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Euphoria 2: Zendaya, l’amore, la dipendenza e la luce… su Sky e NOW

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“I Just Died In Your Arms Tonight”, “sono proprio morto tra le tue braccia stasera”, cantano i Cutting Crew sui titoli di coda del primo episodio dell’attesissima seconda stagione di Euphoria, la premiata serie HBO firmata Sam Levinson con Zendaya. I nuovi episodi sono attesi su Sky e NOW in contemporanea con l’America dal 10 gennaio, quando il primo episodio in lingua originale sottotitolato sarà disponibile a partire dalle 3.00 del mattino su Sky Atlantic, on demand su Sky e in streaming su NOW per poi essere riproposto lunedì sera dalle 23.15. Il 17 gennaio partirà invece la messa in onda della versione doppiata in italiano, ogni lunedì dalle 23.15 su Sky Atlantic (e in streaming su NOW).

Quella canzone parla di un orgasmo. Ma, se le prendete letteralmente, parla anche di morte. Euphoria è tutto questo: estasi e tormento, bellezza e dolore, desiderio e disgusto. I due episodi speciali arrivati lo scorso anno, che facevano da ponte tra la stagione 1 e la stagione 2, quelli dedicati a Rue e a Jules, più intimi e introspettivi, ci avevano fatto un po’ scordare che cos’è davvero Euphoria: un racconto della giovane età, della “rabbia giovane”; pieno di sentimenti e passione, ma anche di disagio e violenza. La stagione 2, in questo senso, vuole ribadire in maniera forte il suo posizionamento agli estremi, e inizia sbattendoci in faccia tutto questo: nudi, spari, pestaggi, ma anche tanta attrazione, amore, bisogno di trovare intimità, la propria identità, il proprio posto nel mondo.

Torniamo così a East Highland, California, dove la diciassettenne Rue (Zendaya) lotta per trovare la forza di resistere alle pressioni derivate dall’amore, dalla perdita e dalla dipendenza. L’abbiamo vista ricadere nei vortici della droga, e tornare a frequentare spacciatori e finire in giri pericolosi. Ma è anche il momento di ritrovare Jules (Hunter Schafer) e di dichiararle il suo amore, in una festa di Capodanno in cui i destini di tanti personaggi si incontrano e si scontrano. Cassie (Sydney Sweeney) e Nate (Jacob Elordi) sembrano improvvisamente avvicinarsi, così come due personaggi agli antipodi, Lexi (Maude Apatow) e Fezco (Angus Cloud), lo spacciatore di cui nel primo episodio abbiamo visto la backstory, che sembra uscita da un film di Quentin Tarantino. Nella seconda stagione di Euphoria anche i personaggi che sembravano stare sullo sfondo arrivano in primo piano, anche quelli bidimensionali diventano tridimensionali, a tutto tondo, e il ritratto di una generazione diventa sempre più corale e sfaccettato.

C’è qualcosa, in Euphoria, che è diverso da tutto il resto che abbiamo visto finora. È quello che Sam Levinson, il creatore della serie, chiede ai suoi personaggi e quindi ai suoi attori. È qualcosa che rende il set di Euphoria un’esperienza estrema, totalizzante, appassionante e sfiancante. Levinson chiede ai suoi personaggi e ai suoi attori di mettersi a nudo, letteralmente, nel corpo, ma anche nell’anima. Le situazioni estreme, le interpretazioni viscerali ci trascinano dentro, dentro fino al collo nei drammi e nei disagi di questi ragazzi. Che ci seducono con il loro corpi e il loro volti, e poi ci chiedono aiuto. Ci chiedono di essere ascoltati, compresi. Perché per loro è difficile trovare il loro posto nel mondo – o anche solo un posto nel cuore di qualcuno – perché le loro famiglie non hanno dato loro nemmeno un briciolo dei mezzi per farlo. Sono dei ragazzi bellissimi, dai corpi scintillanti. Eppure sono dei cuccioli abbandonati a se stessi. Vorresti davvero che fossero felici, ti sembra che gli manchi così poco per esserlo. Eppure non ce la fanno.

Sono corpi e volti scintillanti non solo per la loro bellezza, ma anche per come sono ammantati dalla luce di Levinson. Giustamente Euphoria è stato definito un ritratto a luci al neon della Generazione Z americana, dove tutto è glam, caramellato, pop, fluorescente. Ma c’è dell’altro. In questa seconda stagione la luce ha un compito sempre più importante, narrativo ed evocativo. Pensiamo a come, alla fine dell’episodio 1, isola la figura di Rue – grazie al fuoco intorno al quale si trova con alcuni amici – mentre la vediamo dal punto di vista di Jules. E a come, arrivando dal fondo dell’inquadratura, enfatizza con un controluce il bacio tra le due. O come, nell’episodio 2, sempre le luci dorate e gli effetti di controluce creano un mondo da sogno per l’ideale love story tra Nate e Cassie. È un uso delle luci irreale, un immaginario da spot pubblicitario, quello che, negli anni Ottanta, grazie a registi come Ridley Scott, è diventato un canone del cinema, e che, in una serie come Euphoria, ci sta benissimo.

Tutto questo fa sì che Euphoria sia la serie tv che ha cambiato per sempre il teen drama, ne ha riscritto i canoni e le regole. Il teen drama, dopo la serie di Sam Levinson, non sarà più lo stesso, perché l’asticella si è alzata incredibilmente, fino a un livello che ci pare irraggiungibile. Guardare Euphoria è una sfida, e un atto di fede. Si tratta di credere che il mondo degli adolescenti sia così duro, perché noi certo non ce lo ricordavamo così. Ma quella che stiamo vivendo è la storia di questi ragazzi, e non possiamo più staccarci da loro. Non possiamo certo lasciarli da soli.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

 

 

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