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Spider-Man: No Way Home: Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. E grandi film

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Da grandi poteri derivano grandi responsabilità. Queste parole le sentiamo forti e chiare a un certo punto di Spider-Man: No Way Home, il nuovo film dell’Uomo Ragno con Tom Holland e Zendaya, al cinema dal 15 dicembre. è un motto che va letto a più livelli: Peter Parker si troverà a usare i suoi poteri per affrontare sfide sempre più difficili, come eroe e come uomo. E la produzione della Marvel e la regia di Jon Watts si trovano ad affrontare con questo film un’aspettativa altissima. Si tratta di lanciare la tela al di là del vuoto e di lanciarsi in volo, anche in modo incosciente, e di raggiungere l’altro lato. Spider-Man: No Way Home ce la fa. È un film spassoso, commovente, spettacolare, denso come non mai di eventi, personaggi, storyline che miracolosamente trovano una loro coesione, una loro unità e un loro senso. Spider-Man: No Way Home è probabilmente il punto più alto raggiunto dal Marvel Cinematic Universe, da quando esiste, e, al netto dei supereroi d’autore di Tim Burton e Christopher Nolan, uno dei migliori cinecomic. È un film da non perdere, il film che può, finalmente, riportare tutti nelle sale.

Il nuovo film inizia dove finiva il precedente, con Mysterio che svela al mondo che Spider-Man è Peter Parker. Peter (Tom Holland) e MJ (Zendaya) hanno capito che la loro vita è cambiata. Lui è definito, con i modi tranchant che oggi sono propri della società dei social media, il nemico pubblico numero 1, si sente chiedere dalla gente se ha ucciso Mysterio, ed è tormentato dalla gente che crede a quest’ultimo, che arriva anche a gettargli i mattoni in casa attraverso le finestre. Ma il peggio deve ancora arrivare. Peter chiama in causa Dr. Strange (Benedict Cumberbatch) per un incantesimo che faccia sì che tutti quelli che sanno che Peter è Spider-Man se lo dimentichino. Tranne che già lo sapeva prima della rivelazione di Mysterio. E questo attira nemici di Spider-Man dagli altri universi.

Peter è braccato giorno e note da mass media, polizia e cittadini. È come il Batman de Il cavaliere oscuro, che per combattere il nemico finisce per somigliargli ed essere ritenuto un pericolo. Ad ogni mossa, Peter si vede ripreso da chiunque sia lì attorno con un cellulare. È una curiosa nemesi. Nelle classiche storie dell’Uomo Ragno – non in questo nuovo ciclo con Tom Holland – Peter Parker è un reporter, e il suo lavoro è fotografare, “rubare” immagini. Qui la sua immagine viene costantemente rubata da chiunque sia intorno a lui.

Tutto questo viene raccontato con un ritmo altissimo, un montaggio mozzafiato. A guardare Spider-Man: Out Of Home diventiamo tutti come la MJ di Zendaya, trasportata in volo dall’Uomo Ragno tra discese ardite e le risalite, come diceva la canzone. Il nuovo film dell’Uomo Ragno vive spesso su momenti da commedia teen – il momento in cu i due innamorati si videochiamano di notte è meraviglioso – che sono quasi un film nel film. In questo senso Zendaya, cresciuta esponenzialmente da quando è iniziata la nuova saga di Spider-Man, anche attraverso serie come Euphoria, è un vero valore aggiunto. E la chimica tra lei Tom Holland e Zendaya, compagni anche nella vita, è altissima.

Ma il nuovo Spider-Man è anche un film che passa, con estrema naturalezza, verso toni più cupi e dolorosi. In fondo è una sorta di Ghost Story, quella del ritorno di personaggi che credevamo morti, appartenenti ad altri universi, e che invece sono ancora tra noi. È un film in cui si può viaggiare da un universo all’altro, in cui ci sono incantesimi in grado di cambiare la memoria delle persone, in cui si violano le leggi della logica e della fisica. Guardate la dimensione specchio, che viene dal mondo di Dr. Strange e che sembra portare al cinema le visioni di mondi che si riavvolgono su se stessi, come nei quadri di M. C. Escher. C’è la spirale di Archimede, la matematica, la geometria, è il caleidoscopio che diventa cinema.

Spider-Man: No Way Home è qualcosa che da tempo non vedevamo al cinema. È quel potere che aveva il cinema di far sognare, di far vedere cose che vanno al di là della nostra immaginazione, oggi un po’ frenata dal fatto di aver visto tutto. Invece qualcosa che ancora non abbiamo visto c’è: eccola qui. È un film immaginifico e spettacolare, ma anche rivoluzionario per come racconta il rapporto tra buoni e cattivi. “Avresti potuto lasciarci morire. Perché non l’hai fatto” dice uno dei villain del film. “Perché lui è diverso” risponde Zendaya a proposito di Spider-Man. È possibile “riparare” le persone invece di combatterle? La fiducia negli altri viene ripagata? La seconda possibilità promessa dal Sogno Americano è possibile? O dobbiamo essere tutti noi a fare il primo passo, a concederla a chi abbiamo di fronte?

Spider-Man: No Way Home prende da Spider-Man: Un nuovo universo l’idea del multiverso, ma se lì l’animazione dava al film la possibilità di spaziare in personaggi potenzialmente infiniti, questo film live action coglie l’occasione di essere un All Star Game, un’enciclopedia che riunisce in sé vent’anni di storia di Spider-Man, diverse visioni che, miracolosamente, qui diventano una, in un finale alla Statua della Libertà come in Sabotatori di Hitchcock. Un finale che ci spiega come in noi ci possano essere diverse anime che lottano per prendere il sopravvento, e sta a noi lasciare il controllo alla nostra parte migliore. E ci spiega quanto sia importante lasciare una traccia, un ricordo delle proprie azioni. Una memoria. Ma questo è un altro film. Il prossimo, che non vediamo l’ora di vedere.

di Maurizio Ermisino per DailyMood.it

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