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Io e Lulù: Channing Tatum e la storia d’amore per un cane

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…tranquilli, il cane non muore. È una rassicurazione per chi vuole andare a vedere Io e Lulù e – scottato da altri film – ha paura di soffrire. Non è uno spoiler, perché la cosa viene orgogliosamente sbandierata nel manifesto di lancio del film. Channing Tatum, che si è gettato anima e corpo in questo film (tratto da una storia vera, già raccontata War Dog: A Soldier’s Best Friend), e ha infatti espressamente chiesto di non far morire il personaggio di Lulù per dare un lieto fine a un film in cui ci sono gioie e dolori come nella vita. Io e Lulù, di Reid Carolin e Channing Tatum, che è anche il protagonista, arriva al cinema dal 12 maggio. Chaning Tatum lo ha fortemente voluto dopo la scomparsa della sua amata cagnolina. E ha realizzato un film molto particolare e meno scontato di quello che sembra.

I titoli di testa sono costruiti ad arte per farci conoscere la backstory di Lulù. La cagnolina è un pastore belga, fiero e forte, addestrata appositamente per missioni dell’esercito. Così sa attaccare, ma è leale e obbediente con il suo punto di riferimento, Riley Rodriguez. I titoli di testa, che scorrono su un album fotografico e di piccole note, che il militare ha tenuto durante una missione, ci raccontano che Lulù è stata ferita in un attacco, e da quel momento non è stata più la stessa. Quando inizia il film vero e proprio, veniamo a sapere che Rodriguez, il padrone di Lulù, è morto, schiantandosi con l’auto contro un albero. Un incidente, che però nasconde altre sofferenze. Così conosciamo Briggs (Channing Tatum) a sua volta un reduce di guerra che ha riportato dei danni cerebrali, e sta cercando di ottenere l’idoneità per rientrare in missione. Viene chiamato dall’esercitò, ma gli viene chiesto un favore. Dovrà prendere Lulù dallo stallo in cui si trova, e portarla al funerale di Rodriguez. Lulù è un cane imprevedibile. Sembra calma, ma poi ha dei momenti di aggressività in cui diventa pericolosa. Il problema è che, dopo il funerale, dovrà consegnarla ad una base militare ben precisa. Che vuol dire soppressione.

È un film molto particolare, Io e Lulù. Unisce il classico film con animali al road movie, la favola a quel filone di film postbellici che parlano di reduci, il film per famiglie (cosa che non è completamente) a quella che, in fondo, è una storia d’amore. Un po’ come se si fosse pensato di mescolare Io e Marley a Last Flag Flying di Richard Linklater, o qualsiasi film – metteteci quello che volete – che parli dello stress post traumatico causato dalle guerre. È un film che, come nella tradizione recente, mette al centro non un eroe, ma un protagonista imperfetto, pieno di difetti, lati oscuri, traumi. Solo che stavolta, e ci sembra una novità piuttosto degna di nota, almeno per questo genere di film, anche il cane è un personaggio problematico.

Io e Lulù è un film per famiglie, sì, ma fino a un certo punto. È un film che potete far vedere a dei ragazzi, non proprio ai bambini. Ha il coraggio, infatti, in un genere piuttosto codificato, di parlare di guerra, e degli effetti della guerra sulla vita delle persone. Con scena anche piuttosto forti, come quella della crisi di Briggs, nel momento in cui non riesce a prendere le sue medicine. Ha il pregio di avere una scrittura non banale, se riferita a questo genere di film. Pensate alla parte a casa di Gus, il coltivatore di marijuana (con citazione di una famosa scena di Pulp Fiction), o alla scena dell’arresto di Briggs, con il secondino che cambia idea almeno tre volte. O, ancora, l’ellissi narrativa per cui vediamo il protagonista arrivare a casa della sua ex compagna, per vederlo riapparire solo alla fine. Come se la storia fosse vista con gli occhi di Lulù, e stessimo assistendo, almeno in quel momento, alla vita di Briggs per come la percepisce Lulù.

Lulù si rivela un cane attore (e non un attore cane…) davvero bravo, per come riesce a esprimere rabbia e dolcezza anche nell’arco di una stessa sequenza. É un cane con sbalzi d’umore, e portare questa cosa sullo schermo non deve essere stato facile. Un plauso, allora, va anche agli addestratori. A portarci dentro il film è comunque Channing Tatum, coregista del film, ma, soprattutto, protagonista credibile. Attore molto particolare, Tatum abbina un fisico possente, da culturista, da duro, a un viso che sembra quello di un bambino. Ed è quindi quanto mai adatto a rappresentare quell’empatia che serve a farci entrare nel film. A chi ama i cani piacerà. Ma non solo a loro.

di Maurizio Maurizio per DailyMood.it

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