Cine Mood
Finale a sorpresa: Così è (se vi pare) il cinema… Con Antonio Banderas e Penélope Cruz
Published
2 anni agoon
“Quand’è che pensiamo che un film sia bello?” “Forse le cose più belle sono quelle che non si comprendono”. È una delle riflessioni che arrivano alla fine di Finale a sorpresa – Official Competition, il film di Gastón Duprat e Mariano Cohn con un cast d’eccezione: Penélope Cruz, Antonio Banderas e Oscar Martínez. Beffardo e lucido apologo sul cinema, sull’arte e i suoi vezzi, Finale a sorpresa – Official Competition arriva al cinema dal 21 aprile dopo essere stato presentato al Festival di Venezia. Ed è proprio a un festival che si chiude la storia, e sentiamo queste batture. Gioco metacinematografico per eccellenza, Finale a sorpresa entra a pieno diritto nella storia del cinema sul cinema, in quella galleria di film che vanno da Effetto notte di Truffaut a I protagonisti di Altman e Ave, Cesare! dei Fratelli Coen, per arrivare a C’era una volta a… Hollywood di Quentin Tarantino. In tanti film si è parlato di cinema per i suoi problemi produttivi, per gli ostacoli che capitano nel realizzare un progetto. Ma, poche volte o forse mai, si è parlato dei meccanismi che gli attori mettono in atto per farci piangere, per farci ridere, per creare delle emozioni.
Si chiama Finale a sorpresa, nell’edizione italiana, il film, e la cosa ha un suo senso, perché di finali a sorpresa ne ha almeno due, e ci vuole dire che, nel mondo del cinema, le sorprese non mancano mai. Ma fate attenzione al titolo internazionale, Official Competition. Perché fa riferimento a una dicitura precisa, quella che denota i film d’autore che vengono presentati “in concorso”, nella “selezione ufficiale”, nei festival internazionali. Ma la “competizione” di cui parla il film è quella che avviene tra i due attori. Che si dimostrano entrambi vanagloriosi, infantili, gelosi e invidiosi. Tra loro si scatena una vera gara, fatta di dispetti reciproci e di prove di recitazione. I due cominciano a recitare anche quando non sono in scena, con due obiettivi. Il primo è quello di mettere in difficoltà l’altro e prendersi gioco di lui. Il secondo, e più importante, è quello di dimostrare di essere il più bravo. Perché, alla fine, se la recita viene presa per realtà vuol dire che l’attore ci sa fare. Persona e personaggio, in questo film, si fondono e confondono continuamente, dando vita a uno spettacolo degno di Luigi Pirandello. Così è (se vi pare) il cinema.
In mezzo ai due galli nel pollaio di erge la regista, la deus ex machina Lola Cuevas, alias Penelope Cruz. Un’artista umorale, creativa, decisa. Che in parte subisce i due attori, certo, ma a sua volte li schernisce, li prende in giro. Ha capito che manca tensione e allora li fa recitare con un masso di cinque tonnellate sospeso sulle loro teste. O capisce che quello dei due attori è un problema di ego, e allora ha l’idea di prendere i loro premi, e anche i suoi (cose tipo il Golden Globe o la Palma d’Oro), e distruggerli in un tritatutto. È bello vedere una storia in cui una donna è pienamente padrona della situazione, lucida, consapevole, padrona del suo destino. Colta e ironica, Lola Cuevas è in grado di decidere, di avere il controllo della sua arte. E di tenere, in fondo, sotto controllo due uomini che sono come bambini, vanesi e capricciosi. Lola Cuevas è una Penelope Cruz eccezionale.
Finale a sorpresa è una commedia, una satira lucida, sottile e velenosa sul mondo del cinema, sulla fauna che lo anima, sui vezzi degli artisti o pseudo artisti. Si fa beffe non solo di certe dinamiche produttive, ma anche delle dinamiche del divismo, e di quel sistema dei premi che, vuole dirci il film, è lontano anni luce dall’arte vera (sentite che cosa dicono a proposito degli Oscar). Ma Finale a sorpresa è anche – e soprattutto – un film d’autore, ed è girato proprio come un film di questo tipo. C’è un’attenzione all’inquadratura, alle scenografie, al montaggio, che non è quella tipica della commedia, ma quella di opere più complesse. Da un lato questa scelta serve a proiettarci nel mondo che racconta, quella di un certo cinema “alto”, o che si crede e autodefinisce tale. Dall’altra è una scelta che ci sembra naturale, perché aggiunge a uno script già di per sé molto raffinato ulteriore classe.
In particolare ci piace il lavoro sulle scenografie. Gli artisti si muovono in ambienti enormi, freddi, spogli, e in quel rapporto tra l’uomo e l’ambiente che lo circonda sembra di leggere la piccolezza dell’individuo di fronte al mondo, anche se il suo ego lo fa sentire enorme. Ma in ogni scena c’è una sorpresa. Guardate la scena del provino del bacio, con decine di microfoni e il volume altissimo per coglierne non solo il movimento, ma anche il suono. Guardate la confessione di Félix, con lo schermo dietro a lui che ne amplifica le espressioni. E potremmo andare avanti all’infinito. Finale a sorpresa dipinge con immagini raffinatissime una serie di riflessioni sul cinema che, a film concluso, ci resteranno dentro. “Quando finisce un film? Quando appare la parola fine? Quando usciamo dal cinema e ne parliamo? Dopo un’ora o dopo un anno? Ogni volta che ci pensiamo? Ci sono film che finiscono con i titoli di coda. Ma ci sono film che non finiscono mai”. Finale a sorpresa è uno di questi.
di Maurizio Ermisino per DailyMood.it
Sii il primo a lasciare una recensione.
Il tuo browser non supporta il caricamento delle immagini. Scegline uno più moderno.