli uomini che hanno tutti lo stesso volto…

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Si chiama Men il nuovo film di Alex Garland, il regista di Ex Machina e Annihilation, e arriva nelle nostre sale il 25 agosto. Farà ancora caldissimo, e vi farà venire i brividi, per molti motivi. Si chiama Men a parla di uomini, in modo deciso, potente, e fortemente metaforico. Uomini che sembrano avere tutti lo stesso volto, che sembrano comportarsi tutti nello stesso modo, scostanti, urticanti, violenti. Al centro c’è una donna sola, Harper, che viene da un’esperienza molto dolorosa. Alex Garland racconta tutto questo con un’opera che parte come film drammatico, svolta nel thriller per finire nell’horror, e per lanciarci un messaggio ben preciso contro la mascolinità tossica, tema portante degli anni che stiamo vivendo,

Harper è una donna reduce da un grande trauma. Come abbiamo visto nel prologo del film, ha assistito al suicidio del marito, che si è gettato, o forse è caduto, dal piano di sopra rispetto all’ appartamento dove vivevano insieme. Harper vive la cosa con un grande dolore, e anche con un grande senso di colpa. Poco prima del tragico fatto gli aveva comunicato che intendeva divorziare. Nell’ultimo anno insieme, infatti, era stata vittima di violenze. Harper decide così, per guarire dalla depressione successiva a questo evento, di andare a vivere in una casa nella campagna inglese, a circa un’ora da Londra, lontana da tutto e tutti. Il posto sembra perfetto, incantevole e accogliente. Però inizia a fare degli strani incontri.

Il primo è quello, durante una passeggiata nella natura, di un uomo nudo e pieno di graffi. Lei cerca di ignorarlo, ma, poco dopo, se lo ritrova nel giardino di casa. Una volta chiamata la polizia, tutto sembra risolto. Il fatto è che, nel corso della sua permanenza in campagna, Harper incontra altri uomini. Il prete di una chiesa, il gestore del pub, l’agente di polizia che interviene per risolvere il caso dell’uomo che si era presentato fuori da casa sua. Ma anche un giovane studente, per non parlare del padrone di casa che le ha affittato la magione. Tutti, in qualche modo, sembrano comportarsi in maniera strana. Tutti, e questo è quello che ha dell’incredibile, sembrano avere lo sesso volto, e le stesse maniere urticanti e, ognuno a suo modo, vessatorie e violente.

L’arcano, a livello cinematografico, è chiaro: Alex Garland sceglie di far interpretare tutti i personaggi maschili allo stesso attore, Rory Kinnear, l’attore che forse conoscerete per essere stato la commovente e allo stesso tempo minacciosa creatura del Dr. Frankenstein nella serie Penny Dreadful. Rory Kinnear qui, in quella che è una vera e propria prova di bravura recitativa, riesce e portare lo stesso senso di inquietudine e minaccia, di ansia e di malattia. Ma perché tutti gli uomini hanno lo stesso volto? La scelta di Alex Garland è chiara. Vuole farci guardare la storia dal punto di vista in cui la guarda Harper, quella di una donna che è stata vittima di violenze e non lo ha ancora superato. E così vede in ogni uomo lo stesso uomo, vede in ognuno una minaccia, un pericolo, un nemico. Kinnear allora sta a rappresentare proprio questo, la sfiducia nel genere maschile.

Ma in Harper non c’è solo questo. C’è anche il senso di colpa per la morte del marito. E allora visioni, presenze, suoni, rumori, non sono altro che il materializzarsi di questi sensi di colpa. E così assistiamo a una sorta di naufragio della percezione, quello di Harper, che diventa in fondo il nostro: siamo incapaci di distinguere tra realtà e immaginazione, e viviamo l’incubo, la malattia, di una persona che è stata più volte ferita e che non riesce ancora a riprendersi. Tutto questo è personificato dalla magnifica Jessie Buckley, attrice eclettica e mai uguale a se stessa, dal volto pulito, semplice, espressivo, dal sorriso irresistibile, con le fossette ai lati della bocca. L’abbiamo vista in ogni genere di film, drammatico, commedia o thriller, e ora la vediamo in un film che è molte cose insieme. Dal dramma intimo si passa al thriller e infine all’horror, e l’inquietudine diventa paura. Alex Garland confezione tutto questo con colori nitidi e accesi: il rosso degli interni del cottage, il verde intenso della campagna, le luci e ombre di quel tunnel dal quale tutto ha inizio, e che campeggia nella locandina del film. E con un uso preponderante delle musiche, particolarissime. Che, in quella scena del tunnel, da diegetiche diventano extradiegetiche, per poi diventare uno dei temi del film. É una sorta di coro, una sorta di canto delle sirene, un insieme di voci che, a seconda delle situazioni, possono diventare liberatorie ma anche inquietanti. Men è un film che avvolge, poi inquieta, alla fine respinge. Ma quello di Alex Garland è un messaggio forte, deciso. Tutti gli uomini, i Men, dovrebbero essere in ascolto e capirlo.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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